Search

Emilio Betti dedicò ai temi del diritto processuale civile una parte importante della sua lunga e intensa attività di studioso. Ai ‘misteri’ del processo si accostò sia come ‘romanista’ sia come giurista positivo. Scrisse note a sentenza, saggi, voluminose monografie e persino un vero e proprio manuale (allo studio del processo, lo studioso camerte affiancò, infatti, anche l’insegnamento della procedura civile italiana in vari dei molti atenei in cui gli capitò di lavorare). Betti non fu dunque un semplice ‘processualista di complemento. Se dunque il giurista di Camerino fu un autentico ‘processualista’, in che misura le sue riflessioni possono ancora oggi dirsi significative, attuali, utili? A rispondere a queste domande sono stati chiamati studiosi di diversa provenienza scientifica (‘romanisti’, storici del diritto e, naturalmente, processualisti). L’attenzione è stata via via concentrata su vari dei molteplici argomenti toccati dallo studioso camerte in materia di diritto processuale. Il lettore avrà così modo di verificare che il lascito di Emilio Betti alla storia del processo antico e, più in generale, alla disciplina processualistica mantiene tuttora una valenza assai grande.

Tra gli storici giuristi �� ancora assai diffusa l���idea di una tradizione giuridica unitaria (ancestrale) condivisa tra i vari popoli germanici (il diritto germanico) nel momento in cui si affacciavano alle frontiere dell���impero romano. Anche i Longobardi sarebbero entrati in Italia seguendo tale diritto che avrebbe avuto caratteri nettamente contrastanti con quelli propri del diritto romano. Tra gli aspetti pi�� caratteristici vi sarebbe stato il modo di risolvere le liti. Ancora l���Editto di Rotari rifletterebbe un procedimento modellato per conseguire principalmente l���obiettivo di evitare le faide tra clan e poco o nulla indirizzato all���accertamento dei fatti e all���attribuzione delle responsabilit�� che era invece tipico delle procedure romane. Il momento probatorio, in particolare, sarebbe stato incentrato su procedure di tipo ordalico che lasciavano al giudice un ruolo ben limitato nella decisione della controversia. La non corrispondenza di tale modello con le (peraltro esigue) risultanze della prassi ha perci�� indotto taluno a ritenere scarsamente attendibile la legislazione rotariana ai fini di una veridica ricostruzione dell���amministrazione della giustizia nel regno. Il presente saggio propone una rilettura delle norme del primo editto longobardo dalla quale emerge un quadro differente in cui lo spazio per un reale accertamento dei fatti da parte del giudice era tutt���altro che insignificante anche nel pi�� antico processo longobardo e il modello procedurale adottato nell���Italia Longobarda non si allontanava troppo da quello tipico della giustizia tardo-romana come veniva applicata in contesti provinciali., Reti Medievali Rivista, Vol 22 No 2 (2021)

Scholars are long used to consider the episcopal justice beginning from the Constantine’s constitutions on the ‘episcopalis audientia’ (a.D. 318 and 333). After at least two centuries, an articulated and participated discussion is still alive concerning the nature of the episcopal courts and other aspects of its structure and its functioning (a real judicial activity or a simple arbitration; competence limited to private disputes or extended to criminal cases; relationship with imperial jurisdiction; procedural models …). Many questions remain opened and no position seems to prevail in the debate. To come out from such an empasse, it could be useful to pay attention to what happened in the ancient (pre-constantinian) Christian communities in case of a dispute between two ‘brothers’. The Gospel’s ‘paradoxical’ indications often clashed with practical difficulties. Some more ‘concrete’ suggestions came certainly from the Epistles of Paul. Much more useful must have however been for the bishops the anonymous text of the Doctrina duodecim Apostolorum better known as Didascalia Apostolorum.

