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Nonostante tutto, nonostante i decenni di battaglie femministe, ancora rimane forte il peso del condizionamento familiare e, certamente, di quello materno nella storia di relazione e formazione con le figlie. Ciò che conta è l'interiorizzazione del sistema di relazione e rappresentazione ideo-affettiva della madre, che conduce la figlia a doversi confrontare con la fatica di emanciparsi, come se l'alternativa fosse tra il crescere o il tradire la madre. Aumenta il senso di colpa anche solo nell'avvertire il desiderio di differenziarsi, a maggior ragione se la madre è affettuosa. Ne va della cosiddetta ''lealtà familiare'' e verso la filiera materna. Per questo può rivelarsi prezioso l’avvento di una crisi, se accompagnata da forme di consulenza pedagogica di secondo livello. In spite of everything, in spite of decades of feminist battles, still the weight of familial and, certainly, maternal conditioning in the history of relationship and education with daughters remains true and strong. What matters is the internalization of the mother's system of relationships and ideo-affective representation, which leads the daughter to be confronted with the struggle to emancipate herself, as if the alternative were between growing up or betraying her mother. It increases guilt even in feeling the desire to differentiate oneself, all the more so if the mother is affectionate. It affects so-called ''family loyalty'' and toward the maternal chain. This is why the advent of a crisis can prove valuable, if accompanied by second-level forms of pedagogical consultancy.

El presente trabajo versa sobre La buena letra (1992), primera entrega de Rafael Chirbes del co- nocido díptico que concluye con Los disparos del cazador . en esta ocasión centro mi análisis en la primera obra, porque con ella se adelanta el autor en más de una década a los títulos mayores del corpus de las llamadas narraciones de la crisis fi - nanciera y social. un conjunto de textos en el que a día de hoy las máximas aportaciones (polifóni - cas y desoladoras) son Crematorio (2007) y En la orilla (2013). en la primera obra del díptico, Ana, protagonista ya anciana, enhebra y zurce un largo relato dirigido a su hijo con jirones de su propia vida, desde la preguerra a comienzos de los años 90. Lo hace urgida por el deseo del hijo de vender la casa familiar para construir sobre el solar pisos al socaire del boom inmobiliario en tiempos de dinero rápido. Il presente lavoro verte su La buena letra (1992), prima parte della dilogia di Rafael Chirbes che si conclude con Los disparos del cazador e che an- ticipa di ben oltre un decennio alcuni dei grandi titoli del corpus della cosiddetta narrativa della crisi finanziaria e sociale. Un insieme di testi i cui a tutt’oggi maggiori contributi (polifonici e de- solanti) restano Crematorio (2007) e En la orilla (2013). Nel romanzo che qui si analizza, l’ormai anziana protagonista Ana intesse, con frammenti della sua vita dall’anteguerra agli inizi degli anni novanta, un lungo racconto destinato al figlio intenzionato -sull’onda del boom immobiliare in tempi di denaro facile- a vendere la proprietà familiare per costruire al suo posto degli appar - tamenti.

Rievocare Giuseppe Berto a quaranta anni dalla morte, mettendo sotto un fascio di luce sia la sua opera di romanziere, scrittore per il cinema, critico letterario e saggista sia le vicende di una vita singolare e così implicante la dimensione di intellettuale e letterato è stato l’elemento che ha motivato la genesi del Convegno di cui in questo gli Atti. L'intervento di Saverio Vita si occupa di introdurre il tema, con un dettagliato resoconto della carriera del romanziere e le statistiche dei suoi lettori. Tuttavia, il filo conduttore di tutto l'intervento consiste nella ricerca delle motivazioni a una rilettura dell'autore da prospettive diverse, facendo uso di metodologie ecdotiche più pertinenti all'oggetto.

Cette étude analyse la récupération de la notion de trahison dans l’Angleterre des Tudor dans le but de poursuivre les catholiques anglais considérés coupables non d’hérésie, mais de trahison au souverain par le respect observé envers une dignité étrangère : le Pape. Un débat s’ouvrit auquel participèrent le puissant Lord Cecil pour réfuter les idées du Cardinal William Allen.

Analizzo brevemente i nessi tra menzogna e tradimento.

