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Introduction - Chronic Enzootic Hematuria (CEH) is a bladder disorder due to bracken fern intake and observed in grazing cows of south Italy. Modern imaging techniques such as ultrasound and cystoscopy can be recently applied in alive animals to perform diagnosis. Aim - The goals of present investigation were: to compare the usefulness of ultrasonography and video-cystoscopy in animals affected by CEH, to evaluate the impairment of animal welfare due to the procedures performed, to develop a new diagnostic/decision algorithm based on the analysis of the previous goals. Materials and Methods - After a screening phase performed on 230 Podolic breed cows, 24 cows with hematuria were enrolled. All of them were scored for discomfort status pre- and post- ultrasonography (T0u and T1u, respectively), as well as pre- and post- cystoscopy (T0c and T1c) by means of cumulative scoring system. Results - Ultrasonography allows an easy and early identification of structural changes of the organs involved with low consequences on animals’ welfare; video-cystoscopy guaranteed a direct vision of the bladder’s mucosa and lesions as well as the possibility of biopsy in field achieving a certain diagnosis and staging. Comparing the two techniques (T1u vs. T1c), significant difference were observed for the variables aimless chewing (P

L'Ematuria Enzootica Cronica (EEC) del bovino è una sindrome a decorso cronico di natura non infettiva, caratterizzata generalmente da lesioni neoplastiche della parete vescicale associata ad ematuria intermittente ed anemia. Numerosi studi ezio-patogenetici hanno evidenziato che, alla base di tale affezione, è presente una intossicazione cronica da felce aquilina; il potere immunosoppressivo e mutageno dovuto alle sostanze carcinogenetiche contenute nella felce favorisce la replicazione di Papillomavirus, in particolare del BVP-2, a livello della parete vescicale con lo sviluppo di neoplasie a carico della stessa. La sindrome colpisce soprattutto animali al pascolo e rappresenta sicuramente una problematica ambientale che interessa aree estese soprattutto dell'Italia collinare centro-meridionale, particolarmente ricche di felce. L'importanza della patologia risiede non solo nelle perdite economiche legate allo scadimento produttivo della mandria e alla morte degli animali, ma anche alla possibilità di trasmissione di fattori pro-oncogeni all'uomo, inseguito all'ingestione di prodotti lattiero- caseari provenienti dal latte di animali malati. Dal punto di vista clinico, la sindrome evolve più frequentemente in forma cronica, e si presenta con ematuria intermittente associata a deperimento lento e continuo che si manifesta in diversi mesi o anni; per tale motivo la diagnosi della malattia, in passato, veniva per lo più eseguita post-mortem. Attualmente la possibilità di utilizzare tecniche di diagnostica per immagini quali l'ecografia e la cistoscopia permette di effettuare una diagnosi in vitam con vantaggi per l'allevatore e per il consumatore. Il presente lavoro di ricerca ha confrontato due tecniche di diagnostica per immagini, l'ultrasonografia vescicale e la cistoscopia, al fine di verificare i loro punti di forza e i loro limiti per la diagnosi di EEC, in modo da fornire al medico buiatra linee guida per un corretto approccio diagnostico alla patologia. Lo studio ha previsto una fase reclutamento in cui 230 bovine podoliche provenienti da territori ricchi di felce aquilina sono state sottoposte a screening di massa attraverso l'esame delle urine con strisce reattive, al fine di svelare la presenza di ematuria. Al termine di tale fase sono state selezionate 24 vacche podoliche, di età compresa tra i 5 e 12 anni affette da EEC. I soggetti sono stati sottoposti ad esame clinico completo ed indagini ematologiche e ematobiochimiche di routine che hanno rilevato la presenza di macroematuria in 18 soggetti e microematuria nei rimanenti 6, associate ad anemia normocitica e ipocromica. Successivamente gli animali, adeguatamente contenuti, sono stati sottoposti ad esame ultrasonografico della vescica per via transrettale e ad esame cistoscopico. Inoltre, durante l'esecuzione delle due tecniche di diagnostica, è stato valutato il grado di tolleranza degli animali alle manovre mediante una scala del dolore modificata. L'esame ultrasonografico mostrava in tutti i soggetti un ispessimento più o meno localizzato della parete vescicale, associato negli animali con macroematuria a lesioni proliferative di aspetto polipoide e/o vegetante. L'esame cistoscopico ha permesso di evidenziare una mucosa edematosa, corrugata ed opaca, unitamente alla presenza di aree piatte o bottoniformi di colorito rosso-nerastro; nei bovini con evidente ematuria erano inoltre presenti neoformazioni vegetanti e/o di aspetto polipoide