Ubbiali, Sergio, Monti, P, Monti, Paolo, Ubbiali, Sergio, Monti, P, and Monti, Paolo
Nell’indagare i fondamenti dell’obbligazione etico-sociale, Thomas Propper ambisce a integrare una prospettiva neo-kantiana di etica della giustizia, fondata sull’autonomia individuale, con un’etica del bene che interpreti in modo sostantivo i vincoli di solidarietà sociale. A suo avviso, una prospettiva etica esclusivamente deontologica non solo riduce il riconoscimento intersoggettivo a una formale presa d’atto dei diritti di cui l’altro è titolare, ma ultimamente perverte l’agire morale, che rimane vittima della sua incapacità di legittimarsi pienamente tramite l’adeguamento dell’esistenza, propria e altrui, all’incondizionato dover essere cui è normativamente sottoposta. In questo scenario, la fede cristiana introduce la prospettiva di una speranza efficace, nella quale l’aspirazione alla realizzazione pratica dell’incondizionato è legittimata da una giustificazione che precede la condotta morale del soggetto. In questo senso, l’agire morale non ha dunque la forma di un’impossibile adeguazione della condotta individuale alla norma universale, ma consiste in un agire testimoniale che rappresenta, sempre parzialmente e simbolicamente, un bene morale di cui si è destinatari prima che autori. L’argomentazione di Propper si compone quindi di due elementi: (1) Una critica interna all’autosufficienza delle etiche deontologiche della giustizia; (2) La loro integrazione con una prospettiva etica di natura religiosa, che ne eviti il collasso preservandone tuttavia le istanze fondamentali. La combinazione di questi due elementi trova un significativo parallelo nel lavoro filosofico di due autori di rilievo nel dibattito etico-politico contemporaneo: Jürgen Habermas e Charles Taylor. Habermas, in particolare nel suo saggio An Awareness of What is Missing, ha osservato come gli imperativi egualitari e universalistici della ragione deontologica forniscano giustificazioni adeguate all’agire morale individuale, ma si dimostrino insufficienti a istruire una decisione etic, Investigating the foundations of ethical-social obligation, Thomas Propper aims to integrate a neo-Kantian perspective of justice ethics, based on individual autonomy, with an ethics of the good that substantively interprets the bonds of social solidarity. In his view, an exclusively deontological ethical perspective not only reduces intersubjective recognition to a formal acknowledgment of the rights held by others but ultimately perverts moral action, which remains a victim of its inability to fully legitimize itself through the adjustment of existence, both one's own and others', to the unconditional ought to which it is normatively subjected. In this scenario, Christian faith introduces the perspective of an effective hope, in which the aspiration for the practical realization of the unconditional is legitimized by a justification that precedes the subject's moral conduct. In this sense, moral action does not take the form of an impossible alignment of individual conduct to the universal norm but consists in testimonial action that represents, always partially and symbolically, a moral good of which one is a recipient rather than an author. Propper's argument is thus composed of two elements: (1) An internal critique of the self-sufficiency of deontological ethics of justice; (2) Their integration with a religious ethical perspective, which avoids their collapse while preserving their fundamental demands. The combination of these two elements finds a significant parallel in the philosophical work of two prominent authors in the contemporary ethical-political debate: Jürgen Habermas and Charles Taylor. Habermas, particularly in his essay "An Awareness of What is Missing," has observed how the egalitarian and universalistic imperatives of deontological reason provide adequate justifications for individual moral action but prove insufficient to instruct an ethical decision oriented toward solidarity, a necessary condition for undertaking collective changes in soci