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Aux xviie et xviiie siècles, divers imprimeurs-éditeurs jouent un rôle éminent dans la médiation et la formation de mouvements intellectuels, comme Jean-Frédéric Bernard, imprimeur à Amsterdam. Recueil de voyages au Nord, publié en dix volumes de 1715 à 1738 par Bernard et grand succès éditorial, porte sur des territoires très divers, le « Nord » allant de l’Islande au Japon. Ayant une vision exhaustive de la bibliographie viatique de son temps, l’éditeur, en plus de compiler des récits de voyage déjà publiés, édite des traductions et écrit lui-même des relations dans lesquelles, tout en cherchant à satisfaire la curiosité du lecteur, il insiste sur les manières de rendre chaque voyage utile. In the 17th and 18th centuries, printer-editors played a significant role in the transmission of information of intellectual movements, among them Jean-Frédéric Bernard who was a printer in Amsterdam. Recueil de voyages au Nord was published in ten volumes between 1715 and 1738 and was met with great success. It focused on a variety of territories of the “North”, from Iceland to Japan. Already very familiar with existing travel literature of the time, the editor, in addition to compiling previously published travel literature, produced translations and wrote accounts in which, while seeking to satisfy the reader’s curiosity, he insisted on ways to make each journey useful.

Considérées comme un médicament aux vertus extraordinaires, les momies égyptiennes alimentaient, au xviie siècle, un marché florissant. À cette époque, où la thanatopraxie était encore méconnue en Europe, les momies ont aussi catalysé l’attention des « esprits curieux », s’imposant comme l’une des attractions incontournables pour les cabinets de curiosités. Entourées de cette aura de magie et curiosité, elles ont aussi exercé une forte attraction sur les voyageurs qui ont traversé ou exploré l’Égypte. L’article interroge les relations (publiées entre 1601 et 1679) de quelques-uns de ces voyageurs, qui, les unes après les autres, ont permis d’accumuler des connaissances empiriques autour des momies et contribué à en préciser et démystifier l’image, bien qu’ils n’aient pas pu percer tous les aspects du mystère qui les entoure. Considered to be a medicine with extraordinary virtues, Egyptian mummies supplied a flourishing market in the 17th century. At this time, when thanatopraxy was still little known in Europe, mummies also catalyzed the attention of « esprits curieux », to whom they represented one of the must-have item for their collections. Surrounded by this aura of magic and curiosity, they also exerted a strong attraction on travellers exploring or passing through Egypt. The article questions the accounts (published between 1601 and 1679) of some of these travellers, which helped to accumulate empirical knowledge about mummies and contributed to clarifying and demystifying their image, although they were unable to fully unveil their mystery.

Émilie Du Châtelet (1706-1749) è la più celebre fra le filosofe francesi del Settecento, ed è nota principalmente come fisica, matematica e traduttrice. Compagna e collaboratrice di Voltaire, fu la prima donna francese a vedere una propria ricerca pubblicata dall’Accademia delle Scienze di Parigi e a essere accolta come membro onorario da un’altra Accademia delle Scienze (Bologna). È stata inoltre la prima donna europea a pubblicare un manuale di fisica. Nata nel 1706 a Parigi, in una famiglia aristocratica che le fornì un’educazione “maschile”, Émilie-Gabrielle Le Tonnelier de Breteuil divenne marchesa Du Châtelet nel 1725, sposando un nobile ufficiale dell’esercito. Frequentando i salons entrò in contatto con diversi rappresentanti dell’Accademia delle Scienze di Parigi che la incoraggiarono a riprendere e sviluppare lo studio delle scienze matematiche e della filosofia. Nei primi anni trenta del Settecento conobbe Voltaire, con cui convisse per diversi anni, realizzando, nel castello di Cirey-sur-Blaise, una sorta di accademia privata che fu teatro di un’intensa, e spesso sinergica, attività di ricerca e produzione letteraria e scientifica. Approcciatasi alla filosofia attraverso la traduzione di autori radicali inglesi, orientò in seguito i suoi interessi principalmente verso la geometria e la fisica contemporanee (in particolare l’ottica). Esito di queste ricerche, insieme teoriche e pratiche (aveva infatti a disposizione un laboratorio per gli esperimenti) fu la pubblicazione, dapprima, di uno studio sulla natura del fuoco (stampato nel 1739) e, in seguito, di un manuale di fisica, le Institutions de physique (1740). Questo testo rivela chiaramente un’adesione alla fisica newtoniana, che si accompagna, tuttavia, in maniera originale, all’adozione di diversi aspetti della metafisica leibniziana, posta dall’autrice a fondamento di quella. Di Leibniz, Du Châtelet riprende anche la concezione della vis viva, che difese contro le critiche del segretario dell’Accademia delle Scienze di Parigi, Dortous de Mairan, in uno scambio polemico ugualmente pubblicato. Intraprese anche il progetto di una traduzione francese annotata e accompagnata da un commentario dei Philosophiae Naturalis Principia Mathematica di Newton, che portò a compimento qualche giorno prima di morire, nel 1749. Questo testo, così come un Discours sur le bonheur, furono pubblicati postumi. Oltre a questi lavori, Émilie Du Châtelet ha lasciato diversi manoscritti (alcuni dei quali recentemente pubblicati), fra cui il più importante è un voluminoso studio– ribattezzato Examens de la Bible – contenente una critica demistificatoria, di impronta radicale, delle sacre scritture.