endoluminali. L'esame bioptico eseguito in tutti gli animali con l'ausilio della cistoscopia ha evidenziato la prevalenza di carcinoma in situ in 18 animali, 2 displasie di cui una associata ad angioma e l'altra a carcinoma infiltrante di basso grado di invasività, tre carcinomi endoluminali e una forma sarcomatoide. Delle due tecniche diagnostiche impiegate, l'esame ultrasonografico si è dimostrato di semplice esecuzione, rapido e ben tollerato, ma non in grado di fornire precise informazioni relative alla stadiazione delle lesioni osservate, sebbene risulti indispensabile per la valutazione dei linfonodi regionali, talvolta coinvolti nel processo morboso. La tecnica endoscopica ha evidenziato, invece, una notevole sensibilità diagnostica, svelando in tutti i soggetti arruolati una condizione di EEC, indipendentemente dalla fase evolutiva della malattia e dal grado di ematuria presente, permettendo inoltre l'esecuzione di prelievi bioptici mirati. I principali svantaggi nell'impiego di tale tecnica diagnostica risiedono nell'elevato costo dell'attrezzatura, talora non accettabile nella comune pratica di campo, indaginosità della metodica e scarsa praticità nel trasportare le attrezzature in luoghi spesso impervi e poco accessibili. In considerazione di quanto osservato, il rilievo di macroematuria anche in un solo soggetto dovrebbe portare il medico buiatra a valutare tutti gli animali che condividono il pascolo, attraverso un semplice screening rappresentato dall'impiego di strisce reattive per l'esame delle urine. Tale metodica consente di svelare le insidiose forme occulte caratterizzate da una minima quantità di sangue nelle urine, che rappresenta il primo segno clinico di malattia. Successivamente gli animali positivi devono essere sottoposti ad un esame emocromocitometrico per valutare il grado di anemia, nonché ad indagini ematobiochimiche per indagare la funzionalità epato-renale. Il "diagnostic-plane" dell'EEC deve successivamente prevedere l'impiego dell'ultrasonografia transrettale, con valutazione dell'intero apparato urinario, nonché dei linfonodi lomboaortici e iliaci. Nel caso di estese lesioni a carattere proliferativo associate a macroemtauria, è necessario predisporre la macellazione del soggetto, mentre gli animali con solo ispessimento, più o meno circoscritto, della parte vescicale associato a microematuria, dovrebbero essere allontanati dai pascoli infestati e successivamente sottoposti a controlli semestrali, al fine di verificare una eventuale progressione/involuzione delle lesioni riscontrate. In questi ultimi può essere utile l'impiego della cistoscopia, nonostante i limiti oggettivi legati ai costi e alla scarsa praticità sui pascoli o in zone difficilmente accessibili. L'applicazione della cistoscopia comunque consente di studiare le lesioni attraverso il prelievo bioptico e quindi di formulare una prognosi più corretta. In conclusione la corretta applicazione di un protocollo diagnostico che preveda l'utilizzo di entrambe le metodiche utilizzate può, indubbiamente, portare ad una riduzione considerevole delle forme di EEC invalidanti, riducendone cosi l'impatto economico negativo sulle realtà zootecniche di nicchia che rappresentano un valore di biodiversità da tutelare.

Background In the last years the knowledges on Mediterranean Buffalo (MB) mastitis is remarkably improving, nevertheless the attention has been never focused on vaccination as preventive strategy for the control of mastitis in these ruminates. The aim of the current study was to assess clinical efficacy over time of two different preventive vaccination protocols against S. aureus mastitis, in primiparous MB.Vaccinated (VG) and not-vaccinated (N-VG) groups, of 30 MB each one, were selected from two different herds (herd A: VG1 and N-VG1; herd B: VG2 and N-VG2) of the same farm. Herd A received a double vaccination (Startvac®, 45 and 10 days before calving, protocol A), while in herd B an additional administration was performed (52 days after calving, protocol B). Bacteriological milk culture and assessment of somatic cell count (SCC) were performed at 10, 30, 60 and 90 days in milk (DIM) from composite milk samples. After 90 DIM, daily milk yields and SCC values were monthly detected until dry-off. Results The overall incidence of positive MB for S. aureus was 40.8% (49/120) in VG1 and 43.3% (52/120) in N-VG1 (Protocol A), while 45.8% (55/120) and 50.8% (61/120) in VG2 and N-VG2 (Protocol B). The latter was associated with a significant decreased in prevalence (at 90 DIM) and incidence of mastitis (animals positive for S. aureus, SCC > 200^103, with or without clinical signs) in the vaccinated MB, while no difference occurred in protocol A. Moreover, herd B showed a significant reduction in prevalence of intramammary infection (animals positive for S. aureus, SCC

