394 results on '"BELLARDI, MARIA GRAZIA"'
Search Results
2. Syringa vulgaris is a new host for cucumber mosaic virus
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TROIANO, Elisa, BELLARDI, Maria Grazia, and PARRELLA, Giuseppe
- Published
- 2019
3. Multifactorial action of lavender and lavandin oils against filamentous fungi
- Author
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Donadu, Matthew Gavino, primary, Ferrari, Marco, additional, Behzadi, Payam, additional, Trong Le, Nhan, additional, Usai, Donatella, additional, Fiamma, Maura, additional, Battah, Basem, additional, Barac, Aleksandra, additional, Bellardi, Maria Grazia, additional, Hoai, Thi Nguyen, additional, Mazzarello, Vittorio, additional, Rubino, Salvatore, additional, Cappuccinelli, Piero, additional, and Zanetti, Stefania, additional
- Published
- 2024
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4. Monarda citriodora hydrolate vs essential oil comparison in several anti-microbial applications
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Di Vito, Maura, Bellardi, Maria Grazia, Mondello, Francesca, Modesto, Monica, Michelozzi, Marco, Bugli, Francesca, Sanguinetti, Maurizio, Sclocchi, Maria Carla, Sebastiani, Maria Letizia, Biffi, Sauro, Barbanti, Lorenzo, and Mattarelli, Paola
- Published
- 2019
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5. Phytoplasma Diseases in Ornamental Crops
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Bellardi, Maria Grazia, Bertaccini, Assunta, Madhupriya, Rao, Govind Pratap, Rao, Govind Pratap, editor, Bertaccini, Assunta, editor, Fiore, Nicola, editor, and Liefting, Lia W., editor
- Published
- 2018
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6. Phytoplasma Diseases of Medicinal Crops
- Author
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Rao, Govind Pratap, Marcone, Carmine, Bellardi, Maria Grazia, Madhupriya, Rao, Govind Pratap, editor, Bertaccini, Assunta, editor, Fiore, Nicola, editor, and Liefting, Lia W., editor
- Published
- 2018
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7. Hydrolates and Gellan : An Eco-innovative Synergy for Safe Cleaning of Paper Artworks
- Author
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Di Vito, Maura, Bellardi, Maria Grazia, Colaizzi, Piero, Ruggiero, Daniele, Mazzuca, Claudia, Micheli, Laura, Sotgiu, Silvia, Iannuccelli, Simonetta, Michelozzi, Marco, Mondello, Francesca, Mattarelli, Paola, and Sclocchi, Maria Carla
- Published
- 2018
8. Hydrolate and EO Application to Reduce Decay of Carica papaya during Storage
- Author
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Culmone, Alessandra, primary, Mirabile, Giulia, additional, Tinebra, Ilenia, additional, Michelozzi, Marco, additional, Carrubba, Alessandra, additional, Bellardi, Maria Grazia, additional, Farina, Vittorio, additional, Romanazzi, Gianfranco, additional, and Torta, Livio, additional
- Published
- 2023
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9. Pepino mosaic virus and Tomato chlorosis virus causing mixed infection in protected tomato crops in Sicily
- Author
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DAVINO, Salvatore, DAVINO, Mario, BELLARDI, Maria Grazia, and AGOSTEO, Giovanni Enrico
- Published
- 2008
10. Monarda didyma Hydrolate Affects the Survival and the Behaviour of Drosophila suzukii
- Author
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Finetti, Luca, primary, Civolani, Stefano, additional, Mirandola, Daniele, additional, Benetti, Lorenzo, additional, Francati, Santolo, additional, Albanese, Federica, additional, Menicucci, Felicia, additional, Michelozzi, Marco, additional, Bellardi, Maria Grazia, additional, Dindo, Maria Luisa, additional, and Bernacchia, Giovanni, additional
- Published
- 2022
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11. Characterization of a Cucumber mosaic virus isolate infecting Mandevilla sanderi (Hemsl.) Woodson
- Author
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Davino, Salvatore, Bellardi, Maria Grazia, Di Bella, Massimo, Davino, Mario, and Bertaccini, Assunta
- Published
- 2005
12. VIROSI, FITOPLASMOSI E QUALITÀ DEGLI OLI ESSENZIALI
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-
Bellardi Maria Grazia and Bellardi Maria Grazia
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Virus, Fitoplasmi, Oli essenziali, Difesa - Abstract
Tutte le piante, per cui anche le ‘aromatiche’, sono comunemente soggette ad infezioni dovute a parassiti responsabili di malattie definite “incurabili”, primi fra tutti i virus (entità nucleo-proteiche) e i fitoplasmi (batteri mollicutes, ossia procarioti pleomorfi). […] Nel corso delle ricerche condotte in Italia dal 2000 al 2015 è stato verificato come la resa in OE diminuisca sensibilmente nelle piante sintomatiche infette da virus e da fitoplasmi. [...] sono stati eseguiti per la prima volta in senso assoluto studi specifici di tipo qualitativo, con lo scopo di verificare differenze nella composizione fra OE distillati da piante sane e piante infette. […]
- Published
- 2021
13. Il Silenzio: The First Renaissance Oil Painting on Canvas from the Uffizi Museum Restored with a Safe, Green Antimicrobial Emulsion Based on Citrus aurantium var. amara Hydrolate and Cinnamomum zeylanicum Essential Oil
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Minotti, Debora, primary, Vergari, Lara, additional, Proto, Maria Rita, additional, Barbanti, Lorenzo, additional, Garzoli, Stefania, additional, Bugli, Francesca, additional, Sanguinetti, Maurizio, additional, Sabatini, Luigia, additional, Peduzzi, Alice, additional, Rosato, Roberto, additional, Bellardi, Maria Grazia, additional, Mattarelli, Paola, additional, De Luca, Daphne, additional, and Di Vito, Maura, additional
- Published
- 2022
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14. Anti-Mold Effectiveness of a Green Emulsion Based on Citrus aurantium Hydrolate and Cinnamomum zeylanicum Essential Oil for the Modern Paintings Restoration
- Author
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Di Vito, Maura, primary, Vergari, Lara, additional, Mariotti, Melinda, additional, Proto, Maria Rita, additional, Barbanti, Lorenzo, additional, Garzoli, Stefania, additional, Sanguinetti, Maurizio, additional, Sabatini, Luigia, additional, Peduzzi, Alice, additional, Bellardi, Maria Grazia, additional, Mattarelli, Paola, additional, Bugli, Francesca, additional, and De Luca, Daphne, additional
- Published
- 2022
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15. Optimization and validation of a high-performance liquid chromatography method for the analysis of cardiac glycosides in Digitalis lanata
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Pellati, Federica, Bruni, Renato, Bellardi, Maria Grazia, Bertaccini, Assunta, and Benvenuti, Stefania
- Published
- 2009
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16. Nematicidal Activity of Essential Oil from Lavandin (Lavandula × intermedia Emeric ex Loisel.) as Related to Chemical Profile
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D’Addabbo, Trifone, primary, Laquale, Sebastiano, additional, Argentieri, Maria Pia, additional, Bellardi, Maria Grazia, additional, and Avato, Pinarosa, additional
- Published
- 2021
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17. Population genetics of cucumber mosaic virus infecting medicinal, aromatic and ornamental plants from northern Italy
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Davino, Salvatore, Panno, Stefano, Rangel, Ezequiel A., Davino, Mario, Bellardi, Maria Grazia, and Rubio, Luis
- Published
- 2012
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18. Basta un sorriso per assicurarsi, grazie all’Arte, l’immortalità
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Bellardi Maria Grazia and Bellardi Maria Grazia
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Pittura, Sorrisi - Abstract
Continua il viaggio nel mondo della Pittura alla ricerca del sorriso, quel mezzo di comunicazione fra i più efficaci che l’uomo utilizza spesso inconsapevolmente per esprimere le proprie emozioni. Certamente i sorrisi del mondo femminile sono fra i più attraenti e coinvolgenti, perché le donne sanno bene quando e come “utilizzarli”! Uno dei più conosciuti nella Storia dell’Arte è senza dubbio quello di “Monna Lisa del Giocondo” (1503-1506): un moto impercettibile delle labbra lascia trapelare un’inquietudine appena accennata, resa più suggestiva dalla luce crepuscolare. È il sorriso enigmatico proprio della scuola leonardesca del ‘500, e che infatti si ritrova sul volto di “Flora” dipinta nel 1520 da F.Melzi, pupillo di Leonardo e poi da C.A.Procaccini nel 1620. La “Flora” di quest’ultimo, attribuita erroneamente per anni allo stesso Leonardo, scatenò persino le ire dei moralisti dell’epoca per quella dea dal sorriso enigmatico e sensuale (“un’adultera”) dipinta senza veli. Molto probabilmente Procaccini si ispirò ad uno schizzo (oggi conservato al Museo Condé, vicino a Parigi) “Monna Lisa senza veli” proprio di Leonardo. Sul sorriso enigmatico della Gioconda si è scritto tanto, anzi tantissimo, ma forse le parole più belle vengono dal Vasari che nelle ‘Vite” (1568) lo definì “un ghigno tanto piacevole che era cosa più divina che umana a vederlo, et era tenuta cosa meravigliosa….”. Non è rimasto indifferente a questo sorriso neanche F.Botero che, non ancora trentenne, dipinge una bucolica e fantasiosa “Monnalisa all’età dodici anni”, ovviamente paffutella, e poi, nel 1977, una simpatica “Monnalisa” molto più simile all’originale, ma sempre rotondetta. Un sorriso appena accennato è anche sul volto di una donna, “Agatha van Schoonhoven” ritratta nel 1529 (quindi a meno di 30 anni di distanza dalla Monnalisa di Leonardo) da J.Van Scorel, grande artista olandese, fra i primi a “romanizzarsi” con un viaggio in Italia, anzi, il primo ad introdurre l’Arte Rinascimentale in Olanda. Infatti, nel 1522 venne a Roma e Adriano VI (Papa Borgia) lo nominò suo pittore ufficiale. Non è escluso, quindi, che conoscesse lo stesso Leonardo. Il sorriso della Gioconda, definito “il sorriso di tutti gli enigmi”, con tutto il suo fascino malinconico e forse anche leggermente civettuolo, lo si ritrova sul volto di questa gentildonna olandese, anche se apparentemente meno sibillino. Due sorrisi appena abbozzati, quello di Monna Lisa e di Agatha, come se le due dame avessero una certa riluttanza a svelare i propri sentimenti. Ma esiste un’altra Gioconda e non è una “Lei”, bensì un “Lui”. Vittorio Sgarbi asserisce che questo ritratto di Antonello da Messina, conservato al Museo Mandralisca di Cefalù, “ha la stessa forza evocativa della Gioconda di Leonardo”. Nel “Ritratto d’ignoto marinaio” (1470-1472) il sorriso è infatti ambiguo, o meglio enigmatico, proprio quello della Gioconda. Non si conoscono le circostanze della commissione del dipinto, né la sua collocazione originaria, né tanto meno l'identità del personaggio ritratto. Forse un pirata? Certamente, il suo sorriso enigmatico e lo sguardo ammiccante rivolto verso lo spettatore sono tra le massime espressioni dell'arguzia ritrattistica e della capacità di penetrazione psicologica del pittore messinese. Questo marinaio continua da secoli a guardarci, quasi a sfidarci, con un ghigno beffardo, alimentando leggende ed accostamenti. Il grande critico, Federico Zeri, ad esempio, in questo volto astuto ed intrigante ritrovava i caratteri della sicilianità «È ben difficile menzionare qualcosa di più intimamente siciliano del Ritratto di Cefalù, nel cui sorriso, tra eginetico e minatorio, è condensata l'ambigua essenza dell'isola fascinosa e terribile». Sorrisi romantici, melanconici, ammiccanti, ecc. Il sorriso femminile può essere romantico, come quello della giovane donna, elegante, colta da S.Vela nell’atto di rimirarsi in “Nello Specchio” (1886): ha un mazzo di fiori tra le mani, forse il pegno d’amore di uno spasimante. Sorpresa a compiaciuta lei si volta sorridente verso il pittore, con quel tipico “effetto venere” per cui in quel preciso momento guarda anche noi. Ammiccante è il sorriso della “Zingara” di F.Hals (1630), o delle “male femmine” che Frate Florenzo fece entrare nell’Abbazia di Monte Oliveto Maggiore (Siena) come ci racconta in “Storie di S. Benedetto” il Sodoma (1505) in uno degli affreschi del chiostro. Fra’ Florenzo odiava talmente tanto Fra’ Benedetto che, dopo aver tentato più volte di ucciderlo, anche con il veleno, ma senza successo, decise di screditarlo con sette provocanti danzatrici. Ma Benedetto scappò in tutta fretta su un somaro, mentre Florenzo, gustando la scena dall’alto, iniziò talmente a ridere che non si accorse del parapetto troppo basso, per cui a furia di dimenarsi perse l’equilibrio, cadde e morì. Sorrisi di complicità e di seduzione sono anche quelli che compaiono nel dipinto “La mezzana” (1622) del pittore olandese D.Van Baburen: l’anziana donna (la mezzana) viene ben pagata dal cavaliere che, mentre le fa cadere nella mano tesa una grossa moneta, guarda con cupidigia la giovane donna di cui sta comprando la compagnia…ed i due si scambiano sorrisi certamente maliziosi. Un vero momento di seduzione ce lo regala J.Vermeer in “Due gentiluomini e una fanciulla con bicchiere di vino” (1660): la scena è ambientata in una stanza illuminata dalla luce che entra da una finestra sulla sinistra; la fanciulla, seduta al tavolo, nel suo abito di un rosso acceso, guarda noi, sorridente e si compiace dell’atteggiamento dell’uomo chino su di lei che l’invita a bere porgendole un bicchiere di vino, mentre l’altro, anziano, è un po’ mogio (forse geloso o semplicemente brillo?). Ben diverso è invece l’atteggiamento della “Giovinetta sorridente con militare” (1658): qui la scena è palesemente galante. Il soldato, di spalle, di trequarti e con il gomito alzato, sembra fissarla. La luce che penetra sempre dalla grande finestra illumina il volto sorridente di lei, che tiene in mano un bicchiere di vino e ha la mano aperta: cosa aspetta? ha ricevuto una buona notizia? o si sente semplicemente lusingata da un corteggiatore che la mette in imbarazzo? Non ci è dato saperlo, ma forse questo è il “bello” di tanti quadri, il fatto di potere noi stessi dare un senso a certe situazioni, immaginare chissà quale vicenda o quali intrighi. Così come accade con B.Estebar Murillo e le sue “Galiziane alla finestra” (1655): due donne (forse madre e figlia) ridono divertite guardando un qualcosa che sta accadendo per la strada, sotto i loro occhi. Ma cosa e chi desta tanta ilarità? Pensiamo noi a dare una risposta, ricordando un qualche episodio buffo della nostra vita che ci ha veramente divertito. Ai tanti sorrisi femminili maliziosi, romantici, enigmatici, seducenti, maliziosi, ecc.,…dobbiamo aggiungere quelli materni, di pura tenerezza. Ma, per farlo in maniera coinvolgente, occorre entrare nel mondo sacro, per osservare Maria che gioca con il suo Bambino seduto sulle sue ginocchia, come una qualsiasi altra giovane madre. Sarà l’occasione propizia per incontrare i pochi Santi che nella Pittura appaiono sorridenti, e poi la Morte che sogghigna beffarda prendendosi gioco dell’uomo e delle sue vanità, oppure incredula per essere stata invocata come negli schizzi di Chagall. Ma rimandiamo tutto al prossimo viaggio.
