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Quale ruolo ha la materia nelle pratiche attraverso cui si celebrano, ricordano, occultano o si rendono presenti i defunti? In che modo i sopravvissuti trattano i corpi e si servono di oggetti e immagini per vivere con la morte e con i morti? I saggi compresi in questo volume cercano di comprendere come la materialità articoli le relazioni tra i vivi e i defunti, mettendo gli esseri umani in connessione con la sfera del trascendente. I malangan della Papua Nuova Guinea, le effigie dei monarchi tardo medioevali, i bambolini costruiti sulle Ande peruviane dai parenti delle vittime del conflitto armato, i corpi degli schiavi sacrificati in occasione della morte dei notabili nel golfo di Guinea, le statuette costruite nel Nord del Ghana per celebrare i riti funebri, i bananeti e le tombe arboree dei banande (Repubblica Democratica del Congo), le rovine e le tombe dei morti del Vajont, gli oggetti e le immagini dei figli persi in gravidanza, così come le immagini simbolo della pandemia attestano la variabilità e la continua trasformazione delle pratiche culturali legate alla morte. Complessivamente invitano a riflettere sulla funzione della materia in relazione alla morte, sulle memorie pubbliche e private che costruisce e veicola, sul suo ruolo nella produzione della trascendenza e sulla sua capacità di farsi strumento di cura.

In this article, we analyze the public debate on fertility decline and abortion in Italy, focusing on demographic anxieties, fueled by conservative demographers and politicians, about the different reproductive behavior of native Italians and migrants. We argue that vitapolitics, a moral regime that defends “life” and condemns abortion, is one of the main mechanisms of reproductive governance in Italy. Drawing on two studies 1) on pro-life volunteers’ activism and 2) gynecologists’ attitudes to abortion and conscientious objection, we illustrate how vitapolitics shapes the demographic anxieties of these two social actors, who contribute to discipline reproduction on the ground.

Starting from an event occurring in 2018, I consider burials of abortive remains as a battleground for reproductive governances. Public debate on pregnancy loss is often intertwined with the abortion debate. In Italy this association caused a considerable delay in implementing practices recommended by international guidelines on pregnancy loss. In this essay I analyse burial regulations and the ways in which they are enforced asking what is at stake when the State, the regions, the Catholic church, healthcare and cemetery professionals and women undergoing a termination or a pregnancy loss decide what to do with bodily remains. What is the meaning of these peculiar dead bodies? How are they publicly named? What are the effects of the actions performed on fetal remains over the lived experiences of women and couples with different reproductive histories? Who has the right to make decisions over these peculiar bodies and relationships? Based on a long-term ethnography on abortion and pregnancy losses in Italy, I explore the inherent complexity of these questions, arguing that burial practices conflict with abortion rights when they signify the body unequivocally, separating it from social and intimate relationships, fixing its identity and determining the conditions for its recognition. Human flesh, sociologically understood (Memmi 2014), is both material and symbolic: a fluctuating reality that takes on different meanings and affects over time within relationships.

Reproductive Governance and Bodily Materiality explores the growing centrality and power of the medical professional and lay practices within the field of human reproduction as they entangle with political economic processes, providing examples from multiple countries.

I rapporti tra diverse società con la “natura” sono stati sempre al centro nella storia dell’antropologia: lo studio delle molteplici ed eterogenee modalità di relazione ai più diversi ambienti, i diversi sistemi culturali di adattamento, i modelli di socializzazione dell’ambiente nei sistemi di credenze, nelle modalità produttive e nei sistemi politici, e lo studio delle molteplici strutture simboliche nell’interpretare le relazioni con esseri non-umani o inanimati. Da questo archivio antropologico emerge sia la specificità della nozione di “natura” del pensiero occidentale quanto la creatività culturale nell’interpretare le relazioni con molteplici forze viventi.

In queste pagine integrative alla storia dell'antropologia di Ugo Fabietti vengono esposte le principali tematiche dello studio del lavoro contemporaneo in antropologia. Si presentano alcuni autori fondamentali in questo ambito quali Aihwa Ong, Richard Sennett e Clara Han.

