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La pandemia da SARS-CoV-2 ha introdotto nell’ordinamento giuri- dico esigenze nuove e di urgente soluzione legate ad uno stato di emer- genza diffusa e prolungata. A tale impetuosa necessità non sono rimaste immuni le norme del diritto del lavoro1 che, infatti, hanno subito una rapida, ed a volte “brusca”, modifica volta a porre – ma forse non troppo – una normativa del lavoro emergenziale e parallela a quella ordinaria. Gli interventi sono stati molteplici e, tra questi, uno di particolare rilievo, anche su un piano di diritti costituzionalmente garantiti, è quello relativo al divieto di licenziamento per ragioni oggettive.

Il d.l. 17 marzo 2020, n. 18 (c.d. “Cura Italia”) ha introdotto con l’art. 46, per un periodo di sessanta giorni decorrenti dalla sua entrata in vigore (17 marzo-15 maggio 2020), la sospensione delle procedure di licenziamento collettivo e il divieto di licenziamento per g.m.o. La norma ha avuto efficacia nei confronti di ciascun datore di lavoro, al di là del numero dei dipendenti occupati.

L’art. 46, d.l. 17 marzo 2020, n. 18, come modificato dall’art. 80, comma 1, lett. a), d.l. 19 maggio 2020, n. 34 , ha cessato di produrre effetto il 17 agosto 2020 e dal 18 agosto è entrato in vigore l’art. 14, d.l. 14 agosto 2020, n. 104. Questa norma ha ripreso le disposizioni dell’art. 46, modificandone, però, profondamente i termini temporali e soggettivi cui il divieto di licenziamento si riferisce.