- Published
- 2020
19. Impact of alfalfa mosaic virus subgroup I and II isolates on terpene secondary metabolism of Lavandula vera D.C., Lavandula× alardii and eight cultivars of L. hybrida Rev.
- Author
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Bruni, Renato, Bellardi, Maria Grazia, Parrella, Giuseppe, and Bianchi, Alberto
- Published
- 2006
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20. Is the Antimicrobial Activity of Hydrolates Lower than That of Essential Oils?
- Author
-
Di Vito, Maura, primary, Smolka, Antonina, additional, Proto, Maria Rita, additional, Barbanti, Lorenzo, additional, Gelmini, Fabrizio, additional, Napoli, Edoardo, additional, Bellardi, Maria Grazia, additional, Mattarelli, Paola, additional, Beretta, Giangiacomo, additional, Sanguinetti, Maurizio, additional, and Bugli, Francesca, additional
- Published
- 2021
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21. Potent In Vitro Activity of Citrus aurantium Essential Oil and Vitis vinifera Hydrolate Against Gut Yeast Isolates from Irritable Bowel Syndrome Patients—The Right Mix for Potential Therapeutic Use
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Di Vito, Maura, primary, Bellardi, Maria Grazia, additional, Sanguinetti, Maurizio, additional, Mondello, Francesca, additional, Girolamo, Antonietta, additional, Barbanti, Lorenzo, additional, Garzoli, Stefania, additional, Sabatino, Manuela, additional, Ragno, Rino, additional, Vitali, Alberto, additional, Palucci, Ivana, additional, Posteraro, Brunella, additional, Gasbarrini, Antonio, additional, Prati, Gian Maria, additional, Aragona, Giovanni, additional, Mattarelli, Paola, additional, and Bugli, Francesca, additional
- Published
- 2020
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22. Potent In Vitro Activity of Citrus aurantium Essential Oil and Vitis vinifera Hydrolate Against Gut Yeast Isolates from Irritable Bowel Syndrome Patients—The Right Mix for Potential Therapeutic Use
- Author
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Di Vito, Maura, Bellardi, Maria Grazia, Sanguinetti, Maurizio, Mondello, Francesca, Girolamo, Antonietta, Barbanti, Lorenzo, Garzoli, Stefania, Sabatino, Manuela, Ragno, Rino, Vitali, Alberto, Palucci, Ivana, Posteraro, Brunella, Gasbarrini, Antonio, Prati, Gian Maria, Aragona, Giovanni, Mattarelli, Paola, Bugli, Francesca, Sanguinetti, Maurizio (ORCID:0000-0002-9780-7059), Posteraro, Brunella (ORCID:0000-0002-1663-7546), Gasbarrini, Antonio (ORCID:0000-0002-7278-4823), Bugli, Francesca (ORCID:0000-0001-9038-3233), Di Vito, Maura, Bellardi, Maria Grazia, Sanguinetti, Maurizio, Mondello, Francesca, Girolamo, Antonietta, Barbanti, Lorenzo, Garzoli, Stefania, Sabatino, Manuela, Ragno, Rino, Vitali, Alberto, Palucci, Ivana, Posteraro, Brunella, Gasbarrini, Antonio, Prati, Gian Maria, Aragona, Giovanni, Mattarelli, Paola, Bugli, Francesca, Sanguinetti, Maurizio (ORCID:0000-0002-9780-7059), Posteraro, Brunella (ORCID:0000-0002-1663-7546), Gasbarrini, Antonio (ORCID:0000-0002-7278-4823), and Bugli, Francesca (ORCID:0000-0001-9038-3233)
- Abstract
N/A
- Published
- 2020
23. Abstracts of papers presented at the second Israeli-Italian phytopathological symposium July 14–17, 1991 Belgirate, Italy
- Author
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Barkai-Golan, Rivka, Kritzman, G., Temkin-Gorodeiski, Naomi, Conti, M., Guglielmone, Laura, Vaira, Anna Maria, Luisoni, E., Milne, R. G., Lisa, Vittoria, Marzachi, Cristina, Boccardo, G., Masenga, Vera, Lenzi, R., Ramasso, Eliana, Crespi, Stefania, Accotto, G. P., Caciagli, P., Altomare, C., Rotem, Y., Sztejnberg, A., Lin, A., Henis, Y., Chet, I., Katan, J., Gamliel, A., Uziel, Aviva, Assaraf, M., Ben-Gal, Osnat, Traversa, Erminia, Ippolito, A., De Cicco, V., Casulli, F., Lima, G., Nigro, F., Savino, V., Martelli, G. P., Boscia, D., Minafra, A., Cariddi, C., Piglionica, V., Gallitelli, D., Corazza, Luciana, Chilosi, G., Balmas, V., Aragona, Maria, Haegi, A., Serrone, Paola Del, Innocenti, Gloria, Govi, Germana, Rossi, V., Frisullo, S., Battilani, Paola, Paster, N., Fanelli, C., Kennedy, R., Lacey, J., Mora, M., Shetty, H. Shekara, Aharonson, N., Grinstein, A., Elad, Y., Frankel, H., Yunis, H., Zimand, Gilly, Katan, Talma, Pressman, E., Ben-Yehoshua, S., Kim, J., Rodov, V., Shapiro, B., Fallik, E., Lalazar, A., Afek, U., Blaier, B., Cohen, R., Schaffer, A. A., Menge, J. A., Bertaccini, Assunta, Bellardi, Maria Grazia, Faccioli, G., Colombarini, A., Cirvilleri, Gabriella, Catara, A., Rosa, Rosa La, Renis, M., Delogu, G., Gatti, A., Pecchia, Susanna, Vannacci, G., Pecchia, Susanna, Vannacci, G., Bottalico, A., Graniti, A., Ghisellini, L., Roberti, R., Bonforte, M., Silvestro, Isabella Di, Mallegni, C., Cortellini, W., Tartari, C., Tamietti, G., Benzi, D., Martini, Patrizia, Garibaldi, A., Aloi, C., Bergonzoni, P., Mezzalama, Monica, Gullino, M. Lodovica, Palitto, M., Crescenzi, A., Arpaia, S., Sarindu, N., Marino, R., Leonardi, M., Scala, A., Mittempergher, L., Tegli, S., and Goggioli, V.
- Published
- 1991
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24. Associazione di oli essenziali e idrolati: Studi in vitro per una potenziale loro applicazione in patologie quali l’IBS
- Author
-
DI VITO, MAURA, BELLARDI, MARIA GRAZIA, Sanguinetti, M., Palucci, I., MODESTO, MONICA MARIANNA, De Togni, H., Mondello, F., Bugli, F., MATTARELLI, PAOLA, DI VITO, Maura, Bellardi, MARIA GRAZIA, Sanguinetti, M., Palucci, I., Modesto, MONICA MARIANNA, De Togni, H., Mondello, F., Bugli, F., and Mattarelli, Paola
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IBD, Citrus aurantium, Monarda didyma, Vitis vinifera - Abstract
Introduzione. Numerose evidenze scientifiche mostrano come il microbiota sia in grado di influenzare e mantenere l’omeostasi del sistema immunitario, fungere da barriera per i microrganismi patogeni e supportare l’ospite grazie alla produzione di composti nutrizionali. La variazione della composizione del microbiota, generalmente nota come disbiosi, può compromettere gravemente questa interazione mutualistica e influenzare negativamente la fisiologia dell’ospite alterandone lo stato di salute. Disbiosi intestinali sono strettamente legate ad importanti patologie umane incluso quelle infiammatorie e autoimmuni, come IBD (Intestinal Bowel Disease) e IBS (Intestinal Bowel Syndrome), metaboliche, come l’obesità e il diabete, e neurologiche. L’IBS è un disordine gastrointestinale associato a dolore addominale, cambiamenti dell’habitat intestinale, manifestazioni ricorrenti/remittenti. Analogamente, l’IBD è associata all’alterazione dell’asse intestino-cervello nonché a microbiota e sistema immunitario alterati. Recenti studi mostrano come pazienti con IBD presentano un microbiota differente rispetto ai soggetti sani. In particolare, Sokol et al (2016) descrivono che in pazienti con IBD alcune specie fungine (Ascomycetes, specialmente Saccharomyces cerevisiae) diminuiscono in percentuale, mentre altre aumentano (Basidiomycetes, come Mallasezia sympodialis). Inoltre, nei soggetti malati, specie appartenenti al genere Candida incrementano in percentuale pur non causando patologie infettive. Scopi. In questo lavoro si è cercato di (i) Individuare oli essenziali (OE) che siano più attivi su ceppi di Candida spp piuttosto che su ceppi di Saccharomyces cerevisiae, (ii) Valutare gli effetti degli OE selezionati, su ceppi probiotici comunemente usati nelle formulazioni commerciali, (iii) Studiare l’effetto immunomodulante di alcuni idrolati (Id) su polimorfonucleati (PBMC) isolati da donatori sani Materiali e Metodi. Per lo studio sono stati usati 7 OE e 4 Id. Sono stati allestiti esperimenti di micro-brodo diluizione vs 54 ceppi fungini (38 Candida spp., 8 Galactomyces spp., 4 S. cerevisiae) e 7 ceppi probiotici. Lo stesso test, combinato con la conta delle cfu/ml, è stato usato per studiare l’effetto modulante di 4 OE selezionati vs 5 ceppi di Candida spp. e 4 di S. cerevisiae e per valutarne l’effetto degli stessi su mix caratterizzati da un ceppo di C. albicans e uno di S. cerevisiae. Infine, per valutare l’effetto immunomodulante degli Id, concentrazioni scalari (da 1/4 a 1/32) sono state incubate con PBMC ottenuti da due donatori, e i terreni di coltura sono stati analizzati per l’espressione di 4 citochine pro e anti-infiammatorie con test ELISA. Resultati. I nostri risultati preliminari mostrano che ceppi di Candida spp. e S. cerevisiae sono ugualmente modulati dagli OE di Monarda didyma, Citrus aurantium var amara e C. zeylanicum. Tra questi, quello di C. aurantium var amara, quando usato in sub-MIC e testato su miscele contenenti da ceppi appartenenti ad entrambi i generi, è capace di inibire maggiormente C. albicans rispetto a S. cerevisiae. Inoltre, le concentrazioni attive sui ceppi fungini sono innocue sui ceppi probiotici usati generalmente nelle formulazioni commerciali. Infine, lo studio eseguito con gli Id mostra come quelli di Vitis vinifera siano in grado di stimolare maggiormente la produzione di citochine anti-infiammatorie rispetto a quelle pro-infiammatorie. Conclusioni. I nostri dati preliminari, se confermati, potranno essere di grande interesse nel trattamento di patologie quali l’IBS al fine di ripristinare il corretto equilibrio dei ceppi microbici caratterizzanti il microbiota normale. Ulteriori indagini dovranno essere sviluppate affinchè, in futuro, possa essere applicata l’azione antimicrobica degli OE selezionati in associazione con quella immunomodulante degli Id nei trattamenti delle IBS
- Published
- 2017
25. Profumo dei fiori nell'arte pittorica
- Author
-
BELLARDI, MARIA GRAZIA and Bellardi, Maria Grazia
- Subjects
Allegoria, Monet, Klimt, Preraffaellismo, Futurismo, Balla - Abstract
