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Originale esperimento di scrittura etnografica, Il Quilombo di Frechal, analizza la costruzione dell’identità in una comunità di discendenti di schiavi dell’area amazzonica del Maranhao (Brasile). Appellandosi a un dispositivo costituzionale che riconosce ai successori degli antichi quilombolas il possesso della terra sulla quale vivono, il popolo di Frechal si è trasformato da oggetto di schiavitù, discriminazione e razzismo in soggetto etnopolitico. Mobilitando la memoria storica e utilizzando una simbologia capace di legittimare le rivendicazioni e dare loro un peso giuridico, la comunità si è opposta alla drammatica realtà del latifondo. Il libro pone problemi teorici e metodologici cruciali per lo statuto scientifico delle discipline antropologiche. Discute l’emergere dell’identità quilombola come il prodotto di una negoziazione, condotta "dal punto di vista dell’antropologo", con le prospettive da lui attribuite ai propri interlocutori. L’autore mette in rilievo la processualità della costruzione della conoscenza antropologica in un sottile gioco riflessivo fra componenti personali e autobiografiche e componenti disciplinari. Tale bifocalità è considerata centrale al discorso antropologico: vedere gli altri attraverso noi stessi e noi stessi attraverso gli altri.

L'antropologia delle istituzioni produttive ha segnato, attraversandolo, lo sviluppo delle teorie organizzative, fornendo validi strumenti concettuali per analizzare le realta aziendali. II potenziale generativo del tropo "cultura organizzativa", invitando a considerare le imprese come sistemi culturali, risiede nella sua capacita di dirigere i ricercatori verso alcuni interstizi delle teorie organizzative. In contrasto al formalismo dei modelli tecnico-razionali, analizza la struttura informale dell'impresa, le divergenze tra contenuti latenti e manifesti, tra norme dichiarate e norme operanti, tra comportamenti e valori. L'applicazione della prospettiva antropologica alla cultura della complessit', e in particolare all'analisi organizzativa, ha prodotto non solo interessanti prospettive di analisi, ma ha altresi posto importanti interrogativi sulla natura della conoscenza antropologica tradizionalmente fondata sulla distanza culturale, sulla metodologia (per esempio, sullo statuto dell'osservazione partecipante) e sull'etica (per esempio, sulla diffusione e restituzione dei risultati delle ricerche) (Banton, 1966; Leeds, 1968; Salisbury 1977; Marcus, 1986; Remotti, 1990; Tentori, 1990; Sobrero, 1992). Padiglione (1989) ha evidenziato due fasi che marcano l'applicazione delle tecniche d'analisi e delle problematiche squisitamente antropologiche allo studio delle organizzazioni. Dopo un primo periodo (1930-1950) caratterizzato dall'emergere, in contrapposizione alla concezione tecnocratica tayloriana dell'organizzazione scientifica del lavoro, del fattore human relations all'interno dell'organizzazione del lavoro (Mayo, 1933, Warner, 1947), l'antropologia dell'impresa si & caratterizzata dal diffondersi di una metodologia di analisi organizzativa centrata sugli aspetti culturali nell'impresa. Usando formule come "cultura di impresa" e "simbolismo aziendale", considera l'azienda come dotata di una propria specifica cultura, un sistema di significati intersoggettivi socialmente costruiti attraverso assunti di base impliciti, storie mitiche, asserzioni metaforiche, modelli di azione (Ouchi, 1981; Dandridge, Pondy, 1978; Deal, Kennedy, 1982; Pondy, Frost, Morgan, Dandridge, 1982; Jelinek, Smirich, Hirsch, 1983; Frost, Moore, Louis, Lundberg, Martin, 1985; Schein, 1985; Gagliardi, 1986; Sims, Gioia, 1986). La ricerca sul campo svolta negli anni 1992-1993 in un'azienda di servizi con piii di 1500 dipendenti, di cui presentiamo una sintesi dei risultati, si fonda su una prospettiva olistica ed ermeneutica, collocandosi all'interno delle ricerche etnografiche focalizzate su uno dei principali tdpoi degli studi delle relazioni aziendali: la dicotomia fra organizzazione formale e organizzazione informale. In opposizione al pregiudizio razionalistico di matrice struttural-funzionalista che considera l'azienda organicisticamente come un"'unita funzionale" o un "sistema sociale integrato" (Warner, 1947; Beals, Hower, 1953; Keesing, Siegel, Hammond, 1957; Goffman, 1963; Foster, 1969; Eddy e Partridge, 1978; Burawoy, 1979) sposta l'interesse dallo studio quantativo dell'efficienza ad un modello filosofico di management che verte sugli aspetti qualitativi e impliciti della vita aziendale.