Le "INDAGINI DEL FONDALE DEL PORTO DI FANO A MEZZO DI CAMERA BENTICA" prevedono la quantificazione delle "variazioni dei flussi di sostanze disciolte naturali e/o di origine antropica, come i nutrienti e i metalli pesanti, eventualmente indotte dai lavori di escavo, al fine di valutare la loro influenza sul chimismo della colonna d'acqua e sulle biocenosi dell'area portuale interessata dall'escavo". Tali indagini sono necessarie sia per una migliore definizione degli impatti ambientali, sia per stabilire eventuali misure di mitigazione da inserire nelle fasi operative di dragaggio e sversamento. L'indagine prevede la quantificazione dei flussi bentici in tre diversi tempi: prima dell'esecuzione dei lavori di dragaggio (fase ante-operam), durante l'esecuzione dei lavori di dragaggio e dopo la fine dei lavori di dragaggio (post-operam), in un punto situato all'interno del Porto di Fano su un fondale interessato dall'escavo. La misura in fase ante-operam è stata eseguita nel tratto di mare prospicente il molo di levante, in un punto centrale e a una distanza di circa 5 m dal bordo del molo Con la presente relazione sono presentati i risultati della prima fase d'indagine, vale a dire prima dell'inizio dei lavori di escavo. Tale fase dell'indagine è servita per quantificare i flussi bentici di sostanze disciolte rilasciate o assorbite dal fondale in condizioni indisturbate, vale dire con un fondale non interessato da alterazioni antropiche di breve periodo. I flussi determinati nella fase ante-operam saranno poi confrontati con i flussi misurati durante la fase di escavo e dopo la fine delle operazioni di dragaggio, per valutare le alterazioni indotte nella colonna d'acqua dal fondale del Porto di Fano interessato dal dragaggio. In questo modo si potranno quantificare le variazioni dei flussi di sostanze disciolte naturali e di origine antropica, come i nutrienti o i metalli pesanti, al fine di valutare la loro influenza sul chimismo della colonna d'acqua e sulle biocenosi delle aree marine interessate dal dragaggio. L'approccio sopra descritto è giustificato dal fatto che i sedimenti marini e quindi anche quelli portuali, ricevendo il particolato, organico e inorganico, autoctono e alloctono, naturale e di origine antropica, sono sede, nei primi centimetri di profondità, d'intensi processi biogeochimici e di attività biologica; questi processi, detti di diagenesi precoce, modificano profondamente le proprietà fisiche e chimiche e la struttura biocenotica dei sedimenti superficiali. I processi di diagenesi precoce danno origine a dei flussi di sostanze disciolte, da e verso il sedimento, detti flussi bentici. I flussi bentici possono essere, sia in qualità sia in intensità, naturali o condizionati da forzanti antropici. I fondali marini e portuali sono quindi oggetto di flussi bentici di sostanze disciolte di origine naturale e antropica che influenzano il chimismo e l'ecologia della colonna d'acqua sovrastante, in particolare alle basse profondità. Nel caso d'interventi antropici che comportano la modifica del fondale marino, sia mediante la rimozione del sedimento superficiale sia mediante lo scarico in mare di sedimenti, è di primaria importanza, al fine di una corretta valutazione dell'intervento di modifica dell'ambiente marino, misurare le variazioni dei flussi bentici indotte dall'azione umana; ciò permette di valutare l'influenza dei flussi bentici sul chimismo e, di conseguenza, sull'ecologia, della colonna d'acqua. In particolare, il dragaggio dei fondali marini e portuali causa l'affioramento di sedimenti caratterizzati da proprietà chimico-fisiche molto diverse rispetto a quelle dei sedimenti superficiali presenti antecedentemente alla rimozione, ciò può portare al rilascio di sostanze naturali ma potenzialmente pericolose per l'ambiente, come i metalli, il metano, l'anidride carbonica e l'acido solfidrico, oppure al rapido assorbimento di ossigeno che può provocare eventi di anossia e crisi distrofiche. L'importanza di un'indagine riguardante le alterazioni dei flussi bentici in aree portuali è testimoniata da una notevole bibliografia internazionale (Klinkhammer e Bender, 1981; Chen et al., 1997; Fichet et al., 1999; Apitz et al., 2008; Hammerschmidt et al., 2008; Benoit et al., 2009) e, a livello italiano, anche dall'attività condotta nel 2013 nell'area portuale di Trieste, dall'OGS di Trieste e dall'ISMAR di Ancona, che, per la prima volta, ha valutato gli effetti della movimentazione di sedimenti marini portuali mediante la misura dei flussi bentici (F. Spagnoli, dati non pubblicati), e dall'indagine condotta dall'ISMAR-CNR di Ancona davanti alla Banchina 26 del Porto di Ancona.