Introduzione. Spesso ci si chiede se sia possibile “dipingere” il profumo dei fiori o l’aroma di una pianta o di un frutto. Non sono molti, infatti, i pittori che veramente sono riusciti in passato o riescono oggi a stimolare il nostro senso olfattivo. Scopo. In un breve viaggio “odoroso” si cercherà di trovare quei dipinti che, con la forza espressiva del disegno e del colore, sono in grado di suscitare un ricordo olfattivo. Si incontreranno pittori della famiglia Brueghel, l’Arcimboldo, poi Monet e Klimt, Preraffaeliti e Futuristi. Sarà quindi un percorso sensoriale nel tempo, tra fiori e paesaggi. Un Viaggio sensoriale. Il viaggio inizia con “Il senso dell’olfatto” di G.Arcimboldo (1526-1593), noto per combinare in modo ironico frutta e ortaggi, ma che qui inserisce unicamente i fiori per creare una figura allegorica che reca la scritta “io sono l’odorare senza gustare”. J.Brueghel il Giovane (1645-1650) dipinse “Allegoria dell’olfatto”. In una scena bucolica, un amorino raccoglie fiori meravigliosamente “veri” (come è tipico dell’arte fiamminga), mentre un altro li dona alla dea Flora. Già suo padre, J.Brueghel il Vecchio (1618-1620) in “Allegoria della vista e dell’olfatto” aveva fatto armoniosamente convivere ben due sensi. Fra gli Autori di Nature Morte, G.Volò (il Vincenzino), esponente del barocco lombardo del XVII-XVIII sec., inserì sempre nelle sue tele gelsomini freschi e setosi, come appena raccolti, disponendoli in primo piano, quali assoluti protagonisti della scena, al fine di suscitare un intenso ricordo olfattivo. Ma pochi pittori nell’intera storia dell’Arte appaiono tanto felicemente guidati dall’istinto come C.Monet (1840-1926): egli si fa interprete della gioia che l’occhio prova nell’indagare le più sottili variazioni di luce e di colore, inebriandosi dello spettacolo “profumato” della Natura, come lui stesso scrisse “La luce diventa pianta e matura in essa nettare e profumo”. I suoi fiori, di consistenza luminosa e vaporosa, sono molto “vicini” a quelli del boemo G.Klimt (1862-1918), la cui pittura è naturalmente estiva, come lo sono i suoi giardini. La verità per Klimt sta nella Natura stessa che è generosa e fiorita, e le belle signore sono un prodotto di questa floridezza, i fiori di un’estate profumata infinita. Anche gesti quotidiani possono stimolare sensazioni olfattive inaspettate. G.F.Harris è un pittore americano contemporaneo che dipinge rose, peonie, lillà, abbinandoli a figure femminili, privilegiando la luminosità ed il cromatismo per sottolineare gesti “profumati” romantici. Queste donne, sensuali ed eleganti, ci riportano ai Preraffaelliti (J.W.Waterhouse, D.G.Rossetti, ecc.), pittori che si opposero all’accademismo vittoriano. Ai Preraffaelliti inglesi, con i loro romantici gesti “odorosi”, in Italia rispondevano nel 1910 i Futuristi con la giocosità, la luce e la genialità di G.Balla. La dialettica tra la sensazione sensibile e l’energia, ossia tra l’olfatto e la forza oscura che lo stimola, è al centro di due suoi dipinti: “Bottiglia di profumo. Espansione di profumo” (1920-1925) e “Espansione di profumo” (1916) dai toni quasi musicali: da una geometria floreale centrale si sprigiona la sensazione olfattiva e le forme curvilinee suggeriscono il carattere volatile dell’effluvio che si dissolve nell’aria.
- Published
- 2017
26. Un acanto malconcio
- Author
-
BELLARDI, MARIA GRAZIA and Bellardi, Maria Grazia
- Subjects
acanto, sintomi, fungo, cercospora - Abstract
Quando si nomina la pianta dell’acanto, si pensa subito allo stile corinzio delle colonne dell’antica Grecia, con le grandi foglie oblunghe, profondamente incise. Per essere precisi, l’acanto del calato del capitello corinzio è Acanthus spinosus, tipico dell’Europa orientale, mentre nel nostro Paese è più nota e diffusa la specie A. mollis. Questa elegante pianta, il cui nome evoca epoche antiche e gloriose, la si riconosce subito per il fogliame arrotondato, sontuoso e lucido, dai margini ondulati, e le alte spighe che compaiono il luglio-agosto, dove rosse o verdastre ampie brattee ricoprono i fiori tubulosi. Dove collocare l’acanto? E’ quell’elemento vegetale che con più facilità si consiglia di utilizzare se si vogliono coprire aree di terreno poco accessibili; pensiamo, ad esempio, al giardino che confina mediante piccoli dislivelli con strade o viali trafficati, per cui le normali cure diventano un vero problema. Se l’ostacolo da superare è proprio quello di una modesta scarpata, in posizione soleggiata e ben illuminata, affidiamoci a pochi esemplari di acanto, da lasciare crescere indisturbati fino a quando infoltiranno. Tutto questo, però, ad una condizione: che il terreno sia profondo, fertile e ben drenato. Una brutta malattia Non sono molte le avversità dell’acanto, specie rustica soprattutto nella varietà “Latifolia”, ma se si verifica un attacco fungino dovuto a Cercospora beticola (responsabile della malattia nota come “cercospora”), la situazione precipita ed il nobile acanto scende di rango. Le foglie si ricoprono di macchie necrotiche che via via infittiscono causando l’ingiallimento ed il disseccamento di tutto il lembo: il quadro finale è un triste susseguirsi di esemplari avvizziti da cui si dipartono poche spighe fiorali malconce. Se non vogliamo che il nostro giardino sia ricordato da chi solitamente vi passa accanto per quei “brutti acanti rinsecchiti”, prestiamo attenzione alla comparsa dei primi sintomi: ripuliamo manualmente le piante colpite da cercospsora (le foglie infette devono essere bruciate); oppure tagliamole al colletto in modo che ricaccino. Se alla base del problema vi è la scarsa illuminazione, interveniamo per sfoltire la vegetazione circostante (magari arbusti divenuti col tempo troppo invadenti) e creiamo un ambiente microclimatico più favorevole all’acanto e meno alla cercospora.
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- 2017
27. 'Pallone di Maggio' dalle foglie decorate
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BELLARDI, MARIA GRAZIA and Bellardi, Maria Grazia
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Viburno, sintomi, AMV - Abstract
Nel vasto mercato florovivaistico possiamo trovare un’infinità di piante dall’elevato valore estetico conferito dalla piacevolezza del fogliame (aralia, ligularia, catalpa, ecc.), dal fascino delle vivaci fioriture (maggiociondolo, ibisco, glicine, ecc.), spesso fragranti (gelsomino, lavanda, lillà, ecc.), dalla gradevolezza dei frutti, a volte anche commestibili (melograno, corbezzolo, melo cotogno, ecc.). Il “Pallone di Maggio” (Viburnum opulus) sembra racchiudere in sé queste qualità. Valido per ogni esigenza,… Può essere facilmente collocato in giardino per regalare macchie di colore in autunno, quando le grandi foglie, simili a quelle dell’acero campestre, virano alle tonalità rosso-marrone. I fiori bianco-crema formano infiorescenze ombrelliformi planari, anche se le varietà oggi disponibili sono di un bianco candido, da cui il nome “Palla di neve”. I frutti (drupe), piccole bacche lucide, rosse come il corallo, restano a lungo sulla pianta, dato che gli uccelli non se ne cibano. La disposizione di questo viburno in giardino può essere in file, a costituire siepi di sfondo, o come esemplare isolato capace di raggiungere un’altezza di ben 4 metri. con poche malattie,... Inoltre, è un’essenza assai rustica, che sopporta l’aria inquinata delle città e cresce senza problemi anche a temperature molto basse (fino a -30°C), in qualsiasi terreno abbastanza fertile, da acido a subalcalino, da compatto a poroso, oppure limoso. Tanto è vero che in campo vivaistico V. opulus è il portainnesto di specie o varietà di viburno di minor vigoria o meno tolleranti i suoli calcarei. Se la posizione non è però soleggiata o molto luminosa, tende a “filare”, formando rami esili e deboli, oltre che poco fioriferi. …………tranne una A parte Coleosporium viburni, che causa la “ruggine polverulenta” sulla pagina inferiore delle foglie, un suo particolare parassita è il virus AMV (Alfalfa mosaic virus) segnalato per la prima volta su questo viburno in Italia nel 1994 (in Europa nel 1971). A dire il vero, non si tratta di un “ospite” pericoloso, dato che la malattia coinvolge le foglie, mentre fioritura non viene pregiudicata. I sintomi sono facilmente riconoscibili: un’intensa clorosi delle nervature, una maculatura (“mosiaco”) seguita da anulature, lineature ed arabeschi anche di notevoli dimensioni. Sembra quasi di avere in giardino una “nuova” varietà, ma ricordiamo che si tratta pur sempre di un’infezione virale e che AMV è facilmente trasmesso dagli afidi in fase di alimentazione, per cui il consiglio del Virologo è quello di sostituire la pianta.
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- 2017
28. L’ORIGANO: SE SANO, FA MEGLIO ALLA SALUTE
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BELLARDI, MARIA GRAZIA and Bellardi, Maria Grazia
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Origano, principi attivi, malattie - Abstract
Aggiungere un “aroma”, ovvero una spezia, ad una pietanza è un gesto quotidiano che fa parte della storia culinaria dell’umanità: ne esalta il gusto, seducendo al tempo stesso con quel “profumino” che ne preannuncia il sapore. Ma le spezie, o meglio le piante aromatiche, servono a tanto, tanto altro. Prediamo ad esempio l’origano che, sparso sul cibo, una pizza o una pietanza, aiuta nelle patologie dovute a cattiva digestione (meteorismo, emicrania, ecc.) e con cui, in maniera del tutto intuitiva, il leggendario gastronomo Marco Gavio Apicio, famoso nella storia gastronomica dell’antica Roma per i memorabili pranzi che imbandiva, creò una salsa specifica per condire il cervo, prima lessato e poi arrostito. Aveva forse a cuore la digestione dei commensali? Ben più tardi, nel 1700, Niccolò Lamery, chimico dell’Accademia Reale francese delle Scienze, parlava dell’origano come “pianta cefalica, stomacale, carminativa”, avendo scoperto che aumentava la secrezione dei succhi gastrici. Una pianta preziosa…. Oggi sappiamo che le proprietà benefiche di questa pianta sono anche antimicrobiche, tanto è vero che persino ai polli si somministrano estratti a base di olio essenziale di origano in alimenti e bevande per la cura da infezioni da Pasteurella multocida, agente eziologico della cosiddetta Pasteurellosi. ….ma attenzione: la pianta deve essere sana Ben venga quindi arricchire il nostro piccolo orto di aromatiche con qualche esemplare di origano, oppure mettiamone una piantina nel giardino roccioso, dove si espande facilmente e rapidamente, o semplicemente in vaso sul balcone. Un consiglio prezioso è quello di comprare esemplari sani, dall’aspetto vigoroso e senza malattie infettive, soprattutto quelle dovute a funghi e a virus. E’ ormai noto come questi agenti patogeni siano in grado di modificare il metabolismo secondario di tante specie aromatiche, dalla lavanda all’echinacea rossa, dall’issopo anisato, al basilico e al timo, influendo sulla produzione dei principi attivi, quindi sull’aroma e sulle proprietà degli oli essenziali. L’origano è molto ricco di fenoli, soprattutto timolo e carvacloro, entrambi antisettici, di cui si studiano le importanti proprietà antitumorali, ma la loro presenza varia in funzione dello stato sanitario della pianta. Evitiamo quindi di adoperare l’origano le cui foglie hanno necrosi, macchie gialle o biancastre, ossia con quei sintomi di origine fungina o virale che non solo ne modificano l’aspetto estetico, ma informano che le capacità aromatiche ed i benefici effetti sulla nostra salute non sono più quelli sperati.