Il saggio si propone di analizzare l’ultimo romanzo di Giuseppe Berto, La gloria, attraverso il tema della colpa e della vergogna. A tal fie, è necessario mettere in correlazione il romanzo con tutti i testi precedenti, fio ai primissimi racconti, allo scopo di ricostruire lo scacchiere auto-intertestuale dell’autore. I risultati raggiunti sono una breve ricostruzione della genesi del romanzo e una nuova consapevolezza di quanto Berto facesse uso di tutti i temi già trattati e della propria autobiografi nella narrazione del groviglio emozionale che muove la Gloria: una lotta psicologica tra Gesù e Giuda alternata da momenti di dominio e sottomissione, e da alterne immedesimazioni da parte dell’autore. Descrizione della vittima e del carnefie per antonomasia, La gloria è, in questo senso, il vero testamento dello scrittore. The essay aims to analyse the last novel by Giuseppe Berto, La gloria, through the themes of guilt and shame. To do so, it is necessary to compare the novel with all the past texts, in order to reconstruct the author’s auto-intertextual web. The results are a brief reconstruction of the genesis of the novel and a stronger awareness about the usage, by Berto, of the majority of the themes already written about and of his own biography. All of this moves the narration of La gloria: a psychological fiht between Jesus and Judas, with moments of dominion and submission of each other, and alternated identifiations of the author himself. As a description of the quintessential victim and the perpetrator, La gloria is the real last will of Giuseppe Berto.

In questo articolo si espone l'idea che l'Inferno di Dante possa essere inteso come metafora di un Carcere contemporaneo. Nell'istituto penitenziario di Roma Rebibbia i detenuti-attori, resi celebri dal film Cesare deve morire dei fratelli Taviani, riflettono sui concetti di colpa, pena, pietas, speranza, liberazione attraverso le visioni della Commedia. Sul palcoscenico del carcere Dante torna a rivelarsi come poeta senza tempo, capace di parlare dell'umano agire e patire con parole e idee sempre attuali e trasversali a tutti i contesti sociali e culturali. Mediante traduzioni multilingue (inglese, spagnolo, persino cinese) e multidialettali colte, le terzine diventano poesia del dolore penitenziario ed il loro ascolto può produrre negli spettatori, ma anche negli interpreti detenuti, un effetto emotivo e spirituale che potrebbe essere paragonato all'idea aristotelica della catarsi., This article poses the idea that Dante’s Inferno can be understood as a metaphor for a contemporary Prison. In the prison institute of Rome Rebibbia the prisoners-actors, made famous by the film Cesare must die by the Taviani brothers, reflect on the concepts of guilt, pain, piety, hope, and freedom through the visions of the Commedia. On the prison stage Dante returns to reveal himself as a timeless poet who is able to talk about human actions and suffering with words and ideas which remain current and transversal to all social and cultural contexts. Through multilingual translations (English, Spanish, even Chinese) and a multicultural culture, the triplets become not only a poetry of penitentiary pain that their listening can trigger in the reader audience, but also in the imprisoned interpreters, an emotional and spiritual effect that could be compared to the Aristotelian idea of catharsis.

Focusing on This Thing Called Theory, and last of a series of itinerant events and publications, the seminar ‘Double Crossing’ in which the author acted as respondent gathers five different points of view about the possibility of producing theory as an act of betrayal against a previous ‘thing’, be it a theoretical discourse or a fact. A theory does not simply construct something new but undertakes an aggression towards the ‘old’ in order to produce the ‘new’. Several suggestions come out about how such an overturning of architectural theory can be undertaken. Among these, different theoretical branches ranging from critical thinking to computational criticism are involved. In general, the seminar outlines two main tendencies or attitudes to portray theoretical betrayals in architecture: those who consider theory as a possibility of betraying intentions and others who intend betrayal as a continuous process of exit and re-entry from the domain of architecture.