Ian Wood è senz’altro tra i maggiori protagonisti dell’intensa stagione storiografica che, negli ultimi decenni, ha profondamente innovato la tradizionale lettura di quella cruciale e complessa fase storica che vide il mondo dell’antichità greco-romana trasformarsi in qualcosa di diverso e d’inedito: un qualcosa che – per molti aspetti – ancora oggi determina il nostro sentirci ‘occidentali’. Il presente volume, nel riproporre una serie di temi che non cessano di affascinare il lettore moderno, rilegge in particolare – secondo gli esiti di un’indagine ‘quantitativa’ – il ruolo avuto dal cristianesimo nel determinare la trasformazione dell’Occidente romano. Oltre a invitare lo storico del diritto a confrontarsi con l’emergere di un originale disegno della società e con l’introduzione di nuovi contenuti nell’impianto di una tradizione già solida ma bisognosa di essere rivitalizzata e ripensata, la lettura di questo libro offre però suggestioni e spunti di riflessione anche al giurista tout-court. Ripercorrere quell’età di grandi mutamenti spinge infatti a interrogarsi utilmente sulla intrinseca validità – misurata nel lungo periodo – di questa o quella soluzione pensata per i problemi che ci corrono incontro.

Isidore bishop of Seville was one of the most representative and influential intellectuals of the early Middle Ages. He devoted his life to the idea of transforming the Visigothic Realm (converted to the Catholicism in 589) in a Christian respublica. In realising this ideal, Spanish church needed to persuade the secular (Gothic) elites to join the project. The construction of a common cultural background was therefore a fundamental step and Isidore’s impressive literary production can be understood under this awareness. His most famous work – the Etymologies: a sort of encyclopaedia in 20 books – is the attempt to present all human knowledge in an exposition that was at once coherent and accessible. It became an indispensable reading also for those people who were interested in studying law. Isidore moves well within the tradition of Roman law but he has no compunction from deviating from (and renewing) that. He was not a jurist, nonetheless he gave some original and important contributions to the theory of law (relaunching the ideal of ‘the two laws’ and underlining the necessary ethical foundation of any power) and to the construction of a functional and coherent model of judicial procedure which could be used by both ecclesiastical and secular courts.

This Work analyses the role of the jurist. First, addresses the reasons why the career of lawyer has lost appeal. Then analyses how the jurist was expelled of the “control room” of the State, reducing his role to an external technical consultant. Finally, contrasts the jurist as a technician that predominated after the second half of the XX century (logic in which the Law becomes, more than a system of counterweights, an instrument to legitimize strength positions), with the jurist as an intellectual, capable of reading the social changes and proposing solutions that contribute to the construction and support of the civitas. At last, proposes different strategies for the formation of that type of jurist, instead of the simple technician. Analiza la crisis del papel del jurista en Italia. En primer lugar, aborda las razones por las que la carrera de derecho ha perdido atractivo. De seguido analiza como el jurista fue expulsado de la “sala de control” del Estado, limitando su papel al de consultor técnico externo. Finalmente, contrapone el papel del jurista como un técnico que se impuso en la segunda mitad del siglo XX (lógica dentro de la cual el Derecho más que un sistema de contrapesos, deviene en instrumento para legitimar posiciones de fuerza), con el del jurista como intelectual, capaz de leer los rápidos cambios de la sociedad y proponer soluciones para la construcción y el sostenimiento de la civitas. Por último, se proponen una serie de estrategias en la formación de los juristas, para lograr que cumplan dicho papel.

Dans le cadre du projet ANR Europange consacré aux « Processus de rassemblements politiques : l’exemple de l’Europe angevine (XIIIe-XVe siècles) », le colloque qui s’est tenu à Angers en novembre 2015 s’est intéressé à la culture des officiers (centraux comme locaux) et de l’entourage des princes dans les territoires angevins, à leurs parcours universitaires et à leur formation intellectuelle au sens large. Différents thèmes ont pu être envisagés : les cursus universitaires (universités et facultés fréquentées, grades…), les apprentissages pratiques et techniques, notamment le rapport à l’écrit et aux comptabilités, les livres et les bibliothèques possédés par les officiers, leurs productions intellectuelles (juridiques, scientifiques, littéraires…). Au-delà des différences ou des similitudes qui ont pu être mises en avant entre les différents territoires angevins, ces journées, à travers des trajectoires de vie concrètes, ont permis d’identifier des carrières types et l’existence, parfois, d’un véritable déroulement de carrière s'apparentant à un cursus honorum. Outre le fait d’appréhender les composantes techniques et pragmatiques de l’apprentissage des officiers, les différentes interventions ont également dégagé des dynamiques mettant en lumière l’existence d’une culture administrative et/ou politique. Le présent ouvrage rend compte de ces échanges fructueux.