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- 2017
29. Activity of essential oils and hydrolates on both microbial strains isolated from patients with IBS and probiotics. In vitro study
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DI VITO, MAURA, BELLARDI, MARIA GRAZIA, MODESTO, MONICA MARIANNA, MATTARELLI, PAOLA, Sanguinetti, Maurizio, Palucci, Ivana, Togni, Heide De, Bugli, Francesca, Di Vito, Maura, Bellardi, Maria Grazia, Sanguinetti, Maurizio, Palucci, Ivana, Modesto, Monica, Togni, Heide De, Bugli, Francesca, and Mattarelli, Paola
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IBS, gut microbiota, essential oil, candida, yeasts - Abstract
The Irritable Bowel Syndrome (IBS) is a gastrointestinal disorder associated with abdominal pain, change in bowel habitat, recurrent/remitting behaviour. Like IBD, this syndrome is associated with: altered gut-brain axis, abnormal microbiota and persistent alteration of the immune system. Recent studies show that patients with IBD have a microbiota different from that of healthy subjects with the greater presence of some microbial species rather than others. In particular, Sokol et al (2016) showed that in patients with IBD some fungal species (Ascomycetes, especially Saccharomyces cerevisiae) decrease in percentage compared to healthy subjects, while others increase (Basidiomycetes, particularly Mallasezia sympodialis). Furthermore, in the sick subjects, the species of genus Candida increase in as a percentage even if they do not cause infectious diseases. Our preliminary data show that faecal samples from patients with IBS are characterized by fungal strains belonging to the genus Candida. These are more active than the same strains found in healthy subjects, while not causing infectious diseases.
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- 2017
30. I 'diavoletti' soffrono il freddo
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BELLARDI, MARIA GRAZIA and Bellardi, Maria Grazia
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peperoncini, danni da freddo - Abstract
Uno degli aromi preferiti nel nostro Meridione è il “diavoletto” (diavulillu in Molise, diavulicchiu in Lucania, ecc.); lo aveva battezzato con questo scherzoso nome lo stesso D’Annunzio “rossardente diavoletto folle”. Facile capire che ci stiano riferendo al peperoncino, arrivato in Europa nel 1514 dal Messico dov’era coltivato fin dai tempi precolombiani. Forse pochi sanno che fu lo stesso Cristoforo Colombo a scoprirlo. Sul diario di bordo del 22 dicembre 1492 si legge “….gli indigeni portano sementi che sono buone spezie…ne gettano un grano in una scodella d’acqua e la bevono….dicendo che è cosa molto salutare”. L’uso del peperoncino in cucina è senz’altro vasto, ma la pianta è interessante anche dal punto di vista ornamentale. I suoi frutti, allungati a cornetto, oppure ovoidali e rotondeggianti, di colore rosso, giallo, arancio, violaceo, verde o bianco, rallegrano a lungo balconi e giardini e, una volta recisi, gli ambienti domestici. A Natale, ad esempio, un mazzetto di “diavoletti” rossi può benissimo essere usato al posto del pungitopo per decorare i pacchetti di doni e la tavola imbandita: nonostante il nome, forse poco in tema con il periodo, è comunque di buon augurio per i suoi pregi gastronomici e salutari. Come procurarcelo? Ricorriamo a Capsicum frutescens “Friesedorfer” i cui “diavoletti” rossi e gialli possono essere recisi in autunno, dopo la caduta delle foglie, ed utilizzati anche a dicembre. in Liguria sono commercializzate le “Peperette”: rami robusti ed allungati, a volte defogliati, carichi di bacche. che ben si prestano a composizioni fresche o secche, fra cui anche bouquet per cerimonie. Mai al freddo Dove si coltivano i peperoncini? Appartengono alle solanacee, le “piante del sole”, per cui i “diavoletti”, neanche a dirlo, amano il caldo. Niente di più salutare, per le varietà che maturano in ottobre-novenbre, che piantarli in piena terra, e lasciarli crogiolare alle alte temperature estive. E se abitiamo in aree più fredde? Allora ricorriamo al vaso, senza dimenticare, di porlo in ambiente riparato in ottobre. Se questa semplice regola non è rispettata, la pianta inizia ad ingiallire, i “diavoletti” raggrinziscono assumendo un’insolita colorazione bluastra e consistenza molliccia, indice di marcescenza. Le foglie diventano piccole e la crescita è decisamente stentata. Peccato che una pianta tanto preziosa, descritta da Castore Durante nel ‘500 come colei che “conforta corroborando i membri principali”. debba soffrire il freddo.
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- 2017
31. TRASMISSIONE PER SEME DI LRSV IN MENTHA PIPERITA
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BELLARDI, MARIA GRAZIA, CAVICCHI, LISA, Facchini, Enrico, Parrella, Giuseppe, Bellardi, MARIA GRAZIA, Facchini, Enrico, Cavicchi, Lisa, and Parrella, Giuseppe
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menta piperita, seme, LRSV - Abstract
In un recente articolo ci siamo occupati di una nuova virosi su menta piperita (Mentha piperita L.) (Lamiaceae), una delle piante aromatiche più coltivate e note ovunque nel mondo per i suoi molteplici utilizzi. La malattia, consistente in un vistoso “mosaico giallo-oro” sulle foglie (con successiva necrosi del lembo), è stata individuata per la prima volta nel 2012, nel corso di un monitoraggio eseguito in aziende della Piana di Albenga (Savona); e poi ancora, nella stessa area, nel 2013. Le indagini virologiche, conclusesi nel 2016, hanno portato all’identificazione per la prima volta in questa lamiacea di un Hordeivirus: LRSV (Lychnis ringspot virus, virus della maculatura anulare del licnide), costituito da particelle rigide, a “bastoncello”, di cui non sono noti i vettori naturali, la cui diffusione in natura avviene per contatto (tra individui infetti e sani) e per seme (e/o polline). Scopo della Ricerca - LRSV era già stato individuato nel 1972 in M. longifolia in Ungheria (isolato virale indicato come “mentha strain”: “ceppo menta”) (LRSV-M) Data la gravità della malattia riscontrata in Liguria ed il suo ripetersi nel tempo, e considerando che LRSV è stato individuato in Lychins in California (USA) all’interno di semi (d’importazione europea), si è ipotizzato che all’origine delle infezioni verificatesi ad Albenga potrebbe esserci proprio l’utilizzo di seme già infetto (raccolto, ad esempio, da piante-madri i cui fiori sono stati fecondati da polline contenente il virus). Si è quindi è deciso di verificare questa supposizione. Prova sperimentale - Nel 2015, alcune piante di menta sintomatiche (infette da LRSV), provenienti da Albenga, sono state trapiantate all’aperto (nella zona di Portici, Napoli) e monitorate fino alla fioritura. (Da notare che, nello stesso anno, accanto ad esse, sono nati dal seme caduto nel terreno, alcuni nuovi esemplari che evidenziavano sulle foglie “mosaico giallo-oro”). Si è quindi proceduto (sempre nel 2015) con la raccolta, dalle piante originali, del seme che è stato inviato al Plesso Serricolo Scarabelli (Università di Bologna) per verificarne, nel 2016, lo stato sanitario. Esecuzione della prova La prima fase della sperimentazione (marzo) è consistita nell’organizzare i materiali per la semina. Sono state predisposte 8 seminiere composte ciascuna da 8 settori con 12 alveoli l'uno. Germinabilità. La prima conta delle piantine nate, eseguita dopo circa 2 mesi e mezzo (maggio) dall’inizio della sperimentazione, ha fornito i seguenti risultati: “Albenga” = 192/1000 (19,2%), “Prima ditta” = 78/192 (40,6%), “Seconda ditta” = 110/192 (57,3%). Con la seconda conta si è ottenuto il seguente risultato: “Albenga” = 203/1000 (20,3%), “Prima ditta” = 78/192 (40,6%), “Seconda ditta” = 110/192 (57,3%). La terza ed ultima conta (giugno) ha confermato i dati raccolti in quella precedente. Diagnosi. Le inoculazioni meccaniche eseguite con tutte le piantine di menta sintomatiche “A” e “Pd” hanno permesso di osservare sintomi locali e sistemici sulle solanacee (mosaico clorotico su tabacco). Le analisi RT-PCR utilizzando "primers" specifici per LRSV hanno dato esito positivo. Le prove di trasmissione meccanica dalle piantine asintomatiche hanno dato esito negativo.
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- 2017
32. Applicazioni di olio essenziale e idrolato di Monarda citriodora
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BELLARDI, MARIA GRAZIA, MATTARELLI, PAOLA, MODESTO, MONICA MARIANNA, BARBANTI, LORENZO, DI VITO, MAURA, Michelozzi, Marco, Cencetti, Gabriele, Girolamo, Antonietta, Mondello, Francesca, Sclocchi, Maria Carla, Bellardi, Maria Grazia, Mattarelli, Paola, Monica Modesto, Barbanti, Lorenzo, Michelozzi, Marco, Cencetti, Gabriele, Girolamo, Antonietta, Mondello, Francesca, Sclocchi, Maria Carla, and Di Vito, Maura
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Monarda citriodora, olio essenziale, idrolato, attività antimicrobica - Abstract
Oltre ad essere una gradevole pianta ornamentale capace di donare ben tre vivaci fioriture in un anno, questa monarda dal profumo agrumato è ricca di un olio essenziale dalle notevoli potenzialità come antimicrobico; inoltre, il suo idrolato potrebbe trovare impiego nel restauro e conservazione dei libri antichi. E' stato allestito un impianto di monarda cedrina: E' stata effettuata la distillazione in corrente di vapore ottenendo sia olio essenziale che idrolato: entrambi sono stati saggiati in laboratorio per verificarne l'attività antimicrobica. L’attività antimicrobica degli oli essenziali di M. citriodora è risultata molto elevata e, in base a quanto riportato in Letteratura, completamente sovrapponibile a quella dell’olio essenziale di Melaleuca alternifolia (tea tree oil-TTO), ritenuto uno fra gli oli essenziali di maggiore attività antimicrobica. I risultati ottenuti permettono di affermare che gli oli essenziali esaminati potrebbero avere importanti applicazioni come antifungini e antibatterici in diversi campi sia medico, sia alimentare, sia in campo ambientale. Inoltre, le analisi comparative quali-quantitative fra due diverse fioriture confermano ancora una volta come la fase fenologica di una pianta influenzi la resa in olio essenziale ed il suo fitocomplesso. La conoscenza di queste modifiche legate alla crescita della pianta agevola indubbiamente un utilizzo “mirato” degli oli essenziali (e degli idrolati). Nel caso proposto, ad esempio, quello ottenuto dalla prima fioritura (più ricco in timolo e carvacrolo) è apparso maggiormente efficace nei confronti delle specie di Candida testate rispetto a quello dalla seconda fioritura (più ricco in γ-terpinene e p-cymene). Con queste ricerche si valorizza anche l’idrolato, prodotto generalmente considerato come scarto nella filiera di produzione degli oli essenziali che, alla luce dei dati ottenuti, non deve essere considerato tale. Grazie infatti alla sua natura idrofila che lo rende più versatile dal punto di vista delle formulazioni ad uso umano e grazie ad una serie di applicazioni innovative ed alternative (come quella potenziale nel settore dei Beni Culturali), la sua valorizzazione può diversificare il gettito dei piccoli produttori, trasformando in valore aggiunto quello che attualmente è un peso produttivo. Lo studio delle proprietà di oli essenziali estratti da piante aromatiche che, come in questo caso, sono meno note all’uso tradizionale, è una grande risorsa per individuare nuovi composti potenzialmente utili nella continua lotta dell’uomo verso le antibiotico-resistenze. Quanto detto permette di inquadrare questa specie di Monarda non soltanto come una bella pianta da giardino, ma anche come un’aromatica dalle mille potenzialità che merita maggiori approfondimenti da parte della Ricerca scientifica.
