La crisi dell’economia e della società in atto è interpretata come una crisi sistemica che esige, per essere risolta, un profondo processo di innovazione sociale. Un sentiero di innovazione possibile passa per l’economia dei beni comuni e per la costruzione di una razionalità basata su valori collettivi. L’agricoltura civica raccoglie questa sfida, facendosi carico, oltre che della produzione di alimenti, dei problemi della collettività e dell’ambiente, producendo esternalità positive: sviluppo economico e sociale, inclusione e democrazia alimentare, sviluppo rurale, pratiche agro-ecologiche. Per questo diciamo che l’agricoltura locale e le filiere corte sono solo una faccia dell’agricoltura civica. Inteso come “bene comune”, il cibo è capace di esprimere non solo utilità economiche, ma anche utilità funzionali ad una migliore qualità della vita e alla realizzazione di diritti fondamentali. Le nuove pratiche delle imprese agricole basate sulla multifunzionalità e sulla co-produzione (agricoltura sociale, mercati degli agricoltori, agricoltura locale) si incontrano con le nuove pratiche di consumo critico (Gruppi di acquisto solidale) e possono potenzialmente costruire reti civiche di innovazione sociale portatrici di una nuova domanda di governance, basata sulla sussidiarietà orizzontale e il coinvolgimento della società civile. Il working paper analizza le nuove pratiche diffuse in Italia attorno alla produzione e al consumo di cibo e, tramite il concetto di agricoltura civica, cerca di ricondurre a unità le esperienze emergenti, interpretandole come una possibile risposta alla crisi in atto e la prefigurazione di un cambiamento diretto alla produzione e valorizzazione di beni collettivi.