Laura Maria Caterina Bassi (Bologna 1711-1778) è nota come una delle prime donne ad aver ottenuto il titolo di Dottore in filosofia (1732) e come la prima donna a cui è stata conferita una cattedra universitaria, in qualità di professore di Philosophia universa (1732) e, successivamente, di fisica sperimentale (1776). Nata in una famiglia borghese, Laura Bassi ricevette inizialmente un’istruzione tradizionale e, più tardi, filosofica, sotto la guida di un membro dell’Accademia delle Scienze di Bologna. Fu addestrata dal suo precettore a sostenere discussioni e dibattiti filosofici, che si svolgevano in presenza di un pubblico di aristocratici e accademici, e che portarono, nel 1732, alla sua candidatura al titolo di Dottore in filosofia all’Università di Bologna. Dapprima ammessa all’Accademia delle Scienze come membro onorario, Laura Bassi non solo conseguì il dottorato, ma ottenne anche l’autorizzazione a insegnare e un incarico remunerato come professore di Philosophia universa. Impossibilitata dalle norme accademiche a svolgere quest’attività in maniera regolare e a godere dei privilegi concessi agli altri membri dell’Accademia delle Scienze a causa della sua identità di genere, Bassi condusse e sviluppò inizialmente in maniera privata le sue attività di ricercatrice e di insegnante, avvalendosi di un laboratorio di fisica che allestì nel proprio domicilio insieme al marito Giuseppe Veratti, sposato nel 1738. Nel 1745 fu ammessa all’Accademia benedettina come membro soprannumerario e poté da quel momento insegnare regolarmente e presentare all’Accademia delle Scienze le sue ricerche (31 fra il 1746 e il 1777), due delle quali furono pubblicate negli annali di questa istituzione. A testimonianza della sua attività di studio e ricerca restano, oltre a questi contributi, altre due memorie, i titoli delle sue dissertazioni, le tesi sostenute per l’ottenimento del dottorato e dell’abilitazione a insegnare, la corrispondenza con diversi scienziati e uomini di lettere italiani e stranieri (come Algarotti, Nollet, Voltaire, Le Sage e Boscovich), alcuni componimenti poetici e una raccolta di Manoscritti miscellanei di diverso genere. L’insieme di questi lavori porta a considerare Laura Bassi – che nella sua prima lectio publica invita a orientare la curiosità filosofica verso lo studio della fisica, trascurando invece le questioni metafisiche – come una seguace dell’approccio scientifico e filosofico sperimentale di matrice newtoniana e dell’empirismo lockiano. Le testimonianze dei contemporanei permettono di stabilire che le sue lezioni consistevano in esposizioni teoriche, articolate attraverso l’illustrazione di diverse spiegazioni e ipotesi riguardo ai fenomeni fisici, in seguito verificate mediante esperimenti concreti. Dall’eclettismo che emerge dalle sue riflessioni e dalle sue ricerche – dedicate, in parte, a problemi di natura meccanico-matematica, e, in parte, a questioni di tipo fisico-sperimentale — si evince, oltre a un rifiuto del principio di autorità, una chiara autonomia di pensiero rispetto agli altri membri dell’Accademia. A partire dagli anni sessanta del Settecento, Laura Bassi rivolse particolare interesse allo studio dei fenomeni elettrici e delle loro applicazioni in medicina, in cui istruì, fra gli altri, Luigi Galvani. Nel 1776 le fu infine conferita la cattedra di fisica sperimentale all’Istituto delle Scienze dell’Università di Bologna. Morì due anni dopo, nel 1778.

