9 results on '"John Rawl"'
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2. Sui controversi confini di etica e politica. Il dibattito fra liberalismo politico e agonismo populista
- Author
-
Monti, P, Paolo Monti, Monti, P, and Paolo Monti
- Abstract
Negli ultimi anni, il dibattito pubblico in molti paesi occidentali e non occidentali ha visto l'ascesa di movimenti e ideologie populisti a spese delle interpretazioni liberali della democrazia precedentemente dominanti. Questo articolo si concentra su uno specifico aspetto di questo dibattito, vale a dire la contestata definizione di etica pubblica e i confini incerti tra etica e politica. Importanti autori liberali come John Rawls e Jürgen Habermas privilegiano una definizione universalista kantiana di moralità per opporla a concezioni etiche e religiose particolaristiche del bene. D'altra parte, pensatori populisti come Chantal Mouffe ed Ernesto Laclau criticano la visione liberale e caratterizzano l'etica pubblica come spazio di legittimo antagonismo tra le comunità di interpretazione e come strumento di contestazione degli accordi politici esistenti. Alcuni aspetti del recente dibattito sul ruolo della religione nella politica riflettono il tentativo di pensatori liberali come Jürgen Habermas di affrontare questo tipo di critiche. In conclusione, sia i teorici liberali che quelli populisti offrono prospettive speculari, ma analogamente limitate, in quanto tendono a ridurre l'etica alle pretese della politica: da un lato offrendo una comprensione consensualista del pluralismo etico, dall'altro riducendo il discorso etico ai processi di formazione dell'identità collettiva., In recent years, the public debate in many Western and non-Western countries has seen the rise of populist movements and ideologies at the expenses of the previously dominant liberal interpretations of democracy. This article focuses on a specific facet of this debate, namely the contested definition of public ethics and the uncertain borders between the ethical and the political across the two sides. Prominent liberal authors like John Rawls and Jürgen Habermas privilege a Kantian universalist definition of morality to be contrasted with particularistic ethical and religious conceptions of the good. On the other hand, populist thinkers like Chantal Mouffe and Ernesto Laclau criticize the liberal view and characterize public ethics as a space of legitimate antagonism between communities of interpretation and a tool of contestation of the existing political arrangements. Some aspects of the recent debate on the role of religion in politics reflect the attempt from liberal thinkers such as Jürgen Habermas to address this kind of criticism. Ultimately, both liberal and populist theorists offer a specular, but similarly limited perspective that tends to reduce the ethical to the pretences of the political either by offering a consensualist understanding of ethical pluralism or by conflating ethical discourse with collective identity formation.
- Published
- 2019
3. Subordinazione, traduzione, apertura: modelli etici di interazione civile interculturale
- Author
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Granata A, Lingua G., Monti P, Monti, P, Granata A, Lingua G., Monti P, and Monti, P
- Abstract
Nello scenario delle interazioni fra gruppi culturali diversi, la relazione fra gruppi religiosi e secolari ha ricevuto nel dibattito recente un’attenzione particolare. L’interazione civile dei cittadini religiosi con i loro pari dentro e fuori le istituzioni democratiche è diventato gradualmente un problema filosofico a se stante, dominato da due modelli etici di riferimento: (i) il modello rawlsiano della subordinazione, per il quale le ragioni religiose non hanno un ruolo di giustificazione valido all’interno del dibattito pubblico, ma possono essere temporaneamente accettate in un ruolo subordinato alle ragioni non-religiose e (ii) il modello habermasiano della traduzione, per il quale le ragioni religiose hanno un ruolo di giustificazione valido all’interno del dibattito pubblico, ma solo attraversando un processo di traduzione in forma secolare. A partire da alcune osservazioni di Maeve Cooke, suggerisco che sia possibile derivare un terzo modello di interazione trasformativa fra cittadini religiosi e non religiosi di carattere più apertamente interculturale. Secondo questo (iii) modello dell'apertura, le ragioni religiose hanno un ruolo di giustificazione valido all’interno del dibattito pubblico, in quanto a partire dall’interazione fra i cittadini possono rendere percepibili delle ragioni morali prima sconosciute anche a coloro che non condividono quell’appartenenza religiosa. Analogamente, le ragioni non religiose possono rendere percepibili ai cittadini religiosi delle ragioni morali prima sconosciute. In questo modello, la trasformazione avviene per un insieme di fattori anche non argomentativi che mettono in questione la natura “chiusa” ed esaustiva dell’insieme delle proprie credenze. Si mostra infine come l’applicazione del modello (iii) al campo dell’educazione interculturale ha almeno tre importanti implicazioni sul piano delle pratiche: la possibilità di pianificare interventi incentrati su esperienze di interazione