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- 2017
33. Produzione di olio essenziale di Monatrda spp per ricerche multidisciplinari
- Author
-
BELLARDI, MARIA GRAZIA, GV Edizioni, SIROE, and Bellardi, Maria Grazia
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Monarda spp., Candida, nematodi galligeni, insetti utili, batteriologia - Abstract
Introduzione. Nel 2011 è stato avviato ad Imola, sede distaccata dell’Università di Bologna, un Progetto di ricerca riguardante due specie di Monarda (M. fistulosa e M. didyma; Lamiaceae), al quale hanno partecipato esperti e ricercatori anche di altri Atenei e Centri di Ricerca italiani, così come studenti universitari (tesisti e tirocinanti) e dell’ITAS Scarabelli-Ghini (di Imola), presso i cui campi sperimentali sono state allestite le coltivazioni. Scopi. La Monarda, originaria del Nord America, comprende specie ornamentali, orticole (usate in ambito culinario) e medicinali (proprietà antisettiche, digestive, antispasmoiche, ecc.). Gli oli essenziali (OE) di M. fistulosa e M. didyma sono stati analizzati ed utilizzati in ricerche sperimentali a carattere multidisciplinare (Microbiologia, Patologia Vegetale, Nematologia, Entomologia) con lo scopo di valutarne le potenzialità. Materiali e Metodi. Ad una prima sperimentazione (biennio 2012-2013) ne è seguita una seconda (triennio 2013-2104-2015) con lo scopo di valutare gli aspetti agronomico-culturali (concimazione, sesto d’impianto, diserbo, stato fitosanitario, epoca di raccolta). Gli OE ottenuti dalle due specie sia al primo anno (assenza di fioritura), che al secondo e terzo anno (con fioritura) d’impianto, sono stati singolarmente analizzati in GC-MS per poi verificarne in vitro l’attività antimicrobica vs specie del genere Candida. Sono state inoltre eseguite sperimentazioni: in serra, su Actinidia deliciosa “Tomouri” effettuando trattamenti fogliari con OE di M. didyma per bloccare la crescita di un ceppo virulento del batterio Psa (Pseudomonas syringae), agente del cancro batterico; in laboratorio, con OE di M. fistulosa e M. didyma per valutarne il potenziale nematocida sul nematode galligeno Meloidogyne incognita, nonché gli effetti secondari sugli adulti di Exorista larvarum, un dittero parassitoide utile in agricoltura. Risultati. Le rese maggiori (in %) di OE si sono ottenute da piante fiorite in entrambe le specie. Differenze sensibili hanno riguardato soprattutto il timolo, più abbondante in M. didyma (64.32-63.73%) rispetto a M. fistulosa (31.59-33.82%). L’attività antimicrobica è risultata elevata per entrambe le specie di Monarda; esiti incoraggianti si sono ottenuti nelle prove in planta contro Psa e, in vitro, contro i nematodi (già dopo sole 4 ore di esposizione alla concentrazione di 3.12, la mortalità larvale era pari al 36% per l’OE di M. fistulosa e del 29% per quello di M. didyma). Gli OE diluiti, somministrati agli adulti del dittero su zollette di zucchero, non hanno avuto effetti negativi sulla capacità di localizzare l’ospite da parte delle femmine, sul numero di uova da loro deposte e sul numero di pupari ottenuti dalle uova. Conclusioni. Queste ricerche dimostrano come una pianta, in questa caso la Monarda, possa costituire il “fulcro” di sperimentazioni frutto di collaborazioni di studiosi dalle competenze scientifiche diverse. I risultati conseguiti suggeriscono l’opportunità di proseguire nelle ricerche, coinvolgendo ulteriori settori disciplinari: alcune sperimentazioni, ad esempio nell’ambito artistico-culturale ed in medicina umana, sono già state avviate.
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- 2017
34. Lachenalia irriconoscibili
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BELLARDI, MARIA GRAZIA and Bellardi, Maria Grazia
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Lachenalia, fitoplasmi - Abstract
Una malattia che si è presentata del tutto nuova ed inaspettata è quella che ha colpito nell’inverno del 2016 un impianto di L. aloides della Liguria (Albenga) e che ha interessato oltre il 90% dell’impianto. Il produttore è rimasto stupefatto nel vedere che sulle foglie, contorte e spiralate, si manifestavano striature e anulature necrotiche e che, al momento della fioritura, i racemi erano completamente trasformati: assi fiorali ingrossati da cui si dipartivano piccoli fiori malformati, rossicci o verdi; solo su alcuni di essi erano ancora visibili i fiori bicolori giallo e rossi “normali”. Una fitoplasmosi E’ triste dovere comunicare al produttore di una qualsiasi specie ornamentale che ha messo a dimora materiale vegetale di propagazione (in questo caso bulbi di Lachenalia) già infetti da un agente patogeno contro cui non si può fare nulla. Data l’elevata percentuale di piante sintomatiche e l’assenza nella serra di cicadellidi (vettori naturali di fitoplasmi) è infatti plausibile ipotizzare che l’origine della malattia sia a monte. Il ruolo del fitopatologo è questo: effettuare la diagnosi visiva e, sulla base della tipologia di alterazioni (di forma e di colore) della pianta, provvedere alle analisi specifiche di laboratorio per individuarne la causa. L’unica raccomandazione per chi produce piante ornamentali è quello di pretendere materiale di propagazione qualificato dal punto di vista sanitario. Nel caso quindi, malauguratamente, chi acquista una Lachenalia si accorga che la crescita della pianta è anomala, anzi mostruosa, sappia che ha acquistato dei bulbi già infetti da pericolosi agenti infettivi e che purtroppo non c’è rimedio.
- Published
- 2017
35. Chromatographic (GC-MS, HPLC) and virological evaluations of Salvia sclarea infected by BBWV-I
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Hudaib, Mohammad, Bellardi, Maria Grazia, Rubies-Autonell, Concepcion, Fiori, Jessica, and Cavrini, Vanni
- Published
- 2001
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36. Idrolati e Gellano: una sinergia eco-innovativa per la disinfezione della carta
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Di Vito, Maura, Colaizzi P., D. Ruggiero, S. Sotgiu, S. Jannuccelli, F. Mondello, M. C. Sclocchi, BELLARDI, MARIA GRAZIA, Di Vito, Maura, Bellardi, Maria Grazia, Colaizzi P., D.Ruggiero, S.Sotgiu, S.Jannuccelli, F.Mondello, and M.C.Sclocchi
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Restauro dei beni archivistici librari, Cuoio, Adesivo, olio essenziale - Abstract
Introduzione: Questo lavoro nasce dall’intervento conservativo effettuato sul manoscritto membranaceo Summa de casibus conscientiae di Bartolomeo da San Concordio (XV sec.) appartenente alla Biblioteca Nazionale dei Lincei e Corsiniana. Il restauro ha previsto un consolidamento di tutti gli elementi strutturali del manufatto e particolarmente il recupero e di consolidamento della cerniera della coperta in cuoio. Sono state quindi effettuate delle apposite simulazioni di innesto con cuoi simili all’originale, accoppiati con due diversi tipi di nuovo supporto: uno in pelle allumata ed uno in cuoio conciato al vegetale, realizzando dei sistemi giunti: cuoio antico + adesivo + cuoio nuovo. L'adesione è stata ottenuta con amido di mais modificato, gelatina animale e una minima percentuale di olio essenziale di Illicium verum (IOE) per ridurre la nota biodegradabilità degli adesivi. I sistemi giunti sono stati valutati sia per gli aspetti microbiologici che per quelli più strettamente legati al restauro. Scopo: Sono stati analizzati e messi a confronto due adesivi di origine naturale: la gelatina animale e l’amido, scelti per l’aspetto storico-codicologico e conservativo, addizionati di IOE al fine di preservare questa tipologia di adesivi altrimenti fortemente soggetti ad attacchi biologici. Lo studio, dunque, mira ad individuare l’idoneità, la compatibilità, la stabilità a lungo termine, nonché la resistenza biologica e la reversibilità degli adesivi trattati all’interno del sistema giunto. Materiali e metodi: Per il grado di purezza elevato sono stati scelti la gelatina tipo BG 9382 (Sigma) e l’amido di mais idrossipropilato tipo c* film 05702. Per verificare l’efficacia del preservante IOE (Alta® Natura) e quindi la sua applicabilità, è stato preparato un campione per ciascun adesivo con e senza IOE, per un totale di 4 adesivi: amido, amido con IOE, gelatina e gelatina con IOE. L’aggiunta dell’olio essenziale è pari allo 0,15 % del totale ed è stato inserito a preparato fresco. Questa percentuale è molto al disotto dei livelli di tossicità descritti dalla European Medicines Agency (EMA). Si è proceduto alla simulazione dell’intervento con la preparazione di due tipologie di sistema giunto, uno di forma “quadrata” (5 cm x 5 cm), su cui si è verificato il comportamento dell’adesione, osservando la sezione, la rigidità, l’umidità e la variazione colorimetrica delle superfici antico-nuovo ed infine la temperatura di contrazione ed il pH, tramite prelievo di alcune fibre. Il secondo a “doppia T”, forma dei provini di trazione (norma I.U.P./6), preparato sovrapponendo e incollando i due tipi di cuoio (antico-nuovo) soltanto per un’estremità, al fine di testare la resistenza alla trazione del sistema. Mentre l’aspetto microbiologico è stato valutato esponendo i 4 adesivi ad ambienti e temperature prestabilite per monitorare la crescita biologica. Risultati: I campioni trattati con IOE per tutta la durata dei test, in condizioni normali di lavorazione in laboratorio di restauro, non hanno registrato modifiche fisiche e colorimetriche. In particolare l’adesivo amido e IOE, oltre a non manifestare sviluppo visibile di biodeteriogeni, si presta molto bene alle sollecitazioni fisiche aumentando oltretutto anche la temperatura di contrazione dei supporti in cuoio congiunti. Diversamente, i campioni non trattati hanno mostrato un rapido biodeterioramento ad opera di microrganismi comuni dell’aria. Conclusioni: Questa prima sperimentazione sull’utilizzo dell’IOE applicato al cuoio di una coperta di un codice medievale, apre sicuramente una nuova strada nel campo del restauro conservativo che merita di essere percorsa ed approfondita e applicata ai vari supporti. Non bisogna, infatti, dimenticare l’aspetto polimaterico di un bene librario ed archivistico nell’applicazione di ogni sostanza utilizzata sia nel campo della conservazione che del restauro.
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- 2016
37. Quelle grosse branche rinsecchite
- Author
-
BELLARDI, MARIA GRAZIA and Bellardi, Maria Grazia
- Subjects
Alberi, funghi, cancri, nectria,carie alberi, malattie delle piante - Abstract
Quando un albero si ammala è sempre un dispiacere. Vedere un melo, un faggio o un gelso, che sia o no nel nostro giardino poco importa, con branche ormai rinsecchite e prive di foglie è una stretta al cuore. Ci chiediamo cosa sia capitato e per avere una risposta ci si rivolge al fitopatologo il cui primo consiglio è quello di osservare attentamente la pianta i cui sintomi aiutano nella formulazione della diagnosi. Cosa osservare? Nel caso di branche rinsecchite, innanzitutto la corteccia: spesso, infatti, nel caso di malattie fungine, accanto a gemme o ferite, compaiono delle piccole aree depresse di colore più scuro; qui la corteccia si squama formando dei “cancri” ad anelli concentrici. Se i cancri sono molto estesi finiscono col limitare il flusso di acqua e sostanze nutritive per cui ecco spiegato il deperimento di una grossa branca. La colonizzazione da parte del patogeno dell’intera circonferenza del ramo determina prima la riduzione e poi il blocco della funzionalità vascolare e, conseguentemente, sintomi aspecifici (a monte del cancro) come l’ingiallimento e il successivo disseccamento delle foglie, le quali spesso permangono comunque a lungo sulla piante, rendendo più facile la localizzazione del cancro anche nel periodo vegetativo. Chi è il responsabile? L’ipotesi più plausibile è Nectria spp. (ne esistono diverse specie) che, abitualmente, colpisce i rami: la penetrazione necessita sempre della presenza di una ferita (lesioni lasciate dai piccioli fogliari, danni da insetti, grandine, gelo, potatura, ecc). La sua colonizzazione porta alla necrosi dei tessuti contigui che gradualmente imbruniscono, si fessurano dando origine ad un cancro aperto che si sviluppa lentamente negli anni. Cosa fare? Potare i rami colpiti dall’infezione, e nel caso di rami grossi, eliminare la parte infetta; per ridurre il potenziale di inoculo del patogeno. Evitare le cultivar sensibili come i meli ‘Cox’s Orange Pippin’, ‘Worcester Pearmain’ e ‘James Grieve’. Nel verde urbano singole piante isolate possono essere trattate durante il riposo vegetativo con prodotti rameici il cui impiego sull’ospite deve comunque essere autorizzato e riportato in etichetta (ulteriori informazioni si hanno presso i Servizi Fitosanitari); in un bosco, considerando che solo raramente i soggetti malati superano il 10% in un popolamento, il miglior metodo di controllo consiste in oculati interventi gestionali, finalizzati all’abbattimento delle piante colpite e all’eliminazione delle parti infette.
