C'è lavoro sul web? Si possono distinguere gli utenti della rete dai “lavoratori” ? Quali modalità innovative assume la prestazione digitale? Sono identificabili profili professionali e mestieri tipici del web? L’estrema accessibilità e impersonalità del web è in grado di creare autentiche relazioni di lavoro e di sostenere processi produttivi ? Si possono applicare regole e tutele del lavoro rispetto a pratiche ed esperienze che sfruttano intenzionalmente le caratteristiche di extraterritorialità, autarchia e policentrismo della rete? Sono questi alcuni dei quesiti sollevati dall'A., nel constatare come la rete, anziché limitarsi a fornire il tramite e il supporto alla circolazione delle informazioni a vantaggio dei tradizionali attori del mercato del lavoro (imprese, lavoratori, agenzie private, servizi pubblici per l’impiego), abbia preferibilmente sviluppato in modo autonomo le proprie potenzialità. Per un verso, il web s’è fatto esso stesso intermediario professionale, sfruttando le sorprendenti capacità dei dispositivi informatici e dei motori di ricerca che propongono su scala globale servizi per il lavoro 2.0; per altro verso, ha favorito la dis-intermediazione nei confronti degli operatori istituzionali (pubblici e privati) attraverso la diffusione di circuiti informali e siti di social recruiting, ma anche di reti civiche finalizzate ad intercettare occasioni lavorative interstiziali. Inoltre, la rete tende sempre più spesso a scambiare o combinare simultaneamente il ruolo dell’intermediario nel mercato del lavoro e quello del datore di lavoro, rendendo disponibile – almeno in potenza – uno spazio virtuale, ma globale, di esternalizzazione produttiva. L'A. riflette, in particolare, sulla qualificazione giuridica del lavoro digitale mediante crowdsourcing e sulla possibilità di applicare a tale processo gli istituti dell'appalto o della somministrazione di lavoro. Nonostante il lavoro sul web sia difficile da riconoscere, da misurare e da disciplinare in termini giuridici, è stato osservato da molti che l'utilizzo dei dispositivi tecnologici e dei servizi digitali sembra segnare la rinascita del “mestiere” - nel suo originario e antico significato di pratica di un’arte ed espressione di talento - in netta contrapposizione rispetto all’esercizio delle “professioni” che si sono affermate nell’alto Novecento attraverso un apparato organizzativo pubblico di tipo ordinistico e burocratico. La rete costituisce lo strumento e il supporto del “mestiere” professato dal lavoratore digitale, ma è al contempo l’oggetto e l’obiettivo del mestiere stesso. Mezzo e fine tendono spesso a coincidere., Labour & Law Issues, Vol 1, No 1 (2015)