Giovanni Boccaccio visse in un’epoca e in una società caratterizzata da un’ampia diffusione sociale della scrittura; di lui ci restano ben 34 autografi, tra i quali una lettera privata, alcuni postillati e un buon numero di codici integralmente di sua mano; in essi trascrisse sia opere proprie (come ad esempio il Decameron, il Teseida, il Trattatello in laude di Dante, il De mulieribus claris) sia opere di autori antichi o a lui contemporanei (quali le Commedie di Terenzio, gli Epigrammi di Marziale, la Vita Nuova, le 15 canzoni e la Commedia di Dante, il Canzoniere di Petrarca). Il percorso di ricerca proposto in questo libro ha come suo principale obiettivo l’esplorazione di tale complesso orizzonte grafico. Nella prima parte viene ripercorsa l’avventurosa stagione dei riconoscimenti degli autografi boccacceschi, iniziata nel sec. XIX e aperta ancora oggi a nuove scoperte. Quindi sono esaminate le diverse scritture adoperate dal Boccaccio per la copia dei suoi manoscritti (la scrittura posata, la scrittura corsiva, la scrittura sottile, le maiuscole distintive, le cifre arabiche); particolare attenzione è riservata ad un dettaglio di carattere paragrafematico, riguardante l’uso di accenti in funzione vocativa, che fornisce un importante contributo alla soluzione di questioni concernenti la cronologia relativa e assoluta degli autografi in scrittura posata. La seconda parte è dedicata al metodo di lavoro del Boccaccio copista, soffermandosi prima sugli esemplari contenenti la Commedia dantesca (trascritta per tre volte) e poi sulla più antica diffusione del Decameron; il confronto tra le caratteristiche materiali dei codici e i dati strettamente testuali mostra con chiarezza che egli scelse consapevolmente precise forme librarie, dando vita a vere e proprie edizioni d’autore, caratterizzate da soluzioni fortemente innovative e da strategie compositive raffinate e ricche di significato. Boccaccio’s library currently includes some seventeen manuscripts (several of which are now dismembered and conserved in separate books), eleven glossed codices, and a private letter. This book analyzes the development of Boccaccio’s script across his prolific writing career, from the late 1320s to his death in 1375. The opening chapter is a history of the identification of autograph manuscripts. Chapter 2 begins with an explanation of method and a presentation of the data and its analysis, followed by a more discursive treatment of the development of characteristics throughout Boccaccio’s life, divided into childhood, youth, maturity, late maturity, and old age. Boccaccio’s scrittura sottile is defined for the first time as a separate type and refers to a delicate script executed with the reverse of the pen nib, used for marginal and interlinear notes. Boccaccio’s use of capitals, arabic numerals, and accents also come under scrutiny. Chapter 3 provides some historical context, demonstrating the value of underpinning our understanding of Boccaccio’s knowledge of literary forms with an understanding of his sensitivity toward the material form, via a treatment of forms of the book in two areas that are likely to be of the widest interest to medievalists: Boccaccio’s anthologies of Dante material and the construction of the Decameron .