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Il dialogo interreligioso, secondo l’A., pone anzitutto la questione ermeneutica di comprendere il discorso e le convinzio ni dell’altro. Non tanto e subito le idee, dunque, chiedono di essere comprese, quanto «che cosa queste affermazioni dogmatiche significano per il sé credente » (103), nella sua esperienza esistenziale. A tal scopo è necessario tematizzare il significato che viene attribuito alle idee di verità e di religione. Ciò richiede di porre attenzione al rapporto tra la verità e il soggetto che la conosce, tenendo per vero un determinato contenuto. Analogamente, per il concetto di religione è decisivo il suo legame con il senso della vita di una persona, certo chiarendo, in ciascuna religione, la relazione tra Dio e l’uomo e che cosa si intenda con il termine Dio. Tale prospettiva sposta l’accento dell’inizio del dialogo dalle diverse comprensioni di Dio all’autocomprensione del credente, a partire dalla sua religione. [ABSTRACT FROM AUTHOR]

Prendendo atto di alcune importanti novità implicite nella Fides et ratio e sottolineando la rinascita che essa testimoniava circa il ruolo pubblico della fede, l’A. sostiene che il clima, dopo vent’anni, è radicalmente mutato e afferma che la questione di fondo oggi non è quella della compatibilità della fede con la ragione, ma piuttosto quella dell’umanità della fede stessa. La strada da percorrere, egli dice, è indicata da Duns Scoto, quando afferma che «l’uomo è in forza già della sua natura capace di credere in Dio» (41), una condizione che la fede, come virtù teologale infusa, perfeziona e sostiene. Questo modello, secondo l’A., permette di pensare un «discorso filosofico sulla fede» (45) che non si limiti a paragonarla ai molti atti di credenza da noi compiuti, ma metta in luce che l’atto di fede, in un riconoscimento a posteriori, è indissociabile dalla verità a cui si crede, a sua volta inseparabile da chi la testimonia. [ABSTRACT FROM AUTHOR]

Ma.C. Lasciandosi sollecitare dall’attenzione crescente per il pensiero di F. Rosenzweig, ritenendolo estremamente istruttivo anche per il pensiero teologico, l’A. mette in rilievo alcune ragioni di tale interesse. Anzitutto, opponendosi all’idea hegeliana di una conoscenza assoluta, Rosenzweig ha mostrato come la filosofia abbia una valenza narrativa e un legame fondamentale all’esperienza della vita. Così appare chiara la connessione radicale tra il linguaggio, il pensiero e il mondo. Reciprocamente, e proprio per la relazione del linguaggio all’accadere dell’evento, si apre lo spazio per il linguaggio teologico. Risvegliato nell’ascolto del Deus loquens, tale linguaggio, conclude l’A., ha una portata desacralizzante che permette di ripensare la secolarizzazione come un pensiero che non solo non si oppone, ma scaturisce dall’evento della Rivelazione. [ABSTRACT FROM AUTHOR]

Partendo dal documento Al servizio della comunione (16/10/2018), elaborato dal Gruppo di lavoro ortodosso-cattolico s. Ireneo, l’A. mette in rilievo la grande urgenza, e la corrispondente attualità, sia per la Chiesa cattolica sia per quella ortodossa, di affrontare la questione della conciliarità/sinodalità, considerandola nel suo rapporto al primato e all’interno di una approfondita riflessione sulla comunione ecclesiale. Su questo aspetto, secondo l’A., il dialogo ha ricevuto molti benefici dal rinnovamento dei metodi teologici, in particolare dalla cosiddetta «svolta ermeneutica della teologia» (421). In tale orizzonte l’A. mette in luce alcuni guadagni fondamentali che scaturiscono dal documento in questione: essi riguardano l’interpretazione dei dogmi e delle dottrine, insieme a quella dei canoni e della storia della Chiesa, e una nuova interpretazione della «separazione» tra la Chiesa cattolica e la Chiesa ortodossa. [ABSTRACT FROM AUTHOR]

