Davide Palumbo, Marta Maria Ciucani, Marco Galaverni, Patrizia Serventi, Gloria Ravegnini, Sabrina Angelini, Romolo Caniglia, Giorgio Gruppioni, Elisabetta Cilli, Gabriele Nenzioni e Fiamma Lenzi, and Davide Palumbo, Marta Maria Ciucani, Marco Galaverni, Patrizia Serventi, Gloria Ravegnini, Sabrina Angelini, Romolo Caniglia, Giorgio Gruppioni, Elisabetta Cilli
L’origine e l’unicità genetica del lupo italiano (Canis lupus italicus) sono state oggetto di diversi studi. Recenti pubbli- cazioni descrivono la distribuzione spazio-temporale di due ecomor , uno dei quali (HG2), associato alla megafauna pleistocenica, era dominante in Eurasia e in America durante l’ultimo massimo glaciale (LGM). In seguito al successivo cambiamento climatico un “nuovo” ecomorfo (HG1) ha sostituito i lupi preesistenti in Nord America, ed è divenuto progressivamente dominante in Eurasia. La popolazione italiana attuale è l’unica sopravvissuta interamente riferibile all’ecomorfo antico, ma le dinamiche che hanno portato a questa situazione non sono ben de nite. I reperti di ex Cava a Filo (16 campioni, datati da circa 25000 a circa 17400 anni fa) sono stati analizzati allo scopo di confrontare una regione del DNA mitocondriale con sequenze antiche e moderne di lupi e cani. Dai risultati emergono analogie con lupi antichi dell’Europa settentrionale e della Beringia, lupi moderni e anche cani primitivi e recenti. Alcuni campioni mostrano una notevole similitudine con i lupi italiani contemporanei. I lupi preistorici di ex Cava a Filo, associati a bisonti e megaceri, appartenevano solo alla popolazione riferita a HG2, caratterizzata da una maggiore variabilità e in continuità con la situazione attuale. Presumibilmente l’ondata migratoria dei lupi con HG1 non ha raggiunto l’Italia in numeri signi cativi, facendo della penisola italiana l’ultimo rifugio di un’antica popolazione di lupo un tempo di usa nell’intero emisfero nord.