Aborti spontanei, morti in utero e perinatali sono processi fisiologi- ci inscindibili dalla loro definizione culturale e storica. Questi eventi complessi sono vissuti in modi differenti a seconda delle conoscenze disponibili, del tipo di presa in carico di cui sono oggetto, così come della biografia e della storia familiare e riproduttiva di coloro che ne sono affetti. Le discipline sanitarie e le scienze sociali hanno descritto in maniere diverse le perdite in gravidanza. L’arte, con i propri linguaggi, ha catturato le emozioni vissute dalle coppie. Questo volume mette insieme queste diverse prospettive attraverso contributi che riflettono sulle perdite perinatali da un punto di vista storico, antropologico, medico, ostetrico, psicologico e statistico, rappresentando le esperienze di perdita anche attraverso la poesia e la fotografia. Raccogliere questi contributi non ha soltanto significato realizzare un “prodotto” editoriale, ma avviare un processo che si è sviluppato al confine tra discipline, linguaggi, sguardi, esperienze e sensibilità. Ci auguriamo che l’esito parziale che qui presentiamo possa continuare a crescere nelle esistenze di chi leggerà il volume.

Quando, a un anno dalla scomparsa di Ugo Fabietti, abbiamo cominciato a lavorare a un numero della rivista Antropologia a lui dedicato, ci siamo chiesti come essergli fedeli e come trasmettere attraverso queste pagine le sue qualità intellettuali e affettive di collega, amico e maestro, mantenendo integri la vita- lità e il potenziale euristico della sua eredità intellettuale. La rivista è stata fon- data da Ugo Fabietti nel 2001 come “progetto culturale (...) per riflettere in maniera pertinente, approfondita e circonstanziata sulle forme culturali della contemporaneità”. Ugo Fabietti l’ha diretta e trasformata, nel 2014, da colla- na di saggi tematici sull’antropologia della contemporaneità in pubblicazione a consultazione gratuita online con un sistema di revisione in doppio cieco. Negli anni Ugo Fabietti ha formato e si è formato con molte delle persone che vi hanno lavorato e vi lavorano, ha trovato i mezzi per fabbricarla e si è speso perché continuasse a vivere dentro alle continue trasformazioni dell’editoria scientifica degli ultimi anni. Come restituire un frammento del suo imponen- te lavoro intellettuale fatto di idee, passioni, affetti e senso pratico?

This article explores the relationship between the loss of a pregnancy and temporality. Based on an ethnography of support groups in Milan, it examines how time is experienced during pregnancy, loss and mourning. Focusing on pregnancy loss, the article aims to contribute to a more general understanding of the beginnings and ends of life and of the experience of time at these thresholds. Grief following pregnancy loss is not experienced as a linear and temporally-bound process but as an enduring affective state which is socially shared within support groups, and is integrated in bereaved parent’s life course

"On May 25th 2018 in Ireland in the referendum called to repeal the 8th amendment of the Constitution, “Yes” won by an overwhelming majority. The 8th amendment article, which equates the value of the life of the woman with the life of the unborn, was introduced in 1983 to make the voluntary termination of pregnancy illegal under any circumstances, except in life-threatening cases for the woman. Ireland, along with Poland and Malta, is one of the European countries with the most restrictive abortion laws. For years, women residing on the island have been travelling abroad to abort illegally or have been illegally purchasing abortive pills online. The recent “Yes” victory in Ireland stands out against a fragmented landscape: that of the laws and access to abortion across Europe (De Zordo, Mishtal, Anton 2016)."

In this chapter, I analyse the strategies and discourses used in pro- life activism to challenge abortion, based on ethnographic research conducted in Northern Italy between 2009 and 2013. In the first part, I reconstruct the emergence of the Italian pro-life movement in the years when abortion was legalised, and briefly describe its practices and protest logics. In the second part, I focus on the two dominant discourses of contemporary pro-life activism: one that centres on the embryos/foetuses as ‘unborn children’ and another that centres on women (and men) as ‘victims of abortion’. I therefore take into consideration the burial of abortion remains and post-abortion healing as practices based, respectively, on the first and the second discourse. Both are carried out by organisations that, despite being close to the pro-life movement, are not part of it. I will argue that such practices, which both stem from Catholicism, are based on specific cultural constructions of subjectivity, guilt and pain associated with abortion. The burial of embryo and foetal remains and the paths for healing are not only aimed at the ‘salvation’ of maternal and foetal subjects, but are also strategies to oppose the law. For pro-lifers, the funerals for ‘unborn children’ and the testimonies of women and men wounded by abortion serve as moral injunctions to influence social policies and individual behaviours, contesting the idea that abortion is a right.