L’approfondimento della positiva attitudine della Chiesa ortodossa nei confronti dell’ecumenismo può essere meglio condotto a partire dal modo in cui essa comprende la teologia e le relazioni tra i cristiani. Notando che, nonostante le aperture, non mancano però i problemi e le resistenze, l’A. sottolinea come sia proprio per questo che si dovrebbe auspicare un cambiamento di modello di partecipazione della Chiesa ortodossa al movimento ecumenico, che vada in una direzione meno accademica, più popolare e realmente ecclesiale. Su questo sfondo, l’articolo enuncia per essa alcuni «compiti a casa» necessari per l’avvenire dell’ecumenismo: l’approfondimento della questione della conciliarità/sinodalità, l’ecclesiologia eucaristica, il rapporto tra Chiesa e Stato, una più aperta conoscenza delle altre tradizioni cristiane. [ABSTRACT FROM AUTHOR]

Affrontando il concetto, non scontato, di teologia polifonica dei Padri della Chiesa, nella sua differenza specifica rispetto a quello di «pluralismo strutturato», l’A. si ricollega alla questione introdotta dalla filosofia platonica circa il nesso tra unità e diversità. Su tale base, propone una ripresa storica del concetto di polifonia, affermando che nella musica esso si distingue dalla monotonia o omofonia e ricordando che esso è stato collegato nella critica letteraria e nell’esegesi biblica al paradigma dell’intertestualità. L’A. mette poi in evidenza le prospettive interessanti che nella storia (liturgica, etica e teologica) del cristianesimo antico si aprono con il concetto di teologia polifonica, in quanto esso permette di coniugare individualità ed armonia del tutto. Lo studio si conclude accennando anche ad alcuni aspetti critici che scaturiscono dall’idea di teologia polifonica riferito ai Padri della Chiesa. [ABSTRACT FROM AUTHOR]

Affrontando con lo sguardo del sociologo il fenomeno ecumenico, l’A. concentra l’attenzione su una «tattica», per la quale individui o gruppi si impadroniscono di una parte delle rappresentazioni legate a una tradizione religiosa, ponendosi però al di fuori dei suoi circuiti istituzionali, allo scopo di imporre una «certa definizione di identità confessionale» (277), connessa all’ambito religioso e al suo rapporto con lo spazio pubblico. Dopo una ripresa del pensiero di de Certeau sul credere come «pratica della differenza », allo scopo di approfondire il nesso tra credenza, verità e organizzazione dei credenti, l’A. concentra l’analisi sull’«ecumenismo di trincea» (284) del gruppo «carismatico» AIMG, portatore di un annuncio evangelico che «salti» le istituzioni ecclesiali, e dei gruppi teoconservatori negli USA, legati alla rivista Firts Things, difensori dei «valori tradizionali » contro le correnti progressiste e liberali [ABSTRACT FROM AUTHOR]

Rileggendo i capp. 1-11 di Genesi, l’A. assume – modestamente – il punto di vista dell’esegeta, sottomettendo la sua interpretazione alla valutazione del teologo. In realtà, egli sa bene di proporre una rappresentazione di Dio e dell’uomo che è «necessariamente anche il prodotto di un’interpretazione» (399). La tesi di fondo è che Gen 1-11 introduce un personaggio principale, divino, ponendolo in relazione con l’altro personaggio principale, gli esseri umani, variamente rappresentati. Si realizza in tal modo una vera e propria «teologia in racconto». Le composite strategie narrative del testo tendono a risvegliare l’attenzione, la riflessione e il giudizio del lettore, mediante i dispositivi dei giochi sulla temporalità e le interazioni tra personaggi. Il lettore risulta così implicato in un sapere che lo invita a entrare in empatia con il personaggio divino e a porsi in una distanza critica rispetto agli esseri umani del racconto. [ABSTRACT FROM AUTHOR]

Dopo una breve contestualizzazione relativa al tema della conoscenza scientifica nella Fides et ratio e la posizione della questione, tipicamente moderna, del rapporto tra fede e «rivoluzione scientifica», l’A. conduce un’analisi del progressivo affermarsi storico della scienza, intesa nel senso della modernità, prendendo in considerazione le posizioni di Bacone, Boyle, Cartesio e Mersenne, tutti sostenitori del connubio tra scienza e fede, e proseguendo fino ad un breve cenno riferito alla idea di Galileo, pur senza addentrarsi nell’analisi della complessa questione, sotto il profilo storico e teorico. Sullo sfondo di tale ricostruzione storico-critica, l’A. propone di interpretare il nesso tra scienza e fede sulla base di una distinzione dei campi, affermando che questo non compromette affatto, bensì alimenta un rapporto armonico tra le due e «una nuova considerazione unitaria» (96) del loro rapporto. [ABSTRACT FROM AUTHOR]

