International audience; Registrati con la dicitura «un libro da misura di B a Alberti» vergata di proprio pugno da Leonardo a c. 3r del cod. 8936 della Biblioteca Nacional de España di Madrid (1503-05), gli Ex ludis sono altresí da lui piú volte direttamente citati, in particolare, a cc. 31v, 32r e 66r del cod. Arundel 263 della londinese British Library (1480-1518 ca.), a c. 82r del cod. F del parigino Institut de France (1508), a c. 54v del cod. G del medesimo Institut de France (1510-15 ca.), e a c. 675r del cosiddetto codex Atlanticus della Venerabile Biblioteca Ambrosiana milanese (1478-1518 ca.). Non compaiono invece, come sembra, riferimenti né citazioni a essi nel cod. B dell'Institut de France (1486-88 ca.), il piú antico ms. vinciano conosciuto, né in altri codd. di Leonardo. Dall'Alberti composti su esplicita e forse reiterata istanza del dedicatario, in palese ritardo ma verosimilmente senza interruzione alcuna e sotto la pressione degli avvenimenti nel settembre del 1450, gli Ex ludis rerum mathematicarum, giusta il titolo latino loro assegnato dalla quasi totalità dei mss. superstiti, furono indirizzati «ad illustrissimum principem dominum Meliadusium marchionem Estensem», a un Meliaduso d'Este insignito insomma d'un titolo, quello di marchese, ch'egli mai ricevette, ma di cui, secondo un'ipotesi che dovette aver corso nei giorni seguenti il mortale incidente occorso al di lui fratello Leonello ai primi di quel mese, avrebbe dovuto secondo ogni probabilità esser insignito in quegli stessi giorni. Quell'adresse dovette peraltro essere in concreto all'origine della distensione, se non anche della vera e propria rottura, dei legami, notoriamente in precedenza assai stretti, del grande umanista con gli Este (Saletti 2008). Si tratta di una silloge di venti problemi di Geometria practica o, come per analogia potrebbero definirsi talune questioni di meccanica, d'astronomia e d'idraulica in essa affrontate (Souffrin 1998, Souffrin 2002), di Physica practica relativi all'architettura, al genio civile e militare, alla topografia, alla navigazione, etc. Vi vengono infatti impostate e risolte una serie di questioni relative, nell'ordine, alla misura dell'altezza d'edifici o della larghezza d'un fiume (probl. I-VII) o della profondità dell'acqua (probl. VIII); alla misura del tempo e al funzionamento della fontana d'Erone (probl. IX) o alla determinazione dell'ora (probl. X-XI); alla misura di campi di varia forma (probl. XII) nonché all'«equilibra», alla determinazione del peso di carichi ridotti e alla livellazione delle acque per suo tramite (probl. XIII; all'ultima di tali questioni anche Leonardo si interessò assai attivamente: e.g., si vedano i codd. B, c. 65v, e Atlantico, c. 953r); al peso altresí di carichi rilevanti (probl. XIV) e alla regolazione anche del puntamento d'una bombarda per il tramite dell'«equilibra» citata (probl. XV); al rilievo topografico d'una città e al disegno della mappa d'una regione (probl. XVI); alla misura d'«ogni gran distanza» (probl. XVII-XVIII); alla determinazione della rotta marina e della velocità di un veliero (probl. XIX); alla soluzione, infine, della questione della corona di Gerone Siracusano rinvenuta da Archimede e alle sue applicazioni, in particolare, nei cantieri architettonici (probl. XX). L'estrema economia e la quotidianità (o semplicità) stessa degli strumenti impiegati negli Ex ludis (un dardo o 'freccia', una cera, un filo con «perla» segnaposto, uno specchio o una «scodella piena d'acqua», una «cannuccia», uno «stecco» o due, una fune o corda, una «galla di quercia» e dei «piombini» o una «stateretta», i.e. una 'bilancetta', o ancora «tre ciriege» e «una rosa o quello vi piace») a descrivere «molto aperte» dei procedimenti di per sé assai «sottili», ancorché «molto dilettevoli», per risolvere dei problemi essi stessi quotidiani e concreti d'ogni tipo, testimoniano con chiarezza di quella progressiva «matematicizzazione della conoscenza», e segnatamente della «conoscenza della natura» (Souffrin 2002), che innegabilmente si afferma nell'umanesimo del Quattro e poi del Cinquecento, venendo imperiosamente alla ribalta proprio negli anni che vanno dall'Alberti a Leonardo. In tal senso è chiaro che l'interesse precipuo degli Ex ludis consiste nella dimostrazione dall'Alberti fattavi della possibilità teorica di misurare con pochi ed elementari strumenti una serie di grandezze oggettivamente sfuggenti, e che il carattere ludico degli esercizî proposti nasce in primis dalla sproporzione tra la semplicità materiale dei mezzi impiegati e l'indiscutibile e concreto valore o la palese utilità del sapere reso in tal modo accessibile. Ragion per cui, assicura l'Alberti, non soltanto il dedicatario Meliaduso, ma i lettori tutti dell'opuscolo «prenderanno diletto sí in considerare» le «cose iocundissime» ivi comprese ed esposte, «sí ancora in praticarle e adoperarle». Non v'è pertanto da sorprendersi se lo stesso giovane Galileo, che nei primi suoi esperimenti sulla caduta dei gravi ne usò il procedimento di misura del tempo (Settle 1971, Souffrin 2002), sia stato direttamente influenzato dagli albertiani Ex ludis, uno dei cui codd., il fiorentino Galil. 10, appartenne del resto a Ostilio Ricci (1540-1603), che intorno al 1584 gli insegnò la matematica a Pisa, laddove un altro dei codd. fiorentini pervenuti, il Ricc. 2110, appartenne a don Giovanni de' Medici (1567-1621), discepolo di questi e conoscente del Galilei.