interculturale trasformativa, In the scenario of interactions between different cultural groups, the relationship between religious and secular groups has received particular attention in the recent debate. The civil interaction of religious citizens with their peers inside and outside democratic institutions has gradually become a philosophical problem in its own right, dominated by two ethical models of reference: (i) the Rawlsian model of subordination, for which religious reasons they do not have a valid justification role within the public debate, but can be temporarily accepted in a role subordinated to non-religious reasons and (ii) the Habermasian model of translation, for which religious reasons have a valid justification role within the public debate, but only through a process of translation into a secular form. Starting from some observations by Maeve Cooke, I suggest that it is possible to derive a third model of transformative interaction between religious and non-religious citizens that is more openly intercultural. According to this (iii) model of openness, religious reasons have a valid justification role within the public debate, since starting from the interaction between citizens they can make perceptible moral reasons previously unknown even to those who do not share that religious affiliation. Likewise, non-religious reasons can make moral reasons previously unknown to religious citizens perceptible. In this model, the transformation takes place through a set of factors, including non-argumentative ones, which call into question the "closed" and exhaustive nature of the totality of one's beliefs. Finally, I show how the application of the (iii) model to the field of intercultural education has at least three important implications in terms of practices: the possibility of planning interventions focused on experiences of intercultural transformative interaction even without adopting a strong teleological premise; the enhancement of non-argumentative elements within education
- Published
- 2019
4. Sui controversi confini di etica e politica. Il dibattito fra liberalismo politico e agonismo populista
- Author
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Paolo Monti and Monti, P
- Subjects
Ethics ,Populism ,Jürgen Haberma ,Settore SPS/01 - FILOSOFIA POLITICA ,Morality ,Chantal Mouffe ,Settore M-FIL/03 - FILOSOFIA MORALE ,Ernesto Laclau ,Liberalismo ,John Rawl ,John Rawls ,Populismo ,Jürgen Habermas ,Liberalism ,Morale ,Etica - Abstract
Negli ultimi anni, il dibattito pubblico in molti paesi occidentali e non occidentali ha visto l'ascesa di movimenti e ideologie populisti a spese delle interpretazioni liberali della democrazia precedentemente dominanti. Questo articolo si concentra su uno specifico aspetto di questo dibattito, vale a dire la contestata definizione di etica pubblica e i confini incerti tra etica e politica. Importanti autori liberali come John Rawls e Jürgen Habermas privilegiano una definizione universalista kantiana di moralità per opporla a concezioni etiche e religiose particolaristiche del bene. D'altra parte, pensatori populisti come Chantal Mouffe ed Ernesto Laclau criticano la visione liberale e caratterizzano l'etica pubblica come spazio di legittimo antagonismo tra le comunità di interpretazione e come strumento di contestazione degli accordi politici esistenti. Alcuni aspetti del recente dibattito sul ruolo della religione nella politica riflettono il tentativo di pensatori liberali come Jürgen Habermas di affrontare questo tipo di critiche. In conclusione, sia i teorici liberali che quelli populisti offrono prospettive speculari, ma analogamente limitate, in quanto tendono a ridurre l'etica alle pretese della politica: da un lato offrendo una comprensione consensualista del pluralismo etico, dall'altro riducendo il discorso etico ai processi di formazione dell'identità collettiva. In recent years, the public debate in many Western and non-Western countries has seen the rise of populist movements and ideologies at the expenses of the previously dominant liberal interpretations of democracy. This article focuses on a specific facet of this debate, namely the contested definition of public ethics and the uncertain borders between the ethical and the political across the two sides. Prominent liberal authors like John Rawls and Jürgen Habermas privilege a Kantian universalist definition of morality to be contrasted with particularistic ethical and religious conceptions of the good. On the other hand, populist thinkers like Chantal Mouffe and Ernesto Laclau criticize the liberal view and characterize public ethics as a space of legitimate antagonism between communities of interpretation and a tool of contestation of the existing political arrangements. Some aspects of the recent debate on the role of religion in politics reflect the attempt from liberal thinkers such as Jürgen Habermas to address this kind of criticism. Ultimately, both liberal and populist theorists offer a specular, but similarly limited perspective that tends to reduce the ethical to the pretences of the political either by offering a consensualist understanding of ethical pluralism or by conflating ethical discourse with collective identity formation.