��milie du Ch��telet (1706-1749), encourag��e par divers intellectuels et par Voltaire, dont elle ��tait l'amante et la compagne, �� abandonner le monde frivole de l'aristocratie parisienne pour embrasser la litt��rature et les ��tudes scientifiques, est consid��r��e comme la femme des Lumi��res par excellence. Sa Fable des abeilles, tentative inachev��e et in��dite d'adaptation de The Fable of the bees de Mandeville, conserv��e en manuscrit �� la Biblioth��que Nationale de Russie �� Saint-P��tersbourg, est le plus ancien des ��crits qui nous soient parvenus. N�� d'un projet de traduction, le texte comprend plusieurs sections enti��rement originales, notamment les commentaires et une longue pr��face, dans laquelle ��milie du Ch��telet attire l'attention sur la condition de la femme au XVIIIe si��cle et l'exclusion des femmes de l'enseignement philosophique et scientifique. Le volume propose la premi��re ��dition critique du manuscrit fran��ais et la premi��re version italienne compl��te., Montesquieu.it, Vol. 14 (2022)

L’article discute la possibilité de considérer le manuscrit de Madame du Châtelet La Fable des abeilles (1735-1738) comme un manuscrit philosophique clandestin. Bien que ce travail ne remplisse pas les critères historiographiques traditionnellement associés à cette littérature, son contenu (en particulier sa préface), ainsi que les modalités de sa circulation, suggèrent la possibilité d’envisager ce texte comme l’exemplaire d’une dimension, déclinée au féminin, de la clandestinité philosophique., This article discusses the possibility of treating Madame du Châtelet’s manuscript La Fable des abeilles (1735–1738) as a clandestine philosophical manuscript. Although this work does not meet the historiographical criteria traditionally associated with this literature, its content (in particular its preface) and the modalities of its circulation suggest how this text could be considered an example of philosophical clandestinity expressed in a feminine form.

L’étude cerne l’identité et l’évolution des thèses principales de la morale de Nicolas Malebranche et examine les raisons pour lesquelles l’historiographie a accordé une importance marginale à cette partie du système philosophique de l’auteur., This study addresses the nature and development of Nicolas Malbranche’s principle theses on morality, and inquires as to why historiography has attributed only a minor importance to this aspect of his philosophical thought.

Les études consacrées à Émilie du Châtelet présentent sa traduction partielle de The Fable of the bees de Mandeville comme un essai de son talent pour les langues. Pourtant, ce travail inachevé contient aussi des éléments clés de la sensibilité philosophique et humaine de la marquise. À partir de l’analyse de ses préfaces, l’article essaie de cerner les positions de l’autrice par rapport à des notions centrales dans le cadre de la pensée morale : l’amour-propre, la pitié et le rôle de l’éducation.

L’article propose un aperçu des modalités et des résultats de la collaboration entre Pierre Bayle et l’imprimeur de Rotterdam Reinier Leers pendant les années1680. L’analyse de la correspondance permet d’établir qu’au cours de ces années Bayle a travaillé pour Leers tant comme intermédiaire que comme éditeur et reviseur. L’histoire éditoriale des pièces de la querelle Malebranche-Arnauld permet de cerner les mécanismes exploités par Bayle et Leers pour alimenter cette controverse et stimuler l’intérêt du public., This article provides an overview of the modalities and results of the collaboration between Pierre Bayle and the editor in Rotterdam, Reinier Leers during the 1680s. The analysis of their correspondence allows showing how, during those years, Bayle worked for Leers as an intermediary as well as an editor and reviewer. The editorial history of the pieces that make up the controversy between Malebranche and Arnauld gives an idea of the mechanisms deployed by Bayle and Leers in order to kindle the controversy and stimulate public interest.