La familiarité de Dante avec l’Enéide n’est plus de mise lorsqu’il fait de l’exilé troyen Anténor l’eponyme de la deuxième zone du Cocyte, où sont punis les traîtres à la patrie. Une telle « trahison » du texte virgilien, où Anténor n’est mentionné qu’en tant que fondateur de Padoue, est indirectement réitérée dans le ch.VI du Purgatoire, où Dante impute aux « Anténorides » (les Padouans, mais à l’instigation des Este) le meurtre, traîtreusement perpétré, de Jacopo del Cassero. L’hostilité que Dante manifeste à l’égard de Padoue et des Este ne suffit pas pour expliquer de telles entorses à Virgile. D’autant plus que les multiples rifacimenti médiévaux de la « matière de Troie » avaient continué de réécrire la légende, déjà répandue à l’époque classique, d’une trahison à deux, où Énée était également impliqué. Mais ces rifacimenti, dont Dante lui-même atteste la grande diffusion dans le De vulgari eloquentia, donnaient aussi une version de la chute de Troie où les facteurs internes (rivalités des factions, complots et trahison) l’emportent sur les initiatives externes (le fameux cheval). En reprenant la version de la légende qui accable Anténor, Dante entend dénoncer l’ancêtre dont ses contemporains perpétuent et renouvellent les crimes. Et ce d’autant plus que l’origine troyenne (et notamment la descendance d’Anténor) était partout revendiquée en Europe, par les « nations », les dynasties régnantes, les grandes familles, atteignant même la Scandinavie. L’attention critique que Dante porte à ces origines est confirmée par un passage de l’épître V, où les Italiens qui se dressent contre Henri VII sont apostrophés, et fustigés, par l’hyperbole ironique « Scandinavie soboles ». L’assidua frequentazione di un’Eneide che «conosceva tutta» non impedisce a Dante di “tradire” Virgilio facendo dell’esule troiano Antenore l’eponimo della seconda zona del Cocito dove sono puniti i traditori della patria. L’allusione al tradimento è di nuovo in gioco nel canto VI del Purgatorio, dove gli «Antenoridi» (i Padovani, ma istigati dagli Este) sono responsabili dell’uccisione a tradimento di Jacopo del Cassero. L’ostilità nei confronti di Padova e degli Este non basta però da sola per spiegare la presenza nel poema di questa versione della saga troiana, già diffusa in epoca classica, che per di più associava Enea a Antenore nel tradimento della patria. Nei rifacimenti medievali circolava inoltre una versione dell’eccidio di Troia che lo attribuiva a fattori non tanto esterni (il famoso cavallo) quanto interni (conflitti, complotti e infine tradimento). Facendo ricadere l’infamia del tradimento sul solo Antenore, Dante denuncia in lui il capostipite dei contemporanei che continuano a perpetrarne i crimini. Tanto più che Dante stesso attesta, nel DVE, la diffusione dei rifacimenti della «materia troiana» che facevano risalire ad esuli troiani (e molto spesso ad Antenore) le «nazioni», le dinastie regnanti, le grandi famiglie di tutta Europa, e perfino della Scandinavia. L’attenzione critica di Dante a tali leggende delle origini è confermata dall’ironia iperbolica dell’apostrofe «Scandinavie soboles» con cui, nell’epistola V, fustiga la ribellione contro Arrigo VII dei «signori italiani» cui l’epistola è diretta.

Questo articolo si propone di esplorare la presenza e le modalità di rappresentazione dell’identità sessuale nelle canzoni italiane negli anni Settanta. La canzone, elemento tipico della cultura popolare italiana, rientra in quelle forme di comunicazione di massa la cui fruizione ha avuto una crescita incessante dal secondo dopoguerra a oggi. Il tema più frequente delle canzoni italiane è naturalmente l’amore. Se osservati rapidamente, i brani in voga negli anni Settanta mostrano una prevalenza di stereotipi sul comportamento femminile nella società del tempo, spesso in décalage evidente con le mutazioni sociali in atto. Una lettura testuale più attenta, al contrario, fa spesso apparire riferimenti a comportamenti e identità sessuali meno tradizionali in una società in piena evoluzione. Cet article se propose d’explorer la présence et les modalités de représentation de l’identité sexuelle dans les chansons italiennes des années soixante-dix. La chanson, en tant qu’élément emblématique de la culture populaire italienne, participe aux diverses formes de communication de masse dont la diffusion n’a cessé d’augmenter depuis l’après seconde guerre mondiale jusqu’à nos jours. Le thème majoritairement récurrent dans les chansons italiennes est celui de l’amour. À une première écoute des paroles, les chansons en vogue au cours des années soixante-dix affichent une dominante de stéréotypes sur le comportement des femmes dans la société de cette époque-là, souvent et de manière évidente en décalage vis-à-vis des mutations sociales en cours. Une écoute plus approfondie, en revanche, permet de mettre en évidence des références concernant certains comportements sexuels moins traditionnels qu’il n’y paraît dans cette société en pleine évolution.

Sono otto capitoli biografici, scritti quattro ciascuno dai due autori, su celebri spie della guerra fredda. Un modo diverso per guardare alla storia contemporanea delle relazioni internazionali, evidenziando anche lo scarto tra realtà e immaginazione, tra le rappresentazioni del mondo dell'intelligence e il suo effettivo funzionamento.