- Published
- 2019
5. Subordinazione, traduzione, apertura: modelli etici di interazione civile interculturale
- Author
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Monti, P, Granata A, Lingua G., Monti P, and Monti, P
- Subjects
Interculturalismo ,Etica pubblica ,Public Ethics ,Maeve Cooke ,Jürgen Haberma ,Settore M-FIL/03 - FILOSOFIA MORALE ,Educazione ,Multiculturalism ,Education ,Multiculturalismo ,John Rawl ,John Rawls ,Interculturalism ,Jürgen Habermas ,M-FIL/03 - FILOSOFIA MORALE ,Public Ethic - Abstract
Nello scenario delle interazioni fra gruppi culturali diversi, la relazione fra gruppi religiosi e secolari ha ricevuto nel dibattito recente un’attenzione particolare. L’interazione civile dei cittadini religiosi con i loro pari dentro e fuori le istituzioni democratiche è diventato gradualmente un problema filosofico a se stante, dominato da due modelli etici di riferimento: (i) il modello rawlsiano della subordinazione, per il quale le ragioni religiose non hanno un ruolo di giustificazione valido all’interno del dibattito pubblico, ma possono essere temporaneamente accettate in un ruolo subordinato alle ragioni non-religiose e (ii) il modello habermasiano della traduzione, per il quale le ragioni religiose hanno un ruolo di giustificazione valido all’interno del dibattito pubblico, ma solo attraversando un processo di traduzione in forma secolare. A partire da alcune osservazioni di Maeve Cooke, suggerisco che sia possibile derivare un terzo modello di interazione trasformativa fra cittadini religiosi e non religiosi di carattere più apertamente interculturale. Secondo questo (iii) modello dell'apertura, le ragioni religiose hanno un ruolo di giustificazione valido all’interno del dibattito pubblico, in quanto a partire dall’interazione fra i cittadini possono rendere percepibili delle ragioni morali prima sconosciute anche a coloro che non condividono quell’appartenenza religiosa. Analogamente, le ragioni non religiose possono rendere percepibili ai cittadini religiosi delle ragioni morali prima sconosciute. In questo modello, la trasformazione avviene per un insieme di fattori anche non argomentativi che mettono in questione la natura “chiusa” ed esaustiva dell’insieme delle proprie credenze. Si mostra infine come l’applicazione del modello (iii) al campo dell’educazione interculturale ha almeno tre importanti implicazioni sul piano delle pratiche: la possibilità di pianificare interventi incentrati su esperienze di interazione interculturale trasformativa anche senza adottare una forte premessa teleologica; la valorizzazione degli elementi non-argomentativi all’interno delle pratiche educative; una concezione della scuola non come spazio di uguaglianza tramite la messa tra parentesi delle differenze, ma come luogo di eguale riconoscimento nell’interazione fra le differenze. In the scenario of interactions between different cultural groups, the relationship between religious and secular groups has received particular attention in the recent debate. The civil interaction of religious citizens with their peers inside and outside democratic institutions has gradually become a philosophical problem in its own right, dominated by two ethical models of reference: (i) the Rawlsian model of subordination, for which religious reasons they do not have a valid justification role within the public debate, but can be temporarily accepted in a role subordinated to non-religious reasons and (ii) the Habermasian model of translation, for which religious reasons have a valid justification role within the public debate, but only through a process of translation into a secular form. Starting from some observations by Maeve Cooke, I suggest that it is possible to derive a third model of transformative interaction between religious and non-religious citizens that is more openly intercultural. According to this (iii) model of openness, religious reasons have a valid justification role within the public debate, since starting from the interaction between citizens they can make perceptible moral reasons previously unknown even to those who do not share that religious affiliation. Likewise, non-religious reasons can make moral reasons previously unknown to religious citizens perceptible. In this model, the transformation takes place through a set of factors, including non-argumentative ones, which call into question the "closed" and exhaustive nature of the totality of one's beliefs. Finally, I show how the application of the (iii) model to the field of intercultural education has at least three important implications in terms of practices: the possibility of planning interventions focused on experiences of intercultural transformative interaction even without adopting a strong teleological premise; the enhancement of non-argumentative elements within educational practices; a conception of school not as a space of equality through the bracketing of differences, but as a place of equal recognition in the interaction between the differences.