This article explores how The Fable of the Bees was received in France, and provides a broad outline of its influence on the philosophers of the French Enlightenment. Reference to Bernard Mandeville's work in French periodicals (between 1720 and 1750), together with a series of disapproving critiques that appeared after the French translation of the Fable, indicate keen interest in this author on the part of French intellectuals. Mandeville's reputation both on the Continent and in England as an immoral philosopher and champion of paradoxical theses, had earned him a degree of fame in France even before the publication of the French translation of the Fable in 1740. Even if considerably closer to the original than the unpublished translation by Émilie Du Châtelet, this translation reveals a number of discrepancies with respect to Mandeville's text, which — along with the accompanying Introduction — suggest an attempt by the editors to adjust the philosophy and to tone down the shocking ramifications of some of the author's theses. Despite the numerous adverse critiques prompted by the book, the Fable had a strong influence on several French authors, such as Voltaire and Jean-François Melon. In particular, Mandeville's reflections on luxury and economics had a major impact on French philosophers, fuelling a heated dispute over luxury, and pointing to the centrality of economic analysis in the study of human society

L’article discute l’hypothèse selon laquelle Bernard Mandeville aurait participé à l’entreprise de la première traduction anglaise (Londres, 1710) du Dictionnaire de Pierre Bayle. L’article propose d’abord une mise au point sur l’influence de Bayle sur la production de Mandeville, soulève un argument chronologique pour rejeter l’hypothèse de la participation de Mandeville à la traduction du Dictionnaire, et analyse cette publication dans le contexte du marché du livre anglais du début du XVIIIe siècle., This article discusses the hypothesis that Bernard Mandeville participated in the first English translation (London, 1710) of Pierre Bayle’s Dictionnaire. This article first attempts to look at Bayle’s influence on Mandeville’s production, raises a chronological argument to reject the hypothesis that Mandeville participated in the translation of the Dictionnaire, and analyzes this publication in the context of the English book market of the early eighteenth century.

Le cas des impressions attribuées à Jean Nourse est d'autant plus intéressant que l'idéation de cette présumée maison d'édition anglaise n'est pas issue d'une usurpation partielle de l'identité d'un vrai libraire londonien, John Nourse (1705-1780). Cet article analyse les stratégie de production et diffusion, en essayant de découvrir les réseaux (en France et aux Pays-Bas) qui ont eu recours à cette identité fictive d'imprimeur pour commercialiser leurs publications., The case of the printings attributed to Jean Nourse is even more interesting than the idea that this putative English publishing house originates in a partial usurpation of the identity of a real London bookseller, John Nourse (1705-1780). This article analyzes the strategies of production and dissemination as it attempts to uncover the networks in France and Holland that had recourse to this printer's fictive identity to market their publications.

A section on self-love and self-liking in Mandeville,part of my Tesi di Laurea (University of Milan, 2006): Dalla virtù virtuosa alla virtù sociale: Amour-propre e moralità da La Rochefoucauld a Mandeville

L'étude de la morale de Malebranche (1638-1715) a été généralement négligée par l'historiographie critique, qui a traditionnellement privilégié les aspects métaphysiques et gnoséologiques du système philosophique de cet auteur, qui s'est inspiré à la fois du cartésianisme et de l'augustinisme. La thèse se propose d'abord de revaloriser le rôle de la morale dans la vision philosophique de Malebranche et de replacer cette branche - conformément à la perspective d'édification spirituelle de l'auteur - au sommet de la hiérarchie des savoirs. Une telle prémisse introduit l'analyse détaillée de cette vision éthique, comprenant une recherche des influences majeures auxquelles cette réflexion se montre sensible, une explication - qui prend principalement en compte les différentes éditions de la "Recherche de la vérité", le "Traité de morale" et le "Traité de l'amour de Dieu" - de ses conceptions principales et de ses développements successifs et une étude de la réception et de la fortune de la doctrine morale malebranchienne.

Dans cet article, on se propose de réfléchir aux rapports entre Hobbes et Malebranche en étudiant le rôle que l’anthropologique et la politique jouent dans leurs systèmes, et les manières respectives qu'ont les deux auteurs de mettre au jour le lien entre ces deux champs. On montre que si les citations précises et les références claires à Hobbes sont rares sous la plume de Malebranche, cela n’implique pas pour autant que la confrontation avec le philosophe de Malmesbury doive être négligée : comme le philosophe français fait valoir les fondements métaphysiques de la nature politique des hommes et la prégnance universelle des valeurs morales contre les théoriciens du contrat social, la lecture de Hobbes a pu jouer un rôle non anodin dans l’élaboration et le développement de sa conception de la nature humaine et de la société civile.