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- 2016
38. Stevia: nuovo ospite di TSWV in Italia
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BELLARDI, MARIA GRAZIA, CAVICCHI, LISA, Parrella, Giuseppe, Troiano, Elisa, Bozzano, Giorgio, Bellardi, Maria Grazia, Cavicchi, Lisa, Parrella, Giuseppe, Troiano, Elisa, and Bozzano, Giorgio
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Stevia, TSWV, Liguria - Abstract
La stevia (Stevia rebaudiana Bertoni) è una pianta erbacea perenne appartenente alla famiglia delle Asteraceae, nativa del Paraguay. E’ diventata famosa in tutto il mondo da quando, all’inizio degli anni ’70, in Giappone, si capì che poteva costituire non solo una fonte economicamente importante di zucchero (ne contiene il 30% in più rispetto alla canna da zucchero), ma anche di quella tipologia “poco calorica” quindi capace di sostituire i comuni dolcificanti di sintesi (saccarina, aspartame, ecc.) ed essere preziosa per le persone affette da diabete o con problemi di sovrappeso. Attualmente, i maggiori produttori mondiali di stevia sono: Giappone, Cina, Taiwan, Tailandia e Corea. Non a caso, in Liguria, nella Piana di Albenga, i produttori di aromatiche hanno inserito la stevia nella loro già vasta offerta, in modo da accontentare quei consumatori desiderosi di inserire una pianta famosa e “dietetica” in giardino. - Malattie. Dal punto di vista fitosanitario, occorre innanzitutto prevenire le malattie fungine più comuni (marciumi radicali, avvizzimenti, maculature fogliari, muffa grigia, ecc.), e quelle maggiormente specifiche di questa asteracea, come Septoria steviae e Sclerotinia rolfsii, segnalate in USA, India ed anche in Italia (Kamalakannan et al. 2007; Koehler and Shew 2014; Carrieri et al. 2015). Per quanto riguarda le malattie ad eziologia virale, fortunatamente i casi a livello mondiale sono pochi: CMV (virus del mosaico del cetriolo) individuato nel 2016 in Spagna in piante di taglia ridotta e con mosaico fogliare; TSWV (virus dell’ avvizzimento maculato del pomodoro) riscontrato in USA nel 2014 e in Grecia nel 2006 Per quanto riguarda le infezioni ad eziologia virale in Italia, nel 2011, durante sopralluoghi eseguiti nella serra del Giardino delle Erbe di Casola Valsenio (Ravenna) furono individuate alcune piante cresciute in vaso, caratterizzate da un vistoso mosaico clorotico sulle foglie. Ipotizzando la presenza di CMV (trasmesso in natura da afidi) e data la stretta vicinanza con individui ancora asintomatici (anche di altre specie) che avrebbero potuto contrarre l’infezione, si decise di eliminare tempestivamente le stevie con mosaico e non fu quindi possibile identificare il virus coinvolto (M.G.Bellardi, dati personali non pubblicati). Nel 2016, presso un coltivatore di aromatiche della Piana di Albenga sono state individuate stevie in vaso caratterizzate da una sintomatologia molto grave e che ha fatto immediatamente ipotizzare la presenza di un Tospovirus. TSWV su stevia La malattia è stata osservata in un’azienda che aveva acquistato circa 20.000 talee da un rivenditore belga e 3.000 da uno locale. I sintomi sono comparsi nel mese di giugno, 15-20 giorni dopo il trapianto, esclusivamente sulle piante ottenute da talee locali con una percentuale d’infezione di circa il 40%. il virus coinvolto era un isolato di TSWV. A seguito delle inoculazioni meccaniche, il virus è stato trasmesso a diverse solanacee (melanzana, tabacco, peperone, ecc.) ed anche a stevia sana ottenendo, dopo circa una settimana, la medesima sintomatologia osservata ad Albenga. Si tratta della prima segnalazione di un virus su stevia in Italia e, purtroppo, la specie virale coinvolta è TSWV.
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- 2016
39. PHYTOPLASMA DISEASES OF MEDICINAL AND AROMATIC PLANTS
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Marcone, Carmine, Bellardi, Maria Grazia, Bertaccini, Assunta, Marcone, Carmine, Bellardi, Maria Grazia, and Bertaccini, Assunta
- Subjects
16Sr group/subgroups ,yellows diseases ,'Phytoplasma’ species, 16Sr group/subgroups, phytochemicals, secondary metabolites, symptomatology, yellows diseases ,secondary metabolites ,symptomatology ,'Phytoplasma’ species ,phytochemicals ,‘Candidatus Phytoplasma’ species, 16Sr group/subgroups, phytochemicals, secondary metabolites,symptomatology, yellows diseases - Abstract
Medicinal and aromatic plants include a broad array of wild and cultivated plants which contain many biologically- active compounds, known as phytochemicals, that are of great interest for their ability to promote human and animal health. The present review provides a literature overview of phytoplasma diseases affecting medicinal and aromatic plants, with an emphasis on phytoplasma taxa associated. An overview of studies that examined the effect of phytoplasma infections on phytochemical content and other secondary metabolites of affected plants is also included. Phytoplasma diseases of medicinal and aromatic plants occur worldwide; however, the majority of reports are from Europe and southeastern Asian countries. These diseases affect plant species belonging to over 70 families, mostly to Apiaceae and Asteraceae. They differ considerably in geographic distribution and size of the various taxonomic groups and subgroups of the associated phytoplasmas. Subgroup 16SrI-B phytoplasmas are the prevalent agents occurring mainly in Europe, North America and Asia. Phytoplasma presence induces changes in the amount and composition of secondary metabolites in diseased plants in which, however, the concentrations of valuable phytochemicals are greatly affected. An exception is represented by phytoplasma diseases of periwinkle in which an accumulation of pharmaceutically important compounds occurs upon phytoplasma infections. Prospects for future research are presented and critically discussed.
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40. Profumi e aromi di fiori e piante nell’Arte pittorica
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BELLARDI, MARIA GRAZIA and Bellardi, Maria Grazia
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Odori, Profumi, Pittura, Monet, Klimnt, Balla, Arcimboldo - Abstract
Introduzione. Spesso ci si chiede se sia possibile “dipingere” il profumo dei fiori o l’aroma di una pianta o di un frutto. Non sono molti, infatti, i pittori che veramente sono riusciti in passato o riescono oggi a stimolare il nostro senso olfattivo. Scopo. In un breve viaggio “odoroso” si cercherà di trovare quei dipinti che, con la forza espressiva del disegno e del colore, sono in grado di suscitare un ricordo olfattivo. Si incontreranno pittori della famiglia Brueghel, l’Arcimboldo, poi Monet e Klimt, Preraffaeliti e Futuristi. Sarà quindi un percorso sensoriale nel tempo, tra fiori e paesaggi. Un Viaggio sensoriale. Il viaggio inizia con “Il senso dell’olfatto” di G.Arcimboldo (1526-1593), noto per combinare in modo ironico frutta e ortaggi, ma che qui inserisce unicamente i fiori per creare una figura allegorica che reca la scritta “io sono l’odorare senza gustare”. J.Brueghel il Giovane (1645-1650) dipinse “Allegoria dell’olfatto”. In una scena bucolica, un amorino raccoglie fiori meravigliosamente “veri” (come è tipico dell’arte fiamminga), mentre un altro li dona alla dea Flora. Già suo padre, J.Brueghel il Vecchio (1618-1620) in “Allegoria della vista e dell’olfatto” aveva fatto armoniosamente convivere ben due sensi. Fra gli Autori di Nature Morte, G.Volò (il Vincenzino), esponente del barocco lombardo del XVII-XVIII sec., inserì sempre nelle sue tele gelsomini freschi e setosi, come appena raccolti, disponendoli in primo piano, quali assoluti protagonisti della scena, al fine di suscitare un intenso ricordo olfattivo. Ma pochi pittori nell’intera storia dell’Arte appaiono tanto felicemente guidati dall’istinto come C.Monet (1840-1926): egli si fa interprete della gioia che l’occhio prova nell’indagare le più sottili variazioni di luce e di colore, inebriandosi dello spettacolo “profumato” della Natura, come lui stesso scrisse “La luce diventa pianta e matura in essa nettare e profumo”. I suoi fiori, di consistenza luminosa e vaporosa, sono molto “vicini” a quelli del boemo G.Klimt (1862-1918), la cui pittura è naturalmente estiva, come lo sono i suoi giardini. La verità per Klimt sta nella Natura stessa che è generosa e fiorita, e le belle signore sono un prodotto di questa floridezza, i fiori di un’estate profumata infinita. Anche gesti quotidiani possono stimolare sensazioni olfattive inaspettate. G.F.Harris è un pittore americano contemporaneo che dipinge rose, peonie, lillà, abbinandoli a figure femminili, privilegiando la luminosità ed il cromatismo per sottolineare gesti “profumati” romantici. Queste donne, sensuali ed eleganti, ci riportano ai Preraffaelliti (J.W.Waterhouse, D.G.Rossetti, ecc.), pittori che si opposero all’accademismo vittoriano. Ai Preraffaelliti inglesi, con i loro romantici gesti “odorosi”, in Italia rispondevano nel 1910 i Futuristi con la giocosità, la luce e la genialità di G.Balla. La dialettica tra la sensazione sensibile e l’energia, ossia tra l’olfatto e la forza oscura che lo stimola, è al centro di due suoi dipinti: “Bottiglia di profumo. Espansione di profumo” (1920-1925) e “Espansione di profumo” (1916) dai toni quasi musicali: da una geometria floreale centrale si sprigiona la sensazione olfattiva e le forme curvilinee suggeriscono il carattere volatile dell’effluvio che si dissolve nell’aria.
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- 2016
41. ATTIVITA’ ANTIMICOTICA IN VITRO DEGLI OLI ESSENZIALI DI LAVANDA E LAVANDINO
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Molicotti Paola, Cannas Sara, Usai Donatella, Fiamma Maura, Bua Alessandra, Zanetti Stefania, BELLARDI, MARIA GRAZIA, Molicotti Paola, Cannas Sara, Usai Donatella, Fiamma Maura, Bellardi Maria Grazia, Bua Alessandra, and Zanetti Stefania
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Oli essenziali, Test in vitro, Aspergillus - Abstract
Gli oli essenziali di lavanda e lavandino trovano applicazione in vari settori industriali e grazie alle interessanti proprietà biologiche che li caratterizzano, di recente sono sono sempre più indagati dai ricercatori per un possibile utilizzo terapeutico.
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- 2016
42. UNA NUOVA INFEZIONE VIRALE SU MENTA PIPERITA
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Parrella, Giuseppe, Bozzano, Giorgio, BELLARDI, MARIA GRAZIA, CAVICCHI, LISA, Parrella, Giuseppe, Bellardi, Maria Grazia, Cavicchi, Lisa, and Bozzano, Giorgio
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Manta piperita, mosaico giallo virus - Abstract
La menta piperita (Mentha piperita L.) (Lamiaceae) è certamente una delle piante aromatiche più coltivate per i molteplici utilizzi derivanti dall’olio essenziale costituito prevalentemente da mentolo. Dal punto di vista fitopatologico, mentre per quanto riguarda le malattie fungine che interessano le diverse specie di Mentha le conoscenze sono ampie (tracheomicosi, ruggine, mal bianco, marciumi radicali, ecc.), poco si sa su quelle ad eziologia virale. In Europa, sono note fin da 1968 infezioni da AMV (virus del mosaico dell’erba medica), riscontrato anche in Italia negli anni ‘90 su piante di M. rotundifolia caratterizzate da ampie maculature gialle e/o biancastre sulle foglie; in diversi Paesi del mondo sono stati sporadicamente descritti casi che hanno visto coinvolti: TRSV (virus della maculatura anulare del tabacco), PVX (virus X della patata), i due tospovirus INSV (virus della maculatura necrotica dell’impatiens) e TSWV (virus dell’avvizzimento maculato del pomodoro) (entrambi in M. peperita), un Geminiviridae (nel 2005 in M. spicata “Viridis” coltivata in Pakistan) ed ancora un Closteroviridae e un Flexiviridae (entrambi nel 2007 in Mentha x gracilis ‘Variegata’, nota come golden ginger mint). Nel 2012, nel corso di un monitoraggio eseguito in aziende della Piana di Albenga, sono state notate piante in vaso cresciute all’aperto di M. piperita caratterizzate da un vistoso “mosaico giallo oro” brillante sulle foglie. La malattia è stata di nuovo riscontrata nella medesima azienda anche nel 2013. In questo caso, oltre al mosaico giallo brillante, le piante mostravano rotture di colore biancastre e, successivamente, una volta trasferite ad Imola, nelle Serre del Plesso Scarabelli (Università di Bologna), necrosi più o meno diffuse sul lembo fogliare. Inizialmente, considerata l’elevata diffusione di AMV negli impianti di orticole, floricole ed aromatiche della zona (su basilico, origano, lavanda e lavandino, rosmarino, peperoncino, erba cedrina, ecc.), si è ipotizzato che la sintomatologia fosse dovuta a questo Bromoviridae, responsabile di “mosaico giallo” sul molte delle specie ospiti naturali, per cui le indagini virologiche sono state condotte per l’individuazione di AMV. Avendo però ottenuto risultati negativi (a seguito dell’applicazione di tecniche sierologiche del tipo ELISA e di biologia molecolare del tipo RT-PCR), si è proseguito con indagini più specifiche per identificare con esattezza la specie virale presente nelle piante sintomatiche di menta piperita. Vengono sinteticamente illustrate le tecniche virologiche applicate che hanno portato all’identificazione per la prima volta in questa lamiacea di un Hordeivirus. LRSV (Lychnis ringspot virus, virus della maculatura anulare del licnide).