Nel contesto di un Convegno tenuto a Roma, presso la Pontificia Università Lateranense, nel ventesimo anniversario della promulgazione della Fides et ratio, proponendo in primo luogo una riflessione sul ruolo (imprescindibile) del pensiero di Tommaso rispetto all’enciclica, l’A. afferma che questo deve essere ricondotto alla fondamentale affermazione del duplex ordo cognitionis e dunque all’armonia tra ragione e fede. Solo così è possibile evitare, dice l’A., i due estremi del fideismo e del razionalismo estremo. In un secondo passaggio, egli commenta l’espressione tomista posta all’inizio della IIa IIae della Summa e si impegna ad evidenziare come Tommaso sostenga decisamente il «realismo» del contenuto (oggetto) dell’atto di fede, affermando in tal modo la valenza veritativa della fede e del suo linguaggio (teologia). Lo studio si conclude ribadendo la «perenne attualità» (127) del pensiero tommasiano. [ABSTRACT FROM AUTHOR]

La questione della verità dei sogni è affrontata a procedere dalle riserve avanzate dalla filosofia moderna, in nome della ragione, da Cartesio a Kant. Analoghe riserve sono sollevate dalla teologia moderna, con Schleiermacher, Barth e Bultmann. Dal punto di vista filosofico, l’A. registra però alcuni tentativi recenti e interessanti: l’idea di rendere meno netto il confine tra veglia e sogno e tra mondo dei sogni e verità, l’indagine sull’origine del mentale e della cultura riflessiva, in cui il sogno gioca un ruolo importante per la costruzione di un’immaginazione specifica dell’umano, il ruolo dei «sogni ad occhi aperti», che anticipano l’utopia di una speranza intramondana. Infine, sotto il profilo teologico, l’A. riflette sul modo in cui un approccio evangelico che valorizzi la forza dell’immaginazione incarnata, con le sue ricche implicazioni antropologiche, permetta di aprire riflessioni fondamentali sull’immagine di Dio. [ABSTRACT FROM AUTHOR]

L’A. mette in rilievo la paradossalità della questione della «conoscenza» di Dio, a motivo della caratteristica tutta particolare di questo «oggetto» del nostro conoscere. In effetti, di Dio è impossibile avere una conoscenza certa, come hanno brillantemente mostrato G. Marcel nel Journal Métaphysique e in altro modo J.- L. Marion in Dieu sans l’Être, l’uno criticando la nozione di prova (di Dio) e una certa nozione di esistenza, l’altro evidenziando come Dio non sia in alcun modo un oggetto, perché in tal caso diventerebbe un idolo. Di Dio non si può provare l’esistenza, facendolo divenire oggetto della propria esperienza verificabile. Con ciò, seguendo ancora Marcel, l’A. non afferma affatto la in-esistenza di Dio e nemmeno la impossibilità a conoscerlo, ma sostiene che l’unico modo per accedere a Lui sia l’invocazione di un amore che si fa preghiera di lode, poiché egli è Amore che si dona. [ABSTRACT FROM AUTHOR]

Sei spunti di approccio al Sinodo Panamazzonico: spazi da recuperare per spiritualità «decolonializzata» di popolazioni storicamente e culturalmente sottomesse a potenze esterne (R. Tomichá Charup á, Espiritualidades descoloniales en perspectiva indígena: algunos presupuestos y desafíos, 547-584); necessità dell’Eucaristia per le comunità e conseguenze da trarne (A.J. de Almeida, Milhares de comunidades sem eucaristia interpelam o Sínodo de Amazônia, 585- 616); evangelizzazione senza colonizzazione nel segno di una ecologia integrale (N.M. de Almeida – A. Brighenti, Sínodo da Amazônia: novos caminhos para a igreja e para uma ecologia integral, 617- 640); sette urgenze per il sinodo da parte di un gruppo di vescovi brasiliani della regione amazzonica (J. Andrade – E. Raschietti, Uma igreja sinodal e “em saída” na Amazônia: Os maiores desafios apontados por bispos do Brasil, 641-668); nodi al pettine per il cattolicesimo amazzonico (E.J.S. da Silveira – M.V. de Freitas Reis – F.P.M. de Almeida, O Sínodo de Amazônia e os dilemas do catolicismo, 669-691); presenza pentecostale in Amazzonia e «teologia dell’amicizia» [ABSTRACT FROM AUTHOR]