Background: Lameness represents the third most important health-related cause of economic loss in the dairy industry after fertility and mastitis. Although, dairy Mediterranean Buffaloes (MB) and dairy cows share similar breeding systems predisposing to similar herd problems, published studies exploring its relevance and role in these ruminants are still rare and incomplete. The aims of this study were to describe the clinical findings of foot disorders (FDs) in dairy MB and their influence on animal welfare, determined by assessment of locomotion score (LS), body condition score (BCS) and cleanliness score (CS). Results: Of 1297 multiparous MB submitted to routine trimming procedures, 229 buffaloes showed at least one FD. The prevalence of buffaloes affected by FDs was 17.7 %, while motility and lameness indexes were 84.1 % (1091/1297) and 15.9 % (206/1297), respectively. Overgrowth was present in 17.0 % (220/1297), corkscrew claw in 15.8 % (205/1297), interdigital phlegmon in 0.9 % (12/1297), white line abscess in 0.8 % (11/1297), digital dermatitis in 0.1 % (1/1297) and interdigital hyperplasia in 0.1 % (1/1297). Simultaneous presence of FDs was recorded in 17.0 % of MB (221/1297): overgrowth and corkscrew claw occurred together in 15.8 % of cases (205/1297), overgrowth and interdigital phlegmon in 0.3 % (4/1297), overgrowth and white line abscess in 0.8 % (11/1297), digital dermatitis and interdigital hyperplasia in 0.1 % (1/1297). The presence of FDs was always associated with lameness (LS > 2), except from 23 MB with simultaneous overgrowth and interdigital phlegmon occurrence. The majority of MB within the under-conditioned group (95.5 %, 43/45) and all those with CS > 2 (122/122) had a locomotion score above the threshold of normality (LS > 2). Furthermore, foot diseases such as interdigital hyperplasia, white line abscess and digital dermatitis or interdigital hyperplasia seemed to occur more frequently associated with decreased BCS and increased CS scores. Conclusions: This study describes for the first time the involvement of white line disease, interdigital phlegmona, digital dermatitis and interdigital hyperplasia in foot disorders of dairy Mediterranean buffalo and shows their association with an impairment of animal welfare. © 2016 The Author(s).

A biomarker is an indicator of a normal or pathologic process, or a pharmacologic response to a therapeutic intervention. Nowadays, in veteriary cardiology, the most used biomarkers for assessing the pathological status of the cardio-vascular system, are B-type natriuretic peptide and cardiac troponins. These biomarkers have been very well studied in cardiac pathology in order to assess their diagnostic potential. The aim of the present paper was to discuss the structure, metabolism, function, applicability, reference values and variations in different diseases and to review some practical aspects of the two cardiac biomarkers, used nowadays in small animal cardiology.

The aim of this study was to evaluate the serum biochemistry profile, inflammatory cytokines, adipokines and cardiovascular findings in obese dogs. Twenty obese and 20 normal weight healthy pet dogs were recruited into the study, where they underwent blood testing and assessment of cardiovascular function (blood pressure analysis, electrocardiography and echocardiography). Higher concentrations of total cholesterol, triglycerides, lactate dehydrogenase, total serum proteins, α-globulins, total bilirubin, insulin, insulin:glucose ratio, alkaline phosphate and alanine aminotransferase were observed in obese dogs than dogs of normal weight. There were no differences in concentrations of tumour necrosis factor (TNF)-α or interleukin (IL)-6 between the two groups. Obese dogs had higher serum leptin but lower adiponectin concentrations than dogs of normal weight. Systolic arterial blood pressure was higher in obese dogs than dogs of normal weight. The values for the thickness of the free wall of the left ventricle and interventricular septal thickness were greater at end-diastole in obese dogs compared to dogs of normal weight. Four of 20 obese dogs were determined to have obesity-related metabolic dysfunction (ORMD). The findings indicate that a chronic inflammatory state is not necessarily evident in obese dogs, as has been described in human beings, and the criteria used for ORMD can be used to define this syndrome in dogs. In this study, canine obesity was associated with cardiac and vascular dysfunction. © 2016 Elsevier Ltd