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- 2016
43. Bacterial canker of kiwifruit: antimicrobial activity of Monarda spp. essential oils against Pseudomonas syringae pv. actinidiae
- Author
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Minardi Paola, Epifano Francesco, Bellardi Maria Grazia, Goran Delibašić, Minardi, Paola, Epifano, Francesco, and Bellardi Maria Grazia
- Subjects
Monarda didyma ,Disease control ,fungi ,Actinidia deliciosa pv. Tomouri ,food and beverages ,Essential oil/hydrolate ,Bacterial canker ,Thymol ,Pseudomonas syringae pv. actinidiae - Abstract
In agriculture, the economic losses due to plant diseases caused by infectious agents are constantly growing. In Italy, bacteria have recently caused outbreaks in crops of great economic impact: Pseudomonas syringae pv. actinidiae (Psa) for the bacterial canker of kiwifruit; Xylella fastidiosa, for the “Olive quick decline syndrome” and Erwinia amylovora (Ea) for the fire blight of pome-fruit trees. The control of these diseases relies almost exclusively on the use of copper compound sprays. It is therefore urgent to develop bactericidal products active in the plant or able to interfere with the growth of the pathogen already present as an endophyte in the host plant that can remain asymptomatic for years due to a long latent period. The idea to exploit the antimicrobial activity of essential oils (EO) to counteract the pathogens’ growth is increasingly taken into account. The antimicrobial effects of EO from Monarda spp. against Psa and Ea recently shown in vitro, allow to hypothesize their protection effect in planta against Psa. The EO and the hydrolate extracted by steam distillation from M. didyma flowering plants were tested to prevent the disease symptoms in Actinidia deliciosa cv. Tomouri plants induced by a Psa virulent strain. Four groups of plants were subjected to different pretreatments with: 1) sterile distilled water (positive control); hydrolate (14.7%); EO (0.3%) and streptomycin (negative control). 24 h later, they were inoculated with the Psa IPV-BO 8101 strain. Leaf spots characteristic of Psa were evidenced in the control plants starting from 8 days after the inoculation. The plants were monitored over the following two months to highlight the symptoms induced by Psa and any damages caused by each treatment. At the end of the trial, all leaves were collected from each plant to determine the number of spots/leaf/plant for statistical analysis. The protective effect of the EO/hydrolate, was correlated with their chemical compositions determined by GC/MS analysis. These results are encouraging for further research in this direction to safeguard health of plants and humans.
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- 2016
44. Composizione terpenica e potenziali applicazioni di olio essenziale e idrolato di Monarda citriodora
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BELLARDI, MARIA GRAZIA, CAVICCHI, LISA, MATTARELLI, PAOLA, MODESTO, MONICA MARIANNA, BARBANTI, LORENZO, Michelozzi Marco, G. Cencetti, A. Girolamo, F. Mondello, M. C. Sclocchi, M. Di Vito, Bellardi Maria Grazia, Cavicchi Lisa, Mattarelli Paola, Modesto Monica, Barbanti Lorenzo, Michelozzi Marco, G.Cencetti, A.Girolamo, F.Mondello, M.C.Sclocchi, and M.Di Vito
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Monarda citriodora, Olio essenziale, Idrolato, GC-MS, Attività antimicrobica - Abstract
Introduzione. Monarda citriodora Cerv. ex Lag. (Lamiaceae) è una pianta aromatica annuale originaria del Nord America, caratterizzata da un gradevole gusto agrumato. Oltre ad essere una piacevole ornamentale (i fiori formano spighe di colore, rosa, azzurro, viola, ecc.) è ricca in olio essenziale (OE) noto, fin dal 1997, per le sue proprietà antimicrobiche in vitro. Scopo. Nel 2015, è stato allestito in Emilia-Romagna un impianto da seme per una valutazione agronomico-colturale. Gli OE distillati da due successive fioriture, ed i rispettivi idrolati (Id), sono stati saggiati in vitro nei confronti di microrganismi patogeni per l’uomo e gli animali; è stata inoltre valutata l’azione citostatica e/o citocida dell’Id vs ceppi fungini biodeteriogeni e cellulosolitici. L’attività antimicrobica è stata messa in relazione con la composizione terpenica e confrontata con quella di Melaleuca alternifolia (tea tree oil-TTO). Materiali e metodi. L’impianto ha dato 3 fioriture (luglio, fine agosto, ottobre); la prima e la seconda hanno fornito una resa (ml/kg) in OE di 10.9% e 4.75% rispettivamente. Gli OE e i corrispondenti Id sono stati sottoposti a GS-MS. Gli OE sono stati testati su 9 ceppi microbici con il test di micro brodo-diluizione, mentre con lo stesso test è stato testato l’Id vs 8 ceppi batterici e 4 muffe; quest’ultime sono state saggiate anche con test di diffusione da pozzetto e micro atmosfera. Risultati. Dal punto di vista colturale, l’impianto non ha mostrato particolari problemi di tipo fitosanitario e le 3 fioriture sono state esuberanti, e capaci di attirare insetti impollinatori. Le due rese in OE sono state maggiori e/o simili a quelle riportate in Letteratura. Dalle analisi in CG-MS è emersa: una maggior concentrazione di composti terpenici negli OE e Id della seconda fioritura; timolo e carvacrolo erano i costituenti principali di tutti i campioni esaminati; gli OE erano caratterizzati anche da un elevato contenuto di -terpinene e p-cymene. L’attività antimicrobica in vitro degli OE delle due fioriture è risultata citocida alle concentrazioni di 0.5% per 8 dei 9 ceppi saggiati con l’eccezione di P. aeruginosa risultato resistente anche alla concentrazione del 4%. L'attività antibatterica in vitro dell'Id nei confronti di 8 stipiti batterici ATCC Gram-positivi e Gram-negativi è in corso di studio. L’Id, è risultato citocida verso tutte le muffe a partire da una diluizione 1:2; inoltre, il test di micro-atmosfera ha evidenziato la capacità delle componenti volatili dell’Id di interferire con la sporulazione di tutte le muffe saggiate poiché questa è risultata drasticamente rallentata. Conclusioni. Gli studi eseguiti confermano M. citriodora ottima specie aromatica ed ornamentale, di facile coltivazione (elevata rusticità) e di rapida crescita, i cui Id e EO possiedono attività in vitro citostatiche e citocide, quest’ultime paragonabili a quelle del TTO.
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- 2016
45. Un rosmarino biondo e riccio
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BELLARDI, MARIA GRAZIA and Bellardi, Maria Grazia
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Rosmarino, virus, sintomi - Abstract
Detto così, sembra che il rosmarino (Rosmarinus officinalis) sia appena uscito da un negozio di coiffeur e che si sia operato con un “trattamento” di permanete e tintura per dargli un nuovo look. In effetti, può capitare che la pianta, pur mantenendo quell’aroma che tipicamente la contraddistingue e che in cucina la rende protagonista indiscussa di pietanze succulente e deliziosi contorni, e da cui si ottiene un olio essenziale apprezzato in cosmesi, liquoreria e farmacia, modifichi sensibilmente il proprio aspetto. La crescita “normale” del bel rosmarino è notoriamente eretta o sdraiata, e le sue foglie coriacee e persistenti, hanno la superficie superiore verde e lucida, l’inferiore bianca e leggermente tomentosa. Se invece i tralci sono corti e contorti, se le foglie si arricciano o si arrotolano su se stesse assumendo un colore giallo o biancastro, a volte marmorizzato, vuol dire che qualcosa non va e non si tratta certamente di un trattamento estetico previsto o voluto dagli ibridatori. Una virosi Purtroppo, quando il rosmarino appare di taglia ridotta ed i rametti non si sviluppano adeguatamente, con molta probabilità si è verificato un attacco da afidi. Questi piccoli insetti con le loro punture rovinano tralci e foglie, ma non solo, possono trasmettere dei virus che danneggiano ulteriormente la pianta. I virus coinvolti possono essere uno o più di uno, ad iniziare da CMV (virus del mosaico del cetriolo) e da AMV (virus del mosaico dell’erba medica). Il primo causa nanismo della pianta ed arricciamenti delle foglie, il secondo la colorazione giallo-oro o biancastra della lamina. Ed ecco che, dopo il “trattamento” di afidi e virus, la pianta sembra uscita……. da un coiffeur di grido e purtroppo non vi è più alcun rimedio. Cosa fare? Quando queste sintomatologie si verificano in fase di produzione, ad esempio nelle belle coltivazioni della Liguria, occorre eliminare tempestivamente le piante virosate per evitare che l’infezione si diffonda, anche con il taleaggio, e vengano commercializzate piante infette. Se la malattia si manifesta sulle piante a dimora in giardino si deve, purtroppo, procedere in maniera analoga, estirpando il rosmarino compromesso dato che tramite gli afidi, AMV e CMV possono trasferirsi alle piante limitrofe e provocare sintomatologie analoghe se non peggiori. Quando si ha a che fare con questi virus non esiste alcuna possibilità di guarigione.