Le (poche) notizie biografiche Il nome di Marino da Caramanico è indissolubilmente legato al commentario che egli appose al Liber Constitutionum Regni Siciliae di Federico II (il Liber Augustalis). La glossa di Marino s’impose, infatti, molto presto come «glossa ordinaria» alla «codificazione» federiciana e continuò a essere stampata assieme al testo delle costituzioni siciliane sino a tutto il Settecento. Eppure, la fama che Marino raggiunse grazie a quest’opera non fu sufficiente a impedire...

Dapprima motivato a difendere la propria indipendenza e specificità rispetto al potere dei sovrani di Pavia, dopo il 774, il Ducato longobardo di Benevento si proclama Principato e, contemporaneamente, si propone quale legittimo successore del regno dei Longobardi e quale custode delle tradizioni e delle istituzioni di quel popolo. Volendo però andare oltre la retorica politica e ricercare la vera identità dei Longobardi di Benevento, la vita giuridica (legislazione e prassi) del Ducato/Principato si propone come utile indicatore. L’esame dei capitoli emanati a distanza di circa un secolo l’uno dall’altro dai principi beneventani Arechi II e Adelchi colpisce, in primo luogo, l’evidente tentativo di contrapporsi alla contemporanea legislazione che i sovrani carolingi indirizzavano all’Italia settentrionale nel segno di una forte continuità. A uno sguardo più attento, tuttavia, non possono sfuggire talune similitudini e contiguità e altrettanti elementi di rottura col passato. Assai caratteristica, per altro verso, è poi la modalità con cui, anche nel meridione, vediamo attuarsi il ritorno al diritto romano (o piuttosto la riemersione di questo). Impressioni contrastanti parrebbero emergere anche dall’esame della documentazione pubblica e privata sopravvissuta. Gli atti giudiziari, in particolare, danno conto di una realtà quanto mai frastagliata e vivace, in cui il dichiarato attaccamento alla tradizione ‘nazionale’ longobarda cede invece il posto a importanti iniezioni di novità.

The essay takes up the debate on nature of the most ancient Lombard legislation (if real ‘Germanic’ or influenced by the Roman legal tradition). After more than two hundred years of discussion, a satisfactory solution is still waiting to be found. The research of the last decades on the early Medieval Europe has deeply changed profoundly changed the perspective from which to look at the ancient norms. Legal historiography can no longer ignore the contribution that comes from the studies of ethnogenesis and not even how much we know again about the complex phenomenon of vulgar Roman law. Through some examples especially related to criminal law and the trial, these pages intend to show how useful it is to approach the subject according to a different approach. Especially strong seems to be the imprint of the late Roman military law on the Longobard legislator., Roma Tre Law Review – 02/2019

Il libro riproduce in parte gli interventi di un convegno dallo stesso titolo. Esso si propone come un momento di riflessione sul tema della formazione che gli attuali corsi universitari di giurisprudenza offrono ai futuri giuristi. Le recenti riforme sembrano non aver avvantaggiato gli studi giuridici. Anche il calo delle immatricolazioni pare aver colpito i corsi giuridici più di altri. Chi si occupa di formare i futuri professionisti del diritto (avvocati, magistrati etc.) deve anche preoccuparsi di preparare i giovani per quelle nuove professioni che una società in continua evoluzione viene proponendo e che richiedono anch’esse una formazione nelle materie giuridiche. Essi devono allora interrogarsi sulla perdurante attualità della loro offerta. Il metodo tradizionale è ancora quello che può dare i risultati migliori? I contenuti dei vari insegnamenti sono ancora adeguati? Si presta la necessaria attenzione al linguaggio utilizzato? È meglio accentuare ancora i profili professionalizzanti o è piuttosto il caso di puntare su una formazione meno legata al dato normativo spicciolo e invece più improntata a formare intelligenze vive, culturalmente preparate ai casi sempre nuovi della vita reale e ai problemi che ancora non hanno trovato una disciplina definita?

