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none 2 no Il testo include un'intervista doppia volta a consentire alle due autrici, che hanno di recente pubblicato due testi rispettivamente di ambito storico e storico-politico su temi contigui (l'umanitarismo e le politiche di aiuto internazionale), di recensire l'una il testo dell'altra rispondendo a una serie di domande. A. Furia; S. Salvatici A. Furia; S. Salvatici

Il testo include un'intervista doppia volta a consentire alle due autrici, che hanno di recente pubblicato due testi rispettivamente di ambito storico e storico-politico su temi contigui (l'umanitarismo e le politiche di aiuto internazionale), di recensire l'una il testo dell'altra rispondendo a una serie di domande.

Il saggio analizza la relazione tra concezione della sicurezza globale e politiche di aiuto internazionale. Muovendo dall'analisi delle principali scuole di pensiero in materia di relazioni tra gli Stati, il saggio evidenzia come la peculiare produttività politica delle politiche di aiuto possa essere colta solo se si prende in seria considerazione lo specifico modo nel quale l'aiuto internazionale contribuisce a riconfigurare e a rendere pensabile a livello globale il nesso tra 'ordine' e 'giustizia', tra interessi e ideali, tra realismo e utopia.

What is foreign aid? How can we understand the power relations intrinsic to the foreign aid system? How does it construct the debt of recipient countries? What are its political effects and impact on global dis/order? Annalisa Furia responds to these questions by developing an original interpretation of foreign aid as a particular domain of international government. By adopting a historical perspective, she demonstrates how foreign aid practices can be conceptualised as contemporary forms of gift-giving that have made recipient countries and populations governable due to a continuously renovated and ever-changing debt of development. The author argues that the recipient countries' debt is constructed as a debt of civilisation and capacity which, over the years, has translated into a debt of sovereignty/security and hence into a debt of order requiring new, sophisticated and increasingly intrusive technologies of control and intervention.

The idea of disarmament for development was particularly explored in the early 1980s, at the initiative of the UN. It highlighted the economic burden of the great powers' arms race, while development aid was proving to be highly insufficient. Within the framework of international agreements, it was a question of the highly militarised developed countries reducing the financing of their armaments and providing part of these savings to support the development of Third World countries. Three main questions were then asked. Is armament a brake on development? Does disarmament only have positive effects on the national economies of developed countries? Does the transfers of resources from developed to developing countries be realized without perverse effects?, L'idea del disarmo per lo sviluppo è stata particolarmente studiata all'inizio degli anni '80, su iniziativa delle Nazioni Unite. Ha evidenziato il peso economico della corsa agli armamenti delle grandi potenze, mentre gli aiuti allo sviluppo si stavano dimostrando altamente insufficienti. Nell’ambito degli accordi internazionali, si trattava che i paesi sviluppati molto militarizzati riducessero il finanziamento dei loro armamenti e fornissero parte di questi risparmi per sostenere lo sviluppo dei paesi del terzo mondo. Sono state quindi poste tre domande principali. L'armamento è un freno allo sviluppo? Il disarmo ha solo effetti positivi sulle economie nazionali dei paesi sviluppati? Il disarmo può essere facilmente accompagnato da trasferimenti di risorse dai paesi sviluppati a quelli in via di sviluppo?