L’immagine della città costruita è parte della percezione che ne hanno i cittadini che la vivono. La sua rappresentazione, grafica e fotografica, concorre alla lettura critica delle profonde trasformazioni dello spazio urbano, avvenuta, in particolare, all’indomani del trauma vissuto dall’essere state molte città ridotte in macerie alla fine del secondo conflitto mondiale. La perdita di una parte dell’immagine storica avvia un processo di revisione anche dello “stile Alinari”, ereditato dal vedutismo settecentesco mentre si inizia a guardare all’ambiente umanizzato e realistico. Da questo punto di vista un “osservatorio” delle trasformazioni è senz’altro quello legato alla costruzione delle case popolari. Non è senza significato evidenziare che la crescita urbana nell’Italia del dopoguerra, rispetto ad esempio ai modi di abitare di tipo anglosassone legati alla diffusione del mezzo di trasporto che genera uno sviluppo di tipo suburbano, si caratterizza invece nella scelta del “vivere in città” e del “vivere insieme” (De Pieri 2013). Anzi, se si pensa che l’affermazione economica dei ceti medi è esibita proprio attraverso la proprietà della casa, appare chiara la centralità della ricerca sull’abitazione, anche popolare, negli anni precedenti quelli del boom: attraverso l’accostamento di diverse tipologie edilizie, a torre, a schiera, a pettine, si cerca di raggiungere l’unità compositiva generale, espressione di una auspicata “pluralità nell’unità”, che amplia la città a dismisura, modificandola radicalmente. Tuttavia i quartieri degli anni Cinquanta si presentano più circoscritti, definiti e unitari, al fine di facilitare la conoscenza e di determinare la cordialità dei rapporti reciproci tra i residenti. È soprattutto su tale tipo di esempi che si concentra il presente contributo, con l’occasione del ritrovamento di documenti inediti di progetto, durante il riordino dell’archivio storico dell’IACP Napoli, relativi ai rioni di Bagnoli, Agnano e Soccavo Canzanella nell’espansione occidentale della città, realizzati per conto dell’INA Casa, secondo i progetti urbanistici di Carlo Cocchia, Stefania Filo Speziale e Giulio de Luca. È opportuno rimarcare lo sforzo e l’entusiasmo della fase della Ricostruzione, sancita dal piano Fanfani, che, aldilà degli esiti, appassionò sinceramente più di una generazione di architetti e ingegneri coinvolti nei progetti delle “case bianche”, viste come espressione di modernità, di sperimentalismo e di progresso, come traspare da un video dell’Istituto Luce sull’inaugurazione de La Loggetta e come appare dai disegni in prospettiva proposti di una nuova città sognata, ricostruita, prima dei grandi abusi. Vividezza e coerenza dell’immagine ambientale vengono individuate come condizioni indispensabili per il godimento e l’utilizzazione della città; tali caratteristiche, secondo Lynch vengono riscontrate in quei luoghi dotati di una spiccata leggibilità e figurabilità oltre che essere caratterizzati da struttura e identità: questo era alla base dei progetti dei primi rioni a grande scala ed è invece proprio ciò che oggi la città sta perdendo., Eikonocity. Storia e Iconografia delle Città e dei Siti Europei - History and Iconography of European Cities and Sites, Vol 2, N° 1 (2017)