Per "età del passaggio" s'intende qui il periodo durante il quale la tarda antichità si trasforma in Medioevo. Di quei secoli, questo libro vorrebbe affrontare, in particolare, i profili relativi alla storia giuridica. Ciò significa inoltrarsi in una sorta di "terra di nessuno". Nella sua interezza, infatti, quell'età non rientra nei programmi degli storici del diritto romano ma nemmeno in quelli di quanti si occupano della "storia del diritto medievale e moderno". Uno studioso degli inizi del Novecento - Nino Tamassia - usò a questo proposito l'immagine di una montagna ai piedi della quale - disposti però sui due opposti versanti - i ricercatori dell'uno e dell'altro settore disciplinare lavorano col comune obiettivo di costruire una galleria. Va detto che, negli ultimi decenni, mentre i 'romanisti' si son dati molto da fare ampliando notevolmente l'ambito delle ricerche sul "tardoantico", non altrettanto è accaduto tra i loro colleghi che si trovano sull'altro versante, i quali preferiscono in genere coltivare altre epoche storiche, epoche a noi più vicine. L'alto medioevo, anzi, tende a scomparire dai programmi dei corsi di giurisprudenza

Novità della ricerca condotta nel volume. Metodi ermeneutici adottati e descrizione delle finalità

This paper explores Isidore of Seville’s definitions of legal terms and Roman law concepts during the early Middle Ages. While Isidore was not a lawyer, he played a crucial role on the development of both legal theory and more technical aspects of the law such as legal procedure. Combining elements of Roman and Jewish-Christian traditions, Isidore’s definitions were of the utmost importance during the long period leading to the dawn of the School of Bologna. Dans ce papier sont explorées les définitions que donna Isidore de Séville au début du Moyen Âge des termes juridiques et concepts de droit romain. Sans être juriste, Isidore joua un rôle crucial dans le développement des théories juridiques et d’aspects plus techniques du droit comme la procédure juridique. Combinant des éléments de traditions romaine et judéo-chrétienne, les définitions d’Isidore furent d’une importance maximale durant la longue période qui conduisit à la naissance de l’École de Bologne.

One and a half century after the fanciful writings of Hermann Fitting, historians are still asking themselves what happened in Italy of the enormous heritage which was left in the sixth century and through what labyrinths it re-emerged at full light, determining the renewal of medieval jurisprudence. Considering the new information we have (especially those that come from the paleographical research), it could be interesting to investigate once more the existence and the real activity of the school of Rome during the Justinian age and immediately afterwards. Equally interesting is to verify whether Rome, during the first centuries of the Middle Ages, continued to represent a reference centre for juridical culture. According to the hypothesis developed in these pages, Rome played a very important role in the centuries of the early Middle Ages not only with regard to the material conservation of the Justinian’s libri legales, but also in the first settlement of the new imperial law in the West and in the creation of an original perception of its significance. Without such settlement roots and perception, the Bolognese renovatio would really appear as a ‘miracle’ difficult to explain. Over the age of Justinian, the seventh and eighth centuries are truly the darkest in the history of Roman law in the West. By studying the medieval manuscript tradition in particular of the Institutiones and of the Novellae, however, we can gather a series of elements that help us to clarify. A little more light comes also from the manuscript tradition of the Collatio legum Mosaicarum et Romanarum. Through the spread and use of this late-antique works, we can see howe – under the action of the papacy – Rome returned to being at the end of the eighth century a centre of the world politics and – since the law follows the politics – of the legal culture.

The author examines the passages of the whole opera of Isidore of Seville about procedure. Using freely the roman law tradition, the spanish bishop traces a model of 'ordo judiciarius' suitable for both ecclesiastical and civil cases. A model which expounded in the european continent and resists so far the early middle ages

Dopo aver ripercorso sinteticamente i risultati cui è giunta la precedente storiografia e posto in rilievo gli aspetti sui quali la discussione è ancora aperta, il saggio si concentra su alcuni profili delle più antiche leggi anglosassoni per meglio collocare queste ultime nel più ampio contesto dell'Europa post-romana. Particolare attenzione è posta sulle norme che disciplinano il diritto penale e le modalità processuali.