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- 2016
46. Infezioni da fitoplasmi in timo
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BELLARDI, MARIA GRAZIA, CONTALDO, NICOLETTA, CAVICCHI, LISA, BERTACCINI, ASSUNTA, Bozzano, Giorgio, Parodi, Carlo, Bellardi, Maria Grazia, Contaldo, Nicoletta, Bozzano, Giorgio, Parodi, Carlo, Cavicchi, Lisa, and Bertaccini, Assunta
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timo, sintomatologia, fitoplasmi, Liguria - Abstract
Nell'ultimo decennio si assiste all'aumento di casi di fitoplasmosi in specie aromatiche da vaso nelle aziende della Piana di Albenga (Savona), derivante soprattutto dalla molteplicità di colture che si trovano in questa area. Ne sono dimostrazione le recenti segnalazioni (2011 e 2012) che hanno interessato esemplari di rosmarino ottenuti talee prelevate da piante-madri coltivate all’interno di aziende produttrici di questo areale: i sintomi consistevano in scopazzi ed arrossamenti fogliari; i fitoplasmi coinvolti appartenevano ai gruppi ribosomici 16SrXII-A (“stolbur”) e 16SrI-B (“aster yellows”). E’ ora la volta del timo (Thymus vulgaris), nota ed importante aromatica da vaso, spesso utilizzata anche come ornamentale in giardino e che, da alcuni anni, è oggetto di particolari attenzioni da parte dell’Area di Patologia Vegetale del Dipartimento di Scienze Agrarie (DipSA; Università di Bologna) per la presenza di fitoplasmi. I primi casi, del tutto sporadici, si sono verificati nel 2008 e poi ancora nel 2009, su piante propagate per talea acquistate da aziende locali di Albenga. La malattia (comparsa in autunno) consisteva in nanismo ed arrossamento degli apici vegetativi; sono stati individuati fitoplasmi diversi, appartenenti del gruppo 16SrX-A agente dello “scopazzo del melo” (‘Candidatus Phytoplasma mali’) ed al gruppo 16SrV-A (“giallume dell’olmo”) (‘Candidatus Phytoplasma ulmi’). Il recente caso verificatosi nel 2014 ci induce ad informare i produttori di timo e di aromatiche in vaso, non solo della Liguria, sul rischio concreto che i fitoplasmi possano diffondersi sempre più nelle coltivazioni, causando danni economici alle produzioni. Sintomatologia Nel mese di dicembre del 2014 sono state inviate dalla Cooperativa L’Ortofrutticola di Albenga alle Serre universitarie del Plesso Serricolo Scarabelli di Imola (Bologna) sei esemplari di timo in vaso, cresciuti ad alberello. Le piante provenivano da un’azienda che aveva realizzato l’impianto con talee prelevate da piante-madri mantenute in loco. Dei sei esemplari quattro erano sintomatici (T.M1; T.M2; T.M3; T.M4) e due asintomatici. La sintomatologia era la medesima per i quattro esemplari analizzati: all'inserzione dei rametti sul fusto era presente un ammasso di radici avventizie di colore arancio-bruno, di consistenza erbacea, che fuoriuscivano dalla corteccia. I rametti erano contorti nella parte basale in corrispondenza delle radici avventizie. La chioma si presentava fitta ed affastellata, con rosettamento apicale. Nel complesso, la pianta era di dimensioni ridotte sia per il volume della chioma che per il diametro del fusto. Il colore delle foglie era verde più chiaro nei due esemplari asintomatici e verde argento e “polverulento” nei timi sintomatici. Materiali e Metodi, Risultati Le piante sono state analizzate nel laboratorio di fitoplasmologia del DipSA. La diagnosi per verificare la presenza di fitoplasmi effettuata mediante saggi molecolari è stata eseguita secondo un procedimento che può essere suddiviso in tre fasi: estrazione del DNA genomico totale del campione da analizzare; amplificazione del DNA del patogeno applicando la tecnica “nested-PCR” con “primers” universali specifici per fitoplasmi; identificazione del gruppo di appartenenza del fitoplasma mediante l’analisi del polimorfismo della lunghezza dei frammenti di restrizione (RFLP). Due dei quattro campioni sintomatici, T.M1 e T.M3, sono risultati positivi alle analisi di “nested-PCR” ed, a seguito di digestione enzimatica (RFLP) con gli enzimi TruI e Tsp509I, sono risultati infetti da fitoplasmi appartenenti al gruppo ribosomico 16SrI, AY, giallume dell’astro o ‘Candidatus Phytoplasma asteris’. Discussione Il timo, pianta aromatica da vaso o arbustiva è fra le più note ed apprezzate piante officinali nel mondo. La prima considerazione sulla malattia di recente individuata riguarda le analisi di laboratorio, certamente non di “routine” in quanto di tipo molecolare, ma che consento l’identificazione dei fitoplasmi coinvolti. Come accennato, già nel 2008 e nel 2009 in aziende di Albenga erano stati individuati questi procarioti fitopatogeni (la percentuale di piante di timo sintomatiche era del 20%) e, dalle analisi molecolari, era risultata la presenza di fitoplasmi appartenenti al gruppo 16SrX-A (“scopazzo del melo”) (nel 2008) ed al gruppo 16SrV-A (“giallume dell’olmo”) (nel 2009). Dalle analisi relative al caso esposto nelle piante sintomatiche di timo sono risultati presenti non solo fitoplasmi del gruppo del giallume dell’astro, ma anche altri appartenenti a gruppi e sottogruppi diversi. Ciò spiegherebbe, almeno in parte, la differenza fra la sintomatologia riscontrata nel 2008-2009 (arrossamento fogliare e microfillia) e quella delle piante analizzate nel 2014: nanismo della pianta, microfillia e proliferazione di radici dai tralci. Il ritrovamento del fitoplasma AY, del gruppo 16SrI, in timo può essere messo in relazione ai casi del 2011 e 2012 ad Albenga in cui in rosmarino fu verificata la presenza dei medesimi fitoplasmi. Alla luce di questo ulteriore caso su timo e di fronte alla seppur lenta diffusione dei fitoplasmi del giallume dell’astro nella Piana di Albenga, occorre continuare a monitorare le coltivazioni. Fortunatamente, i tecnici responsabili della Cooperativa l’Ortofrutticola sono ben consapevoli della pericolosità delle fitoplasmosi, per cui da ormai diversi anni hanno come punto di riferimento il DipSA dell’Università di Bologna e gli esperti di fitoplasmosi (e virosi) che vi operano. A loro, costantemente, inviano campioni di specie aromatiche ed ornamentali con sintomatologie sospette ed in questo modo riescono ad eseguire dei monitoraggi efficaci (non basati sulla sola sintomatologia che sovente non è diagnostica) sulle culture in atto. In base ai risultati delle analisi sui campioni sintomatici inviati, è infatti possibile poi effettuare interventi mirati. Purtroppo, nonostante gli sforzi continui, questi interventi non sono mai risolutivi e ogni anno si allunga la lista di “nuovi” ospiti naturali di fitoplasmi in questa area. Fra gli interventi indicati, primo fra tutti è l’eliminazione tempestiva delle piante sintomatiche insieme all’utilizzo di materiale di propagazione sano. Nel caso di propagazione agamica, come avviene per il timo ed il rosmarino, le talee vanno prelevate da piante-madri controllate dal punto di vista fitosanitario. E’ questo uno dei punti chiave per la prevenzione dalle fitoplasmosi, anche perchè è ormai prassi comune fra i produttori liguri mantenere per molti anni le piante-madri di aromatiche arbustive nelle immediate vicinanze dell’azienda e da queste prelevare le talee per la propagazione. In questo modo, però, le piante-madri sono soggette ad ogni tipo di avversità, fitoplasmosi incluse, ed il rischio che le talee prelevate siano già infette (sovente in maniera latente) è molto elevato. La prevenzione è quindi alla base della buona riuscita di qualsiasi impianto, sia ornamentale che aromatico, soprattutto nel caso di malattie non curabili come le fitoplasmosi.
- Published
- 2016
47. Eppure fiorisce!
- Author
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BELLARDI, MARIA GRAZIA and Bellardi, Maria Grazia
- Subjects
alstroemeria, virus, sintomi - Abstract
Spesso ci si chiede da dove derivi il nome botanico di una pianta. Le origini possono essere diverse, come la forma di certe sue parti, vedi il gladiolo le cui foglie sembrano piccole spade: da latino gladius e gladiolus, e la digitale (Digitalis spp.) il cui fiore ha la forma del ditale della sarta; oppure il genere si rifà a personaggi più o meno famosi, come l’erba scopiaria il cui nome botanico è Hottonia palustris in quanto Limneo dedicò il genere a Pierre Hotton, professore di Botanica a Leida nel ‘600. Molto spesso il nome botanico richiama direttamente quello dello scopritore. E’ il caso della fresia (Freesia spp., dallo studioso Fr.H.Th. Freese) e dell’alstroemeria (Alstroemeria spp.) i cui semi furono importati in Europa dal Sud America dal barone svedese, allievo di Limneo, Klaes von Alstroemer (1736–1794). Questi la trovò che cresceva spontanea ai piedi delle Ande, in Cile e Perù, tanto è vero che viene anche comunemente chiamata giglio degli Incas o peruviano. Perché acquistare l’alstroemeria? I suoi fiori recisi danno molta soddisfazione: durano a lungo, oltre le tre settimane, e sono piacevoli ed eleganti, con la leggera corolla imbutiforme dalle diverse tonalità di rosso, giallo, arancio, viola, rosa, bianco, con maculature e striature in colori contrastanti. Possiamo anche piantarne qualche esemplare in giardino per creare vivaci bordure: ama posizioni luminose, con qualche ora di sole ogni giorno, ma dove possa godere del refrigerio dell’ombra nelle ore più calde della giornata, al riparo dai venti. L’alstroemeria può sopportare periodi di brevi gelate (le radici resistono fino a una temperatura di -5°C). E’ quindi, come si suol dire, poco esigente ma…. Le virosi ….ogni pianta ha il proprio “tallone d’Achille” e per l’alstroemeria sono le virosi che spesso deturpano l’apparato fogliare con ogni sorta di decolorazioni (“mosaici”, “striature”, “maculature”, ecc.). Spesso, però, nonostante queste vistose alterazioni interessino quasi tutte le foglie, la pianta produce ugualmente fiori belli e coloratissimi, che sembrano sfuggire all’aggressività dei virus che la infettano. Pare quasi un miracolo che una pianta tanto “brutta” fino alla fioritura possa poi arricchirsi di eleganti piccoli gigli perfetti nella forma e nel colore. Cosa fare e cosa dire?…..da Virologo sostengo che ogni pianta virosata vada eliminata dal giardino, ma in questo caso lascio libertà di scelta a chi la possiede e vuole reciderne i fiori per abbellire gli ambienti domestici.
- Published
- 2016
48. UNA CEPPAIA PERICOLOSA
- Author
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BELLARDI, MARIA GRAZIA and Bellardi, Maria Grazia
- Subjects
Ceppaia ,difesa ,Armillaria mellea - Abstract
Vedere una ceppaia abbandonata di un grosso albero non è certamente una cosa rara. Se ne incontrano anche in luoghi urbani dove diventano, purtroppo, contenitori occasionali di rifiuti, come se fossero delle pattumiere. Ma le ceppaie su cui ci soffermiamo in queste poche righe sono quelle che possono costituire una fonte pericolosa d’inoculo per un genere di funghi fitopatogeni del genere Armillaria (in Italia questo genere comprende essenzialmente 5 specie: A. mellea, A. ostoyae, A. gallica, A. cepistipes e A. tabescens), responsabili di seri problemi alle foreste ed ai frutteti di tutta Europa provocando il così detto “marciume radicale”. L’Armillaria instaura con la pianta un rapporto di parassitismo (finché l’organismo è vivo), ma che si trasforma in saprofitismo alla morte dell’ospite. Chi raccoglie funghi mangerecci nei boschi nota spesso, infatti, che i “chiodini” dell’Armillaria crescono sia su piante vive, sia su ceppaie. Non esistono in commercio fungicidi capaci di combattere questo patogeno, per cui è importante saper riconoscere precocemente i sintomi del “marciume radicale” al fine di effettuare un efficace intervento agronomico preventivo. L’Armillaria, infatti, permane come saprofita all’interno di radici e rami in decomposizione e ivi può sopravvivere anche per parecchi anni, pronta ad attaccare radici di piante sensibili con cui viene successivamente in contatto. Un facile verifica Se con un coltellino si asporta la corteccia da una ceppaia lasciata in loco, si nota la presenza del suo micelio di colore biancastro, tipicamente a ventaglio, che poi produce rizomorfe: strutture composte da ife strettamente compattate a formare un cordone resistente, attraverso cui il fungo può muoversi nel terreno e penetrare nelle radici delle piante ospiti limitrofe. Cosa fare? Le piante infette da Armillaria devono essere prontamente rimosse ed eliminate, ceppaie comprese; il suolo deve essere lavorato in profondità rimuovendo accuratamente ogni residuo radicale. L’area dovrebbe essere lasciata a riposo per un periodo minimo di almeno 3 anni in modo che l’inoculo del patogeno possa ridursi in maniera significativa. Una curiosità Armillaria spp. si può considerare l’organismo più grande e più vecchio esistente in natura. Infatti, è stata scoperta nel Nord America la presenza di un micelio che si propaga da una pianta all’altra arrivando a ricoprire la superficie di circa 1000 ettari e l’età stimata di questo micelio si aggira fra i 2000 ed i 9000 anni.
- Published
- 2016
49. Lavandula x intermedia and Lavandula angustifolia essential oils: phytochemical composition and antimicrobial activity against foodborne pathogens
- Author
-
Tardugno, Roberta, primary, Serio, Annalisa, additional, Pellati, Federica, additional, D’Amato, Serena, additional, Chaves López, Clemencia, additional, Bellardi, Maria Grazia, additional, Di Vito, Maura, additional, Savini, Vincenzo, additional, Paparella, Antonello, additional, and Benvenuti, Stefania, additional
- Published
- 2018
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50. La Monarda, una 'nuova' pianta aromatica da vaso. Maria Grazia Bellardi
- Author
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BELLARDI, MARIA GRAZIA and Bellardi, MARIA GRAZIA
- Subjects
Monarda, coltivazione, oli essenziali - Abstract
Il Mercato di aromatiche ed ornamentali è alla continua ricerca di specie nuove, capaci di soddisfare i consumatori, sempre più esigenti e preparati. Chi normalmente acquista una pianta aromatica per il giardino o da collocare in vaso nel balcone o sul davanzale per avere sempre a portata di mano foglie e fiori freschi da utilizzare in cucina o per profumare gli ambienti, cerca spesso essenze nuove, fragranti e delicate, in alternativa ai “soliti” origano, lavanda, salvia, menta, ecc. Non è quindi facile per un coltivatore di aromatiche proporre una pianta nuova, ma al tempo stesso piacevole nell’aspetto e facile da coltivare. Dal 2010 l’attenzione di un Gruppo di Ricerca dell’Università di Bologna (Dipartimento di Scienze Agrarie) che da anni si dedica al Settore Erboristico, si è rivolta nei confronti di una pianta da pochi conosciuta, la Monarda, con lo scopo di valorizzarla sia come aromatica, sia come ornamentale. Nel biennio 2012-2013 è stato realizzato un Progetto di Ricerca multidisciplinare, finanziato dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Imola, che ha visto la collaborazione di strutture diverse: ITA Scarabelli-Ghini (Imola), Giardino delle Erbe di Casola Valsenio (Ravenna), Università “G.D’annunzio” di Chieti-Pescara. Uno degli scopi del Progetto era la valutazione agronomico-colturale e fitosanitaria della Monarda finalizzata all’immissione nel Mercato come “nuova proposta”. Nell’ambito delle stesso Progetto sono stati esaminati gli oli essenziali al fine di valutarne l’attività antimicrobica nei confronti di microrganismi patogeni per l’uomo e gli animali (Candida spp., Escherichia coli, ecc.), ottenendo risultati molto promettenti. Di seguito, ci si limita a riportare quanto emerso delle prove di coltivazione delle due specie oggetto di studio: M. didyma e M. fistulosa. Coloro che desiderano conoscere i risultati completi della Ricerca, possono accedere liberamente al sito della SIROE (Società Italiana per la Ricerca sugli Oli Esseziali) http://www.siroe.it, scaricando il pdf degli Atti della Giornata di Studio svoltasi il 10.10. a Palazzo Vespignani, sede di Imola dell’Università di Bologna.
- Published
- 2015
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