- Published
- 2019
6. Toleration, decency and self-determination inThe Law of Peoples
- Author
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Pietro Maffettone and Maffettone, P
- Subjects
Global justice ,Sociology and Political Science ,Corporate governance ,media_common.quotation_subject ,Toleration ,Self-determination ,Philosophy ,Original position ,Pluralism (political theory) ,John Rawl ,Law ,Sanctions ,Sociology ,Decent people ,Expansive ,media_common - Abstract
In this article I address two objections to Rawls’ account of international toleration. The first claims that the idea of a decent people does not cohere with Rawls’ understanding of reasonable pluralism and sanctions the oppressive use of state power. The second argues that liberal peoples would agree to a more expansive set of principles in the first original position of Law of Peoples. Contra the first I argue that it does not properly distinguish between the use of state power aimed at curtailing difference and the oppressive use of state power. Contra the second I argue that transposing a liberal egalitarian set of principles in Law of Peoples would entail the unnecessary duplication of entitlements within different levels of governance and affect liberal peoples’ self-determination. The article also highlights how these criticisms are premised on the assumption that all societies should be liberal and that the correct view of global justice is a cosmopolitan one.
- Published
- 2015
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7. La teoria liberale della giustizia di John Rawls
- Author
-
Ferrari, M, Monti, P, Monti, Paolo, Ferrari, M, Monti, P, and Monti, Paolo
- Abstract
Una società giusta e bene ordinata è, secondo Rawls, quella fondata su principi che tutti i cittadini possano ragionevolmente sostenere e nella quale sono rispettati l’eguale dignità di tutti i cittadini. Riproponendo la tradizione contrattualista di Locke, Rousseau e Kant, Rawls ci conduce attraverso l’esperimento mentale di una situazione originaria in cui gli uomini agiscono senza alcuna informazione circa la propria classe, razza, religione o etnia: in tale condizione gli uomini sceglierebbero i due principi dell’uguale libertà e dell’equa distribuzione dei beni sociali primari. Rawls attraversa un graduale ripensamento della propria prospettiva negli anni ’80, a fronte del riconoscimento delle insuperabili diversità culturali proprie di una società multietnica e multiculturale come quella americana. La riflessione Rawls è stata ampiamente dibattuta intorno ad alcuni punti critici: l’individualismo della sua concezione, l’esclusione del contributo delle religioni dal dibattito politico, l’oblio dei vulnerabili nella definizione del problema della giustizia, l’abbandono del liberalismo come dottrina comprensiva di liberazione dell’uomo. La radice comune di queste difficoltà è la separazione operata da Rawls fra la questione del bene e la questione della giustizia, come rilevato da critici come Sandel, Kittay, Nussbaum e Waldron. L'apertura dei suoi ultimi scritti sulla prospettiva di una giustizia globale, anche se parziale, rappresenta l'eredità più promettente per il dibattito contemporaneo sulle teorie liberali della giustizia., A just and well-ordered society, according to Rawls, respects the equal dignity of all citizens and it is grounded over principles that all citizens can reasonably endorse. Reformulating the contractualist tradition of authors such as Locke, Rousseau, and Kant, Rawls introduces the mental experiment of the veil of ignorance, behind which all citizens would choose the principles of justice of equal liberty and equal distribution of primary social goods. In the 80s, Rawls partially revises his perspective to acknowledge the insuperable pluralism of a multiethnic and multicultural society such as the American one. Rawls' thought has been widely debated, especially when it comes to issues such as: the individualism of his conception, the exclusionary attitude towards religions in public justification, the insufficient consideration for the political role of vulnerable subjects, the loss of a comprehensive notion of liberalism. The root of all this difficulties is ultimately the problematic separation between the good and the just, as pointed out by a variety of authors such as Sandel, Kittay, Nussbaum, and Waldron. His late writings, however, also open up to a perspective of global justice that, albeit incomplete, represents his most promising legacy to the contemporary debate on the liberal theories of justice.
- Published
- 2017
8. La teoria liberale della giustizia di John Rawls
- Author
-
Monti, Paolo, Ferrari, M, and Monti, P
- Subjects
Giustizia ,Liberalismo ,John Rawl ,John Rawls ,Pluralism ,Justice ,Democrazia ,Liberalism ,Settore SPS/01 - FILOSOFIA POLITICA ,Democracy ,Settore M-FIL/03 - FILOSOFIA MORALE ,Pluralismo - Abstract
Una società giusta e bene ordinata è, secondo Rawls, quella fondata su principi che tutti i cittadini possano ragionevolmente sostenere e nella quale sono rispettati l’eguale dignità di tutti i cittadini. Riproponendo la tradizione contrattualista di Locke, Rousseau e Kant, Rawls ci conduce attraverso l’esperimento mentale di una situazione originaria in cui gli uomini agiscono senza alcuna informazione circa la propria classe, razza, religione o etnia: in tale condizione gli uomini sceglierebbero i due principi dell’uguale libertà e dell’equa distribuzione dei beni sociali primari. Rawls attraversa un graduale ripensamento della propria prospettiva negli anni ’80, a fronte del riconoscimento delle insuperabili diversità culturali proprie di una società multietnica e multiculturale come quella americana. La riflessione Rawls è stata ampiamente dibattuta intorno ad alcuni punti critici: l’individualismo della sua concezione, l’esclusione del contributo delle religioni dal dibattito politico, l’oblio dei vulnerabili nella definizione del problema della giustizia, l’abbandono del liberalismo come dottrina comprensiva di liberazione dell’uomo. La radice comune di queste difficoltà è la separazione operata da Rawls fra la questione del bene e la questione della giustizia, come rilevato da critici come Sandel, Kittay, Nussbaum e Waldron. L'apertura dei suoi ultimi scritti sulla prospettiva di una giustizia globale, anche se parziale, rappresenta l'eredità più promettente per il dibattito contemporaneo sulle teorie liberali della giustizia. A just and well-ordered society, according to Rawls, respects the equal dignity of all citizens and it is grounded over principles that all citizens can reasonably endorse. Reformulating the contractualist tradition of authors such as Locke, Rousseau, and Kant, Rawls introduces the mental experiment of the veil of ignorance, behind which all citizens would choose the principles of justice of equal liberty and equal distribution of primary social goods. In the 80s, Rawls partially revises his perspective to acknowledge the insuperable pluralism of a multiethnic and multicultural society such as the American one. Rawls' thought has been widely debated, especially when it comes to issues such as: the individualism of his conception, the exclusionary attitude towards religions in public justification, the insufficient consideration for the political role of vulnerable subjects, the loss of a comprehensive notion of liberalism. The root of all this difficulties is ultimately the problematic separation between the good and the just, as pointed out by a variety of authors such as Sandel, Kittay, Nussbaum, and Waldron. His late writings, however, also open up to a perspective of global justice that, albeit incomplete, represents his most promising legacy to the contemporary debate on the liberal theories of justice.
- Published
- 2017
9. The WTO and the limits of distributive justice
- Author
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Pietro Maffettone and Maffettone, Pietro
- Subjects
Global justice ,Sociology and Political Science ,Interpretation (philosophy) ,media_common.quotation_subject ,Context (language use) ,Basic institution ,WTO ,Epistemology ,TRIPS ,Philosophy ,John Rawl ,Argument ,Realm ,Distributive justice ,Institution ,Normative ,Sociology ,Law and economics ,media_common - Abstract
In this article I rethink Rawls' conception of international economic justice, with a particular focus on international trade. I ground my normative argument on a different interpretation of the concepts of basic structure and of basic institution. I use the contemporary international trading system to illustrate my normative interpretation. I use the Law of Peoples to discuss the Rawlsian concept of basic structure. I contest Samuel Freeman's interpretation of this concept as one that pertains exclusively to the domestic realm. As a reply, I work out an interpretation of basic institutions valid for both the national and international context. I base my understanding on the impact and the form of membership that characterize basic institutions. Both properties are compatible with an extension of the concept of a basic institution to the international domain. I then show how the World Trade Organization (WTO) system can be compared to a domestic basic institution. I analyse the decisional setting that surrounds the choice of joining the WTO. I conclude that no real alternative exists. Hence, WTO membership is not to be considered a completely free policy choice. I also state that the new system is witnessing a strong expansion of the areas subject to trade governance. Such expansion is responsible for the growing impact that international trade has on domestic institutions and hence on people. Finally, I use my analysis of contemporary international trading relations to test Rawls' position in the Law of Peoples. I conclude that although Rawls' principles for fair trade and international cooperation can regulate GATT-style international trade, they are not proficient in assessing the new characteristics of international trade.
- Published
- 2009
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