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The Marine Strategy Framework Directive (MSFD), introduced in June 2008, was adopted to achieve a Good Environmental Status (GES) in the EU's marine waters and to protect resources of socio-economic interest. The MSFD exerts to the marine area over which a Member State exercises jurisdictional rights in accordance with the United Nations Convention on the Law of the Sea (UNCLOS), including the deep-sea waters, seafloor and sub-seafloor of the Exclusive Economic Zones (EEZ). However, currently the MSFD focuses on coastal habitats and the shallow-water seafloor to the detriment of the deeper habitats. Despite the huge dimension of the deep sea (below 200 m of depth) covering more than 65% of the Earth's surface and including >95% of the global biosphere, the relevance of the dark portion of the seas and oceans is still almost completely neglected. Given the important bi-directional links between shallow and deep ecosystems, there is a clear need for extending the implementation of the MSFD into the deep sea, to define a sound ecosystem-based approach for the management and protection of deep-sea ecosystems and attain GES. We assembled data on drivers, anthropogenic pressures and impacts concerning the MSFD descriptors pertaining to the Mediterranean deep sea. We list deep-sea monitoring activities and the main sources providing benchmark conditions, and discuss knowledge and geographic coverage gaps. MSFD descriptors apply to the deep sea as to coastal waters, and ought to be monitored contemporaneously. We provide recommendations for guidelines for future deep-sea monitoring in the Mediterranean Sea., This study has been supported by the DG ENV project IDEM (Implementation of the MSFD to the Deep Mediterranean Sea; contract EU No 11.0661/2017/750680/SUB/EN V.C2). MC and AS-V from University of Barcelona acknowledge support from the Spanish government through Red BAMAR (ref.: CGL2016-81854-REDT), a network on marine litter, and RTD projects NUREIEV (ref. CTM2013-44598-R) and NUREIEVA (ref. CTM2016-75953-C2-1-R) on far-field and near-field impacts of the Portman Bay, SE Spain, coastal submarine mine tailings disposal site. Generalitat de Catalunya autonomous government funding to CRG Marine Geosciences (ref. 2017 SGR 315) within its support scheme to excellence research groups is equally acknowledged.

Cosa chiede la biblioteca all’architettura? La risposta non è immediata come quella delle aspirazioni del mattone di Louis Kahn, che rimandano ad un codice costruttivo ed espressivo consolidatosi nella storia e nell’uso, ormai distante dalle pratiche tecnologiche dell’architettura moderna. Quando parliamo di biblioteche, affrontiamo indirettamente la questione del rapporto tra le abitudini comportamentali dell’uomo all’interno dello spazio pubblico: esaminiamo in sostanza il rapporto tra l’uomo e la città. L’evoluzione dei luoghi collettivi è il filo conduttore attraverso il quale è possibile descrivere la storia degli insediamenti urbani. Da luoghi principalmente di massa, essi tendono oggi a essere sempre più legati a delle fasce d’età, a degli interessi ben precisi, al livello di reddito e soprattutto al commercio, tanto da portare Rem Koolhaas a dichiarare che «lo shopping è con tutta probabilità l’ultima forma restante di attività pubblica». Segni, questi, di una frammentazione urbana che si sviluppa parallelamente e in maniera non disgiunta, dal dilagare dell’individualismo e della settorializzazione della nostra vita quotidiana: vi è l’ambito del lavoro, dello studio, della vita familiare, ognuno con proprie regole comportamentali, ritmi, abitudini ed esigenze spaziali. Il vivere contemporaneo ci impone di interrogarci su quanti luoghi della città possano oggi realmente essere considerati intergenerazionali e multiuso e quanti, invece, non favoriscano piuttosto il dilagare delle sensazioni di disagio nei confronti della vita nelle nostre metropoli. Disagio che investe il nostro rapporto con le nuove forme dell’abitare la città contemporanea divenendo, di fatto, un palese spaesamento urbano e sociale; l’uomo moderno perde ogni capacità di orientamento e non riconosce più il valore identitario dei luoghi collettivi urbani. Costretto all’isolamento e ai rapporti cibernetici, egli assiste inerme (almeno in Italia) alla sparizione progressiva dei luoghi pubblici capaci di ridurre i conflitti sociali. Esistono, tuttavia, degli spazi pubblici i cui gradi di libertà consentono ancora di poter assolvere questa funzione unificante. È il caso delle biblioteche che, nella loro concezione contemporanea, consentono di ridurre i conflitti tra le diverse categorie di pubblico grazie ad un’offerta molteplice capace di